martedì 14 novembre 2023

Gatti

 





Un clic sulla foto per trovarsi nel mio vecchio blog e leggere una cosiderazione di Bruno Schulz sui gatti:)

sabato 11 novembre 2023

Ti racconto "La tempesta di Shakespeare"

 


           I parte                      II parte                    III parte               IV parte                     V parte





giovedì 9 novembre 2023

Ti racconto "La Tempesta" di William Shakespeare ( Approfondimenti )

                 

                                                                                I

"How many goodly creatures are there here! How beauteous mankind is! O brave new world,T hat has such people in it!"

" Oh meraviglia! Quante creature leggiadre! Bella è l’umanità. Splendido mondo nuovo, che ha in sé creature come queste"



mercoledì 8 novembre 2023

Ti racconto "La Tempesta" di William Shakespeare ( ATTO IV, V, EPILOGO )





                                                                          ATTO IV



Prospero, dopo aver avuto prova della sincerità del sentimento d’amore di Ferdinando per Miranda, gliela promette in sposa. Chiede però a Ferdinando di rispettare la purezza della fanciulla fino al momento del matrimonio. 

Con la complicità di Ariel, offre quindi ai due giovani uno spettacolo di canti e danze di spiriti. Shakespeare inserisce così nell'opera un masque, ovvero un intermezzo d'argomento mitologico e allegorico, cui concorrono poesia, danza e musica. Entra Iride, messaggera della regina del cielo, e chiama Cerere a celebrare il patto d’amore tra Ferdinando e Miranda. Cerere giunge e a lei si affianca Giunone; insieme benedicono la coppia. Segue una danza campestre di ninfe e bruni falciatori.

Qui per il video

martedì 7 novembre 2023

Ti racconto "La Tempesta" di William Shakespeare ( ATTO III )

 


illustrazione di E. Dulac


                                                                               ATTO III


Ferdinando dichiara a Miranda il proprio amore; la fanciulla gli confessa con candore di provare per lui lo stesso trasporto.

Dall’altra parte dell’isola, intanto, Calibano chiede a Stefano di togliere di mezzo Prospero per assicurarsi  il dominio sull’isola.
Ariel, invisibile, assiste alla scena e ascolta il piano di Calibano: Stefano dovrà, approfittando del sonno pomeridiano di Prospero, sottrargli i libri incantati e quindi ucciderlo.
Con la prospettiva di divenire re dell’isola e di sposare la bella Miranda, Stefano accetta.

domenica 5 novembre 2023

Ti racconto "La Tempesta" di William Shakespeare ( ATTO II )

 


Thomas Francis Dicksee, Miranda

                                                                 

                                                                           ATTO II


In un’altra zona dell’isola, Sebastiano e Antonio si fanno beffe di Gonzalo e di Adriano che, grati alla sorte per lo scampato pericolo, cercano di vedere il lato positivo della situazione in cui si trovano.

Alonso è disperato, rimpiange di essersi recato a Tunisi per il matrimonio della figlia Claribella con il re del posto; se non l’avesse fatto, durante il viaggio di ritorno, nel naufragio, non avrebbe perduto Ferdinando, suo figlio e erede.

Gonzalo, intanto, immagina un mondo nuovo, quello a cui darebbe vita se fosse re dell’isola.

venerdì 3 novembre 2023

Ti racconto " La tempesta" di William Shakespeare ( ATTO I )

 



John William Waterhouse, Miranda


                                                                              ATTO I


Lampi, tuoni, mare in tempesta, ordini concitati del nostromo all’equipaggio del veliero che trasporta Alonso, re di Napoli, il figlio Ferdinando, il fratello Sebastiano, il consigliere Gonzalo e infine Antonio, usurpatore del titolo di duca di Milano. 

Da un’isola, una fanciulla, Miranda, e suo padre, Prospero, assistono al naufragio.

Miranda è angustiata; chiede al padre di placare la tempesta che ha suscitato con le sue arti magiche. Prospero la rassicura: nessun danno è stato provocato.

mercoledì 25 ottobre 2023

Nick Drake



 Giuliano, coautore di questo blog fino a tre anni fa, mi ha fatto conoscere musicisti che sono diventati subito a me cari; li ascolto nei momenti in cui ho bisogno di  trovare un po' di dolcezza, un po' di ristoro. Tra questi, Nick Drake è forse l'autore che mi fa più pensare a Giuliano, alla sua delicatezza e al suo amore per la bellezza. 

Ripropongo di seguito un articolo di Giuliano su Nick Drake, pubblicato anni fa sul suo blog, deladelmur, e poi due  delle canzoni forse più idonee a rappresentare il modo di essere di Drake,  Place to be e Pink moon

Buona lettura!



domenica 22 ottobre 2023

Antiquario

 


E quel gomitolo di lana rosa,

rosa dal tarlo;

E quello scialle di seta bianca,

roso dal tempo;

E queste scarpe con cui convergo,

lisce le suole;

E questa musica dolce e sensibile,

che mi commuove:

Verrà la luce, luce del sole,

ed in cantina dovrò tornare.


Giuliano Bovo

giovedì 12 ottobre 2023

Nemo e la musica

Ci sono personaggi dei romanzi che è difficile dimenticare. Il capitano Nemo è uno di questi. Giuliano, coautore di Il cavallo di Brunilde, ne aveva scritto tempo fa in un altro suo blog, L'opera al cinema, riportando e commentando un passo in cui Nemo lascia trapelare qualcosa di sè e del suo rapporto con la musica.

Ripropongo di seguito l'articolo di Giuliano.

Buona lettura!


Nemo e la musica


 


« ... in altri tempi amavo collezionare queste bellezze create dall'uomo. Ero un avido ricercatore, un segugio instancabile, e ho potuto raccogliere alcune cose eccellenti. Sono gli ultimi ricordi di quella terra che per me è morta. Per i miei occhi i vostri artisti moderni sono già più che degli antichi: hanno due o tremila anni di vita e li confondo nella mia mente. Ma i maestri non hanno età.»

« E i musicisti?» chiesi mostrando gli spartiti di Weber, Rossini e Mozart, di Beethoven, di Haydn, di Meyerbeer e Hérold, di Wagner, Auber, Gounod, e altri, sparsi su un grandioso organo addossato a una delle pareti del salone.

«Questi musicisti - rispose il capitano Nemo - sono contemporanei di Orfeo, poiché le differenze cronologiche si annullano nella memoria dei morti. E io sono morto, signor professore, morto quanto i vostri amici che riposano sei piedi sotto terra. »

(Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari - pagina 96 ed. Oscar Mondadori 2010, traduzione di Enrico Lupinacci)




Il capitano Nemo suona l'organo solo altre due volte, in "Ventimila leghe sotto i mari", ma sempre di passaggio, poche righe per passare ad altro; il finale del libro è però dedicato alla musica e le ultime immagini del capitano Nemo sono legate proprio all'organo.

« in quel punto, ecco arrivarmi da lontano una musica delicatissima e triste, l'espressione musicale di un'anima che voglia invano sciogliersi dai legami terrestri. Non era la prima volta che ero affascinato dalle armonie che il capitano Nemo modulava all'unisono con l'organo del Nautilus. (...) Erano prossime le dieci, il momento per lasciare la mia stanza e raggiungere i compagni. Non esitai, infine, anche se l'uscio dischiuso con la massima cautela parve a me fare un rumore tremendo. Rasentando le pareti, nell'oscuro corridoio, arrivai alla porta angolare del salone e l'aprii piano piano. Nuovamente il buio. Gli accordi dell'organo risuonavano debolmente. Il capitano Nemo era là. Non si accorse del mio entrare. Credo che sarebbe avvenuto lo stesso in piena luce, tanto era assorbito nella musica. »

(Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari - pagina 458 ed. Oscar Mondadori 2010, traduzione di Enrico Lupinacci)


Ho trovato curiose le omissioni nella lista degli spartiti, da Bach a Haendel, e poi Schubert, Schumann, Mendelssohn, Verdi, Brahms, Chopin... E' bello però che ci sia Carl Maria von Weber. E' probabile che il professor Aronnax abbia annotato solo quelli che più si addicevano ai suoi gusti, in quel 1866; visto dal 2020 si può notare che di Hérold non si ricorda più nessuno, di Auber quasi soltanto per Fra Diavolo. Gli altri invece sono ancora saldi in repertorio, anche se Meyerbeer non riscuote più il grande successo che ebbe nella prima metà dell'Ottocento.




Nel film Disney del 1954, regia di Richard Fleischer, il capitano Nemo suona ovviamente la "Toccata e fuga in re minore" di Johann Sebastian Bach, che fa sempre colpo. Si può far notare che davanti alla faccia di James Mason c'è uno specchio e che sopra l'organo c'è una grande N: Nemo, e non Napoleone. L'azione si svolge nel 1866, e quindi Nemo non può aver preso parte alla Rivoluzione Francese. Mi sono chiesto il perchè di questi due dettagli, il narcisismo non fa certo parte del carattere del capitano Nemo.

(la musica che ho scelto viene da "Solaris" di  Andrej Tarkovskij: Johann Sebastian Bach, Preludio corale in fa minore BWV 639.)  (qui)





Giuliano Bovo

martedì 10 ottobre 2023

Lorenzo Da Ponte ( III )


 III parte     DA TRIESTE A NEW YORK


Allontanato dalla corte asburgica, Da Ponte si recò dunque a Trieste nel 1792.  Dopo qualche tempo venne riabilitato dal nuovo imperatore, ma a Vienna per Da Ponte non c’era più posto. Con il nuovo amore, Anna Celestina Grahl, da lui chiamata Nancy, decise di partire per Parigi, per, poi, dietro consiglio di Casanova, cambiare destinazione  e recarsi a Londra.


Ritratto di Casanova attribuito a Francesco Narici

Quando partii da Vienna per andare a Trieste, la donna, ch'io amava, partì per Venezia. (…) ad onta di mille promesse, di mille giuramenti di amore e di gratitudine,  (….) pose in dimenticanza non solo ogni sentimento d'affetto e di gratitudine, ma s'adoperò indegnamente per allontanare da me il dolce piacere di tornar in seno della mia patria. Quest'atto però d'iniquità feminina vòlto fu in breve dalla mia ragione alla mia propria salute. In meno d'un mese mi trovai libero di un'ignominiosa passione, che per tre anni continui mi tenne schiavo infelice di quella donna. Io non credea, dopo questo, che fosse cosa possibile l'innamorarmi. M'ingannai. Il mio cuore non era e non è forse fatto per esistere senza amore; e, per quanti inganni e tradimenti m'abbiano nel corso della mia vita fatto le donne, in verità io non mi ricordo d'aver passato sei mesi in tutto il corso di quella, senza amarne alcuna, e amare (voglio vantarmene) d'un amore perfetto. 

sabato 7 ottobre 2023

Lorenzo Da Ponte ( II )

 II parte      L'INCONTRO CON MOZART


Dopo aver soggiornato a Dresda, nel 1781 Lorenzo Da Ponte fu introdotto nella corte di Giuseppe II divenendo poeta dei teatri imperiali con l’obbligo di comporre drammi buffi.

Conobbe Mozart nel 1783. Le Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte vennero rappresentate tra il 1786 e il 1790.





…il deciso favore, mostratomi dall'imperadore, creò in me una nuova anima, raddoppiò le mie forze per le fatiche da me intraprese, e non mi die' solamente coraggio da incontrar gli assalti de' miei nemici, ma da guardar con disprezzo tutti i loro sforzi. Non andò guari, che vari compositori ricorsero a me per libretti. Ma non ve n'eran in Vienna che due, i quali meritassero la mia stima. Martini, il compositore allor favorito di Giuseppe, e Volfango Mozzart, cui in quel medesimo tempo ebbi occasione di conoscere in casa del barone Vetzlar, suo grande ammiratore ed amico, e il quale, sebbene dotato di talenti superiori forse a quelli d'alcun altro compositore del mondo passato, presente o futuro, non avea mai potuto, in grazia delle cabale de' suoi nemici, esercitare il divino suo genio in Vienna, e rimanea sconosciuto ed oscuro, a guisa di gemma preziosa, che, sepolta nelle viscere della terra, nasconda il pregio brillante del suo splendore. 

mercoledì 4 ottobre 2023

Lorenzo da Ponte ( I )

 
Nei pressi della Biblioteca di Ceneda, siede immobile una figura. Lo sguardo, forse nostalgico, o forse fiero, è probabilmente rivolto verso una antica abitazione, legata a Lorenzo Da Ponte, autore dei libretti di tre famose opere mozartiane, Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte. 

Il monumento a Da Ponte è collocato in un contesto verde e silenzioso e a chi si dirige verso la Biblioteca comunale di Vittorio Veneto ( Ceneda è uno dei due centri di cui si compone la città ) la figura appare ormai familiare e, spero, nota.

Vivendo e avendo insegnato a Vittorio Veneto, per far conoscere ai miei studenti la storia del loro concittadino, preparai anni fa un lavoro sul librettista. A facilitarmi il compito è stato lo stesso Da Ponte, che ha scritto di sé e della propria avventurosa vita in una pubblicazione autobiografica,  Mémoires.

Propongo qui, in più puntate, quanto ho ricavato dalla lettura delle memorie di Da Ponte, alternando passi delle sue memorie ( in corsivo ) a sequenze di sintesi e commento.

Buona lettura :)

domenica 1 ottobre 2023

Dalla superficie delle cose


da Pastorale americana di Philp Roth

foto di Carter ( NY 1963 )


 Il quartiere, forse per definizione, è il luogo cui il bambino dedica spontaneamente tutta la sua attenzione; è il modo non filtrato in cui il mondo acquista per lui un significato, un significato che passa al bambino direttamente dalla superficie delle cose. 


foto di Pawel Trocha


Ciononostante, cinquant’anni dopo, io vi domando: l’immersione è mai più stata così completa come lo fu in quelle strade, dove ogni isolato, ogni cortile, ogni casa, ogni piano di di ogni casa - i muri, i soffitti, le porte e le finestre di ogni appartamento della famiglia dell’ultimo amico - era stato individuato con tanta esattezza? Saremmo mai stati, ancora, strumenti di registrazione così precisi della microscopica superficie delle cose, delle minime varianti della condizione sociale trasmesse dal linoleum e dalla tela cerata, dalle candele dello yahrzeit e dagli odori di cucina, dagli accendini da tavolo Romson e alle veneziane? 


foto di Anders Petersen


Tra noi, sapevamo chi aveva una certa merenda nella borsa che teneva nell’armadietto e cosa avevo ordinato un altro sul suo hot dog da Syd; conoscevamo tutti i nostri attributi fisici: chi camminava con i piedi in dentro e chi aveva le tette, chi puzzava di brillantina e chi sputava parlando; sapevamo chi tra noi era bellicoso e chi pacifico, chi era intelligente e chi sciocco; sapevamo che la madre di quello parlava con un forte accento straniero e che  il padre di questo aveva i baffi, che la madre di questo lavorava e che il padre di quello era morto; in qualche modo capivamo persino, vagamente, che il diverso complesso di circostanze di ogni famiglia poneva a ogni famiglia un difficile e particolare problema umano.


domenica 24 settembre 2023

IL FIUME

 



Cosa scorre nelle vene col mio sangue?                                                                                                    Lacrime e paglia, maestoso l'angue,                                                                                                                il corpo d'Adamo immane vi langue,                                                                                                              ed il mio corpo esaurito ed esangue.                                                                                                              Vi dorme il Drago, vi dorme il gran Serpente,                                                                                                vi scorre succo d'orina e di nepente,                                                                                                               vi scorre la Memoria ed anche il niente                                                                                                          vi scorre il sangue d'antenata gente.

Ed io contemplo, io che non son niente,

il grand'andare e il battito del cuore,

il gran venire e ritornare al cuore,

e il cupo e sordo strofinio di miei polmoni

ed il ronzio di fegato e rognoni

ed io li ascolto, io che non son niente.


Giuliano Bovo

 


martedì 19 settembre 2023

Ad occhi chiusi

 

fotogramma di "Fanny e Alexander "di I. Bergman



Quando il film non è un documento, è un sogno. Per questo Tarkovskij è il più grandi di tutti. Lui si muove con assoluta sicurezza nello spazio dei sogni, lui non spiega e, del resto, cosa dovrebbe spiegare? E' un'osservatore che è riuscito a rappresentare le sue visioni facendo uso del più pesante e del più duttile dei media. Per tutta la mia vita ho bussato alla porta di quegli spazi in cui lui si muove con tanta sicurezza. Solo qualche volta sono riuscito ad intrufolarmi dentro. I miei tentativi coscienti hanno avuto quasi sempre come risultato dei penosi insuccessi: "L'uovo del serpente", "L'adultera", "L'immagine allo specchio" ecc.

Fellini, Kurosawa e Bunuel si muovono nello stesso mondo di Tarkovskij, Antonioni era sulla stessa strada ma cadde sopraffatto dalla propria noiosità. Méliès vi si trovò sempre senza bisogno di rifletterci sopra. Era un mago di professione.


da "La lanterna magica" di I. Bergman


fotogramma di "Lo specchio" di A. Tarkovskij


martedì 5 settembre 2023

Il fagiolo saltatore

 Fece una pausa per riprendere fiato. Allora si udì nella stanza un rumorino secco proveniente da una scatoletta di cartone posata vicino al capezzale del colonnello. La scatola era aperta e dentro c’era un fagiolo saltatore che ogni tanto dava un piccolo balzo; il malato lo guardava allora con amicizia . Tutti ormai a Fort-Lamy conoscevano questa sua innocente mania: da qualche mese si portava sempre dietro uno di quei fagioli del Messico, abitati da un minuscolo verme che cerca di sbarazzarsi con scatti bruschi dell’involucro, ottenendo il solo risultato di far compiere un saltello al fagiolo. Da qualche tempo, appena si sedeva sulla terrazza del Ciaden, Babcock apriva la scatola e la posava sul tavolo. Qualche volta faceva anche le presentazioni: “Meet my friend Totò” diceva e di solito il fagiolo sceglieva proprio quel momento per fare un piccolo balzo. Allora il colonnello ordinava un whisky per il suo compagno di sventura, come l’aveva l’aveva definito una volta. Nessuno al Ciaden badava più a questa innocua mania: si era visto ben altro.

da “Le radici del cielo” di Romain Gary

Info


sabato 26 agosto 2023

Columbidæ



- E’ ago-sto! E’ ago-sto! E’ ago-sto! – mi dice la tortora, insistente.
- Ma no che non è agosto, è vero che ho voltato il foglio del calendario ma non è agosto: è luglio.
Ma lei insiste: è agosto, è agosto, è agosto.
Il giorno dopo, ancora:
- Fa caldo, lo so anch’io, ma non è mica ancora agosto! Anche a luglio fa caldo, non serve mica che sia agosto.
Alla fine, si convince; smette di dire che è agosto e comincia a chiamare Rodolfo. O forse, chissà, Rodolfo è proprio il suo nome:
- Rhodòl-fo! Rhodòl-fo! Rhodol-fo!
Altre volte, il nome è Leopoldo; altre volte ancora, dice una frase di più sillabe, del tipo “lo riconosco”:
- Lo riconòs-co! Lo riconòs-co!
E via per tutto il giorno. Ma, intanto, sono riuscito a farle capire che non è agosto, ed è già qualcosa.



PS: le allucinazioni auditive, se avete a che fare con una tortora per più di un quarto d’ora, sono da considerarsi più che normali. Se proprio non ne potete più, andate fuori a dare un’occhiata: le tortore sono piuttosto belle, e anche decisamente buffe quando si muovono.
La foto della tortora viene da http://cinciamogia.wordpress.com


Giuliano Bovo

martedì 22 agosto 2023

La Piazza San Marco di Goffredo Parise





Nel 1972 Anna Zanoli e il regista Luciano Emmer chiesero ad uomini di spicco del panorama culturale e politico italiano di scegliere un'opera, una piazza, una città, particolarmente amata e di raccontarla davanti alle telecamere. Nacque così il programma televisivo “Io e…” recuperabile oggi su Raiplay. Mi è capitato di scoprire qualche giorno fa una puntata in cui Goffredo Parise parla di Piazza San Marco e l’ho trovata decisamente bella. Per Parise, chi non capisce Piazza San Marco non capisce la dolcezza della vita. Ci vuole un atteggiamento infantile per cogliere la vitalità della piazza e quel che di fantastico che la connota, con i voli dei piccioni, i “Do mori” che si animano per battere le ore, le orchestrine dei Caffè, gli scorci bui da cui la si è vista, grande e luminosa, la prima volta, come è successo da bambino allo scrittore.

Lascio qui il link per vedere la  trasmissione :)



mercoledì 16 agosto 2023

Friedrich nei film di Wenders e Herzog

Propongo uno scritto di Giuliano di qualche anno fa!

Buona lettura!



Di Caspar David Friedrich (1774-1840) la mia fedele Garzantina dice: «Pittore tedesco. Esponente del Romanticismo.» Due righe scarse, seguite dall’elenco di qualche suo quadro, come “Il viaggiatore sopra il mare di nebbia”, che è del 1818 e rappresenta un uomo, di spalle, che contempla l’abisso in piedi sopra una roccia, sulle Alpi tedesche.
Ho conosciuto Friedrich grazie alle copertine dei dischi, soprattutto Schubert ma anche Beethoven, Weber, Schumann. L’abbinamento tra Friedrich e i grandi romantici di area tedesca è un raro esempio di perfetta coincidenza tra ciò che si vede e ciò che si ascolta.









Il viaggiatore del quadro è “Der Wanderer”: non un viaggiatore qualsiasi o un turista, ma colui che è in cerca: di se stesso, del suo rapporto con gli altri, del significato della vita.

WANDERERS NACHTLIED I
(Canto del viandante notturno, n.1)
(Goethe 1780, musicato da Schubert intorno al 1823)

Der du von dem Himmel bist,
Alles Leid und Schmerzen stillest,
Den, der doppelt elend ist,
Doppelt mit Erquickung füllest,
Ach! ich bin des Treibens müde!
Was soll all der Schmerz und Lust?
Süßer Friede, Komm, ach komm in meine Brust!

(O tu che sei del cielo, e ogni pena e ogni dolori acquieti, e ricolmi di consolazione chi è due volte misero, ah! Io sono stanco di tutto questo affannarsi. A che serve tanto dolore, e tanta gioia? Dolce pace, vieni, ah vieni, nel mio petto...)




WANDERERS NACHTLIED II
(Canto del viandante notturno, n.2)
(Goethe 1776, musicato da Schubert nel 1815)

Über allen Gipfeln ist Ruh,
in allen Wipfeln spürest du kaum einen Hauch;
die Vögelein schweigen im Walde,
warte nur, balde ruhest du auch!

(Su tutte le vette è pace, in tutte le cime degli alberi si ascolta appena un respiro; i piccoli uccelli tacciono nel bosco. Ascolta ancora, aspetta, presto anche per te ci sarà riposo.)





ATLANTE (Der Atlas)
Heinrich Heine, 1797-1856 (musicato da Franz Schubert, "Der Schwanengesang, pubblicato postumo nel 1828)

Ich unglücksel'ger Atlas! Eine Welt,
Die ganze Welt der Schmerzen muß ich tragen.
Ich trage Unerträgliches, und brechen
Will mir das Herz im Leibe.
Du stolzes Herz, du hast es ja gewollt!
Du wolltest glücklich sein, unendlich glücklich,
Oder unendlich elend, stolzes Herz,
Und jetzo bist du elend.

(Io, sventurato Atlante! Un mondo, l’intero mondo del dolore, devo portare sulle mie spalle. Sopporto l’insopportabile, e il cuore mi si vuole spezzare nel petto. Cuore orgoglioso, tu l’hai voluto: volevi essere felice, infinitamente felice; oppure infelice infinitamente. Cuore orgoglioso, eccoti infelice in eterno.)







Venne e sedette al mio fianco,
ma non mi destai.
Che sonno sciagurato fu quello,
me miserabile !
Venne nel silenzio della notte;
teneva in mano la sua arpa
e i miei sogni risuonarono
delle sue melodie.
Ahimè, perché le mie notti
vanno sempre perdute così?
Perché manco sempre la visione di colui
il cui alito sfiora il mio sogno ?

(Rabindranath Tagore, Gitanjali, XXVI )






Se vuoi così, smetterò di cantare.
Se fa sussultare il tuo cuore,
distoglierò i miei occhi dal tuo volto.
Se ti fa trasalire all'improvviso,
mentre passeggi, mi trarrò in disparte
e prenderò un'altra strada.
Se ti confonde mentre intrecci i fiori,
eviterò il tuo giardino solitario.
Se troppo agita l'acqua,
non vogherò vicino alla tua spiaggia.

(Rabindranath Tagore Il Giardiniere, XLVII )




A mezzanotte, colui che voleva essere asceta
annunciò: « Questo è il tempo di lasciare
la mia casa, e andare di Dio in cerca.
Ah, chi tanto a lungo in quest'illusione mi trattenne? »
Dio sussurrò: « Io. » -
ma l'uomo aveva le orecchie turate.
Con un bimbo addormentato al seno
sua moglie dormiva tranquilla
su un lato del letto.
L'uomo disse: « Chi siete voi,
che per tanto tempo m'avete ingannato ? »
Ancora la voce mormorò:
« Essi sono Dio. » -
ma egli non intese.
Il bimbo pianse nel sonno e si strinse
accanto alla madre.
Dio comandò:
« Fermati, sciocco, non abbandonare la tua casa ! » -
ma ancora non udì.
Dio disse tristemente, sospirando:
« Perché il mio servo m'abbandona
per andare a cercarmi ? »

(Rabindranath Tagore Il Giardiniere, LXXV )




Caspar David Friedrich è citato esplicitamente nei primi film di due grandi autori tedeschi, Wim Wenders e Werner Herzog; e anche in molti altri film di altri autori, ma bisogna pur limitarsi. Herzog e Wenders hanno sempre avuto grande attenzione alle immagini, e Friedrich rappresenta solo un momento della loro produzione. Del resto, con le immagini dai film di Herzog e Wenders ho già riempito le pagine di questo sito: sono tutte qui in archivio e il link è qui alla fine del post.




Va detto che non sono particolari che si notano durante la proiezione o la visione del film; oggi con il dvd a casa è possibile guardare il film come si faceva con la moviola, fotogramma per fotogramma; e fermare le immagini che più colpiscono. Magari si sta cercando qualcos'altro, e invece si trovano queste meraviglie.
Non tutti i film si meritano una simile attenzione, alcuni sì: primo fra tutti, “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick, dove non esiste un fermo immagine che non sia così perfetto da meritare di essere esposto in un quadro e una cornice. ma non solo. E’ stato così, passando i film di Herzog e di Wenders al computer, che ho pescato queste meraviglie.
I film da cui ho tratto le immagini sono: “Cuore di vetro”, “Kaspar Hauser” e “Woyzeck” di Werner Herzog; “La lettera scarlatta” e “Falso movimento” di Wim Wenders. L'isola del finale di "Cuore di vetro" è Skellig Rock, in Irlanda.






links:

domenica 23 luglio 2023

Portobuffolè


 

"Non aveva mai viaggiato, solo una volta si perse in bicicletta e arrivò all'alba in un paese di nome: Porto Buffolé. Udì il nome dagli abitanti, si spaventò pensando di essere al mare e corse via. Dopo un po' si fermò su un ponte molto curvo e senza acqua e si guardò intorno: non c'era né il porto né il mare ma una grande distesa di prati di molte qualità di erba, falciati e da falciare, illuminati all'orizzonte da una luce verdastra di temporale. Forse i prati finivano davvero nel mare, ma molto lontano un campanile pendente e appuntito stava sospeso su una fascia di pioggia. Dove era il porto e dove era il mare? Questa domanda rimase sempre senza risposta e spesso, fumando seduto per terra nei campi, pensava a Porto Buffolé."

Goffredo Parise,  " Sillabari", ed. Adelphi

venerdì 14 luglio 2023

La stanza del padre

 

( fonte )

Nella stanza di suo padre le pareti erano coperte di tappezzerie dorate. Vi si respirava l'odore caldo e accogliente del tè, che il Rabbi beveva da un bicchiere dipinto di rosso. Fumava sottili sigarette profumate,
che mandavano nell'aria immobile alte colonne di fumo azzurrastro che si condensavano in nuvole leggere. Nella credenza di mogano erano allineati barattoli di spezie il cui odore filtrava dalle antine di vetro.

A volte vedeva il padre che, chino sopra un libro, cantava sommessamente. Lo vedeva alzare gli occhi quando lui entrava nella stanza, e sorridergli, non già come un padre, ma come un giovane compagno. " Ebbene, Nahum," gli diceva " come vanno i tuoi studi?"


    I.J. Singer, " Yoshe Kalb", ed. Adelphi

sabato 1 luglio 2023

FELLINI E LA FANTASIA

 

Sto leggendo un interessante libro pubblicato per la prima volta circa quarant'anni fa dalla Einaudi, si intititola "Fare un film". Il testo  raccoglie una serie di scritti in cui Federico Fellini parla di sé, del suo immaginario, della genesi dei suoi film, film straordinari, suggestivi, ma  dimenticati, tanto che fino al 2020, centenario della nascita del regista,  era un'impresa procurarseli in dvd!

 Fellini era uno degli autori più amati da Giuliano, coautore di questo blog e purtroppo scomparso più di due anni fa. Giuliano, in uno dei suoi altri blog, giulianocinema ha dedicato a Fellini e ai suoi film 89 post. Da una di queste pubblicazioni ho tratto l'articolo di Enzo Biagi che riporto e che Giuliano aveva accuratamente ricopiato. Buona lettura!





 FELLINI E LA FANTASIA

di Enzo Biagi, corriere della sera-7, febbraio 1998

Lo hanno iscritto, quelli della BBC, nella lista dei personaggi, cento in tutto, che hanno fatto la storia culturale del secolo. C'è anche un certo Hirst, che ha esibito, come opera d'arte, «una pecora intera morta e latte di mucca in contenitori trasparenti pieni di formalina». Mah. Strana compagnia: con lui ci sono Albert Camus, Walt Disney, Francis Bacon; ma tra gli esclusi John Ford, Marguerite Yourcenar, Luigi Pirandello, Giorgio Morandi e Amedeo Modigliani. Ma si sa: tutte le classifiche comportano anche una dose di faziosità.

Federico Fellini diceva: 
«Quante volte ho sentito definire i miei film “fantastici". Debbo quindi considerarmi un uomo che vive, che commercia con la fantasia. Ma non mi sono mai chiesto che cos'è. Provo l'imbarazzo, diciamo: la vergogna, di un palombaro al quale chiedessero che cos'è il fondo del mare e non sapesse che cosa dire. Già: ma forse io sono un palombaro che sa dire com'è. Per un momento avrei la tentazione di cavarmela così: “La fantasia è un ghiribizzo"».
Poi ci ripensava e si lasciava andare. «Voglio spudoratamente raccontare che cosa mi succedeva quando avevo sette od otto anni. Avevo battezzato i quattro angoli dei mio letto con i nomi dei quattro cinematografi di Rimini: Fulgor, Opera Nazionale Balilla, Savoia (come si chiamava quell'altro?...) e Sultano. Andare a letto era per me una festa, allora».

Mi sembra la rivelazione del segreto della sua arte.

«Non ho mai fatto capricci per restare alzato la sera: tutto quello che dicevano i grandi attorno alla tavola esauriva presto ogni interesse per me, sicché, appena potevo, correvo nella mia camera e mi infilavo sotto le lenzuola, spesso, anzi, con la testa sotto il cuscino. Chiudevo gli occhi, aspettavo buono buono col fiato trattenuto e un po' di batticuore, fino a quando, di colpo, silenziosissimo, cominciava lo spettacolo. Uno spettacolo tra i più straordinari. Che cos'era? Difficile raccontarlo, descriverlo: era un mondo, una fantasmagoria rutilante, una galassia di punti luminosi, sfere, cerchi lucentissimi, stelle, fiamme, vetri colorati, un cosmo notturno e scintillante che si proponeva, prima immobile, poi in un movimento sempre più vasto e avvolgente, come un immenso gorgo, un'abbagliante spirale. Ero succhiato e stordito in mezzo a questa esplosione, in una specie di vertigine che non mi dava nausea. Durava un tempo che non saprei stabilire, non troppo a lungo in ogni caso; infine si esauriva silenziosamente com'era venuto, perdendo forza come gli ultimi bagliori del fuoco che si spegne. Aspettavo qualche minuto, poi andavo a mettere la testa in un altro angolo, e le immagini riprendevano. La terza volta erano più sbiadite, avevano smalti meno lucidi. Raramente lo spettacolo notturno si ripeteva quattro volte. Alla fine, un po' stanco, ma soddisfatto e ancora riverberato da tutto quel bombardamento di stelle e di scintille solari, sprofondavo nel sonno».


Enzo Biagi, Corriere della sera, 7 febbraio 1998

sabato 24 giugno 2023

Limpida scrittura


"Per difendermi, da me stesso e dal mondo, una delle mie tecniche preferite, quella che mi è sempre venuta naturale e che poi nel tempo ho affinato, arrivando a farne un'arte - arte, detto per inciso, per niente astratta, visto che mi dà da vivere -, è trattenere un frammento di essere per sé, e farsi così, per quanto possibile, trasparenti. E vivere o scrivere, che poi, per chi scrive, è lo stesso, è nella trasparenza che mi sono sempre tenuto in equilibrio. No, non sempre; comunque"

Vitaliano Trevisan, Black tulips, ed. Einaudi

opera di Ettore Spallletti


sabato 10 giugno 2023

A proposito di

 


                                  BRITTEN


qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui i post miei e di Giuliano su composizioni di Benjamin Britten

lunedì 5 giugno 2023

Traslochi

 


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martedì 30 maggio 2023

A lezione dai merli


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I santi sono di rado interessanti quanto i diavoli, e Messiaen, nato ad Avignone nel 1908, condusse una vita piuttosto monotona. (...)

Nessuno parlò mai di  un qualche lato oscuro della personalità del compositore. 

Il direttore d'orchestra Kent Nagano, che lavorò a stretto contatto con Messiaen nei suoi ultimi anni, una volta venne messo sotto torchio per raccontare qualche aneddoto poco lusinghiero o per altri versi rivelatore del suo mentore, e tutto quello che riuscì a pescare fu la storia di come una volta Messiaen e Yvonne Loriod avessero divorato un'intera torta di pere in un'unica seduta. (...)

"L'accordo perfetto, l'accordo dominante, l'accordo di nona non sono teorie ma fenomeni che si manifestano spontaneamente intorno a noi e che non possiamo negare, " disse una volta Messiaen." La risonanza esisterà finchè avremo orecchie per ascoltare ciò che ci circonda". (...)

Messiaen credeva che l'orecchio potesse, e dovesse, assorbire sia le note prossime che quelle remote - sia le rassicuranti risonanze degli intervalli fondamentali che le oscure relazioni tra gli armonici più acuti. (...) 

giovedì 25 maggio 2023

Riso amaro


E io sorrido quando si dice che siamo in democrazia.

E' democrazia quella in cui cui non viene imposto un pensiero unico attraverso la propaganda, la reiterazione fino allo sfinimento di ciò che si vuole dare per vero e certo, la demonizzazione e il boicottaggio delle voci dissenzienti. 

E' democrazia quella in cui i cittadini sono tutelati nel loro diritto alla pace.

E' democrazia quella in cui le istituzioni politiche sono realmente autonome e svincolate dai diktat provenienti da Paesi terzi.

E' democrazia quella in cui gli organi istituzionali preposti si fanno garanti della Costituzione.

E' democrazia quella in cui il cittadino vede tutelato e garantito il diritto alla salute e a cure tempestive.

E' democrazia quella in cui  trova possibilità di diffusione l'appello a referendum popolari. 
Ma quanti sanno che entro il 23 luglio si raccolgono firme per  questi tre referendum?





Qui un video informativo

venerdì 19 maggio 2023

Del sentirsi soli

 

il castello di Isabella Morra a Valsinni (qui )



" Confessò di amare profondamente Isabella, o almeno la sua leggenda. E come Isabella prima di lui, Rosario era una sorta di prigioniero di questo castello.

Ci spiegò che Isabella di Morra fu la prima femminista italiana, una delle scrittrici più famose di tutti i tempi e una poetessa e studiosa del XV secolo, il cui padre le aveva insegnato a leggere Dante e Plutarco all'età di sei anni. Purtroppo, però, aveva un branco di fratelli ignoranti e orribili (...).

Quando suo padre fu esiliato a Parigi dai sovrani aragonesi della Basilicata, Isabella rimase triste e sola nella sua bella prigione, in quella campagna lussureggiante e, nelle giornate più limpide, contemplava il mar Ionio. (...) Rosario recitò a memoria la descrizione di Isabella.


D’un alto monte onde si scorge il mare
miro sovente io, tua figlia Isabella,
s’alcun legno spalmato in quello appare,
che di te, padre, a me doni novella.

Ma la mia adversa e dispietata stella
non vuol ch’alcun conforto possa entrare
nel tristo cor, ma, di pietà rubella,
la calda speme in pianto fa mutare.

Ch’io non veggo nel mar remo né vela
(così deserto è lo infelice lito)
che l’onde fenda o che la gonfi il vento.

Contra Fortuna alor spargo querela
ed ho in odio il denigrato sito,
come sola cagion del mio tormento. " *


*( Isabella Morra, D’un alto monte onde si scorge il mare )


Il passo che ho riportato è tratto da " Mistero a Matera" un romanzo di Helene Stapinski, una scrittrice americana tornata a più riprese in Lucania per chiarire un mistero che riguarda una sua antenata lucana  emigrata in USA. Il lavoro di ricognizione consente a Helene di percorrere luoghi appartati della Lucania e di imbattersi in storie e racconti suggestivi, come quello che riguarda Isabella Morra, la poetessa lucana che, innamorata di un barone spagnolo locale, riuscì a intrattenere con quest'ultimo una relazione, anche se solo epistolare. I fratelli di Isabella, non ammettendo tale rapporto, pugnalarono la sorella e ne scagliarono il corpo oltre le mura del castello. L'autrice del romanzo, fa dire a Rosario, la guida del castello, che " nelle giornate più ventose, il fantasma di Isabella (...) andava in giro per il castello. Giacché era un fantasma, era finalmente libera di vagare dove voleva, dalla montagna fino al mare. Ma, la maggior parte dei giorni, la sentiva qui, all'interno delle mura".

Ho trascritto qualcosa di " Mistero a Matera" ( lo sto leggendo in questi giorni ) perché nella storia di Isabella e nei suoi versi è possibile ritrovare il senso di costrizione e di solitudine di cui, magari in altre forme e in altra misura, siamo succubi un po' tutti.

giovedì 11 maggio 2023

Corvi

 

( fonte immagine )

" ... Come gli sentirono dire queste cose, lo presero tutti per pazzo; e per meglio sincerarsene, e rendersi conto di che genere di pazzia fosse il suo, Vivaldo tornò a chiedergli che cosa s'intendesse in realtà per cavalieri erranti.  - Non hanno letto  lor signori - rispose don Chisciotte - gli annali e le storie d'Inghilterra in cui sono trattate le gesta del re Arturo, che noi comunemente nel nostro volgare castigliano chiamamo il re Artù, intorno al quale esiste in tutto il regno di Gran Bretagna l'antica leggenda che quel re non sia morto, ma che per virtù di incantesimo si sia convertito in corvo, e che col volgere degli anni dovrà ritornare a regnare, riconquistando il suo regno e lo scettro? Tant'è vero che da quel tempo ad oggi non si troverà un solo inglese che abbia ucciso mai un corvo."    


dDon Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes  Ed. Einaudi


lunedì 1 maggio 2023

La musica in "Arancia Meccanica"

 Riporto uno scritto di Giuliano pubblicato sul suo blog, giulianocinema, Buona lettura!




A Clockwork Orange (Arancia meccanica, 1971) Regia di Stanley Kubrick Sceneggiatura: Stanley Kubrick, dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess Fotografia: John Alcott Montaggio: Bill Butler Scenografia: John Barry Arredamento: Russell Hagg, Peter Sheilds Costumi: Milena Canonero Musica: Rossini, Beethoven, Purcell, e altri Interpreti: Malcolm McDowell (Alex), Patrick Magee (lo scrittore), Adrienne Corri (moglie dello scrittore), Michael Bates (capo delle guardie), Anthony Sharp (ministro dell'Interno), Godfrey Quigley (cappellano della prigione), Warren Clarke (Dim), Miriam Karlin (la signora dei gatti), Paul Farrell (il vagabondo), Philip Storie (padre di Alex), Sheila Raynor (madre di Alex), Aubrey Morris (signor Deltoid), Carl Duering (dottor Brodsky), Steven Berkoff (poliziotto), David Prowse (Julian), Michael Tarn (Pete) Durata: 137 minuti

Henry Purcell (1659-1695) è il più grande musicista inglese, ed uno dei più grandi in assoluto. E’ sua la musica con la quale si apre “A Clockwork Orange”, il film di Stanley Kubrick girato nel 1972. Il suo nome non compare nei “credits” del film, dove viene invece riportato quello di Walter Carlos che si è limitato ad arrangiare la musica di Purcell. Henry Purcell ci ha lasciato molta musica, per nostra fortuna: musica strumentale e per coro, canzoni bellissime anche per la scelta dei testi (raccomando l’ascolto di “Music for a while”, giusto per nominarne una sola) raccolte alla sua morte sotto il titolo “Orpheus britannicus”. E poi scrisse molto per il teatro, per un genere che non è propriamente l’opera lirica come la intendiamo di solito, ma una via di mezzo tra il teatro recitato, l’opera vera e propria, il balletto, e qualsiasi altra cosa, alternando comico e drammatico, possa fare teatro e divertire il pubblico. E’ la continuazione del “mask”, genere teatrale tipicamente inglese, radicato in varie forme fin dai tempi di Shakespeare: per esempio in “The fairy queen” la Regina delle Fate compare per davvero, ma ha gran parte il Poeta, che appare ubriaco cantando: “I am drunk, boys, I am drunk, as I live, drunk...”. In “King Arthur” ci sono re Artù e i cavalieri, ma l’aria più famosa è l’aria del Gelo, il freddo invernale imitato dall’orchestra e dal canto del basso solista in una scena che è rimasta unica nella storia della musica. E in “Dido and Aeneas”, il suo capolavoro, appare l’eroe troiano e la regina cartaginese ha un’aria meravigliosa, ma streghe e fantasmi rubano la scena.

Henry Purcell ebbe molto a che fare con la famiglia reale inglese: e per la morte della regina Mary, moglie di Guglielmo III, scrive il brano scelto da Kubrick: “Music for the funeral of Queen Mary”, la cui marcia introduttiva è mescolata con l’antico tema del “Dies Irae”, un tema impressionante che Kubrick riprenderà anche in Shining, sempre con l’aiuto di Carlos. Il tema del dies irae è davvero molto antico e risale alla musica sacra liturgica; fu trascritto per la prima volta da Tommaso da Celano, un frate che fu discepolo e biografo di san Francesco d’Assisi. Viene dalla “Messa di Requiem” in latino e il testo si riferisce al giorno del giudizio: ”Dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla, teste David cum Sibylla...”. E’ un tema forte ed impressionante, che percorre tutta la storia della musica e che si può ascoltare, per fare due esempi famosi, in Berlioz (Sinfonia fantastica) e in Liszt (Totentanz).

La marcia funebre di Purcell, fusa con il dies irae e mixata da Walter Carlos, si ascolta in quattro momenti: 1) titoli di testa 2) a 1h35’, nell’incontro di Alex con gli ex drughi ora diventati policemen 3) a 1h21’ con la donna nuda nel “test” per vedere se la cura ha funzionato, cui segue la discussione filosofica tra il Ministro e il Cappellano su libero arbitrio e autodifesa. 4) a 1h57’, senza dies irae e in arrangiamento leggero, con Alex in via di guarigione dopo la caduta dal tetto dello scrittore.

“Le donne di Dublino hanno un aspetto divino”, canta il barbone, quando comincia il film. “Un vecchio sporco e ubriaco che canta le canzonacce care ai suoi padri”, come dice Alex. Si tratta di una famosa canzone irlandese, "Molly Malone": "In Dublin's fair city, where girls are so pretty...".





Walter Carlos è stato uno dei pionieri nell’uso “leggero” del computer in musica. C’erano stati in precedenza anni e anni di sperimentazione, da parte di musicisti importanti come Bruno Maderna e Luigi Nono, nei “laboratori di fonologia”; ma è alla fine degli anni ’60, con l’invenzione del sintetizzatore di suoni, il moog e il mellotron (che imitava gli archi dell’archi dell’orchestra) che nasce il successo di quello che oggi è un banale mezzo casalingo, e che invece quando uscì “Arancia Meccanica” era una novità epocale: il computer in musica. Kubrick era un grande appassionato di musica, e sempre attento alle novità della tecnica: quando si è rivolto a Carlos è facile immaginare che gli abbia fatto delle richieste esplicite, molto mirate: usare la grande musica ma senza usarla. Per questa storia di violenza non ci possono essere Beethoven, Purcell e Rossini in persona, ma dei loro simulacri. Walter Carlos svolge benissimo il suo compito, e – se ci fate caso - durante le scene di violenza non ascoltiamo mai Beethoven, ma il sintetizzatore di Carlos, o una voluta storpiatura della grande musica.



Gioacchino Rossini (1792-1868) non ha bisogno di presentazioni, almeno lo spero; in ogni caso è facile reperirle su qualsiasi enciclopedia. E’ l’autore del “Barbiere di Siviglia”, della “Cenerentola” e di molte altre opere, buffe oppure serie (“Mosè in Egitto”, “Guglielmo Tell”...). Ma “La Gazza Ladra” non è un’opera buffa, è una commedia con risvolti molti drammatici, che riguarda la pena di morte. Al tempo in cui viveva Rossini, prima dell’unità d’Italia, in molti posti vigeva ancora la pena di morte, anche per reati da poco come il furto di argenteria. L’opera racconta quindi un fatto vero, anche se incredibile: una ragazza condannata a morte perché creduta ladra, in balia del terribile Podestà. Ci sarà un lieto fine, quando si scoprirà il nido della Gazza. L’ouverture dalla “Gazza Ladra” è famosissima, e Claudio Abbado sostiene che sarebbe perfetta come inno italiano (se solo avesse un titolo diverso...). Kubrick la usa in diversi momenti del film: all’inizio, dopo il pestaggio del barbone, nella scena dello stupro nel teatro (stupro che non avviene, la ragazza riesce a fuggire perché i suoi aggressori vengono distratti dall’arrivo di Alex e dei suoi: questi maschi preferiscono le scazzottate al sesso). “La Gazza Ladra” continua fino all’arrivo nella villa dello scrittore, dove si interrompe: la scena successiva dello stupro e della violenza è senza musica, fatta eccezione per Alex che canta “Singing in the rain”. Alla ripresa, c’è ancora Carlos con Purcell. Al minuto 31, “La Gazza Ladra” torna nella scena in cui Alex pesta i suoi che gli si stavano ribellando e li getta in acqua, e prosegue nella scena dell’irruzione in casa della donna dei gatti.

Ancora di Gioacchino Rossini è l’ouverture dal “Guglielmo Tell”. E’ un brano molto lungo, dura quasi un quarto d’ora; qui se ne ascoltano due estratti, il famoso “galoppo” e il solo di violoncello che precede il temporale. Si ascolta per la prima volta nella scena con le due ragazze a casa di Alex, minuto 24: ma è molto accelerata e caricaturale, come tutta la scena. Al minuto 44, nel penitenziario, brevemente il solo di violoncello. A 1h28’ ancora il violoncello per Alex respinto dai genitori, prima nell’appartamento poi sul ponte fino all’incontro col mendicante.

Edward Elgar (1857-1934) è uno dei grandi musicisti inglesi del Novecento. L’Inghilterra, dopo Purcell, non ha avuto grandissimi musicisti; hanno adottato Haendel, che di nascita era tedesco e che deve molto all’Italia, ma per avere dei grandi musicisti davvero inglesi abbiamo dovuto aspettare Elgar, Britten, Vaughan Williams...

Di Elgar Kubrick sceglie il brano più famoso, “Pomp and Circumstance”: marcia n.1 e marcia n.4. Al minuto 58, nel carcere, dopo il colloquio con il cappellano, e ancora a 1h05’, il dottor Brodskij e la visita al carcere del Ministro degli Interni. Elgar è di solito un compositore molto sobrio e misurato, enigmatico; ma questo brano è diverso dalla sua solita produzione, ed è diventato quasi un secondo inno nazionale. E’ usato con evidenti fini caricaturali, ed è curioso notare il profluvio di ritratti di Beethoven durante la visita del Ministro nella cella di Alex, proprio mentre scorre la musica (peraltro bellissima) di Elgar.

Al minuto 53, nella scena in cui Alex in carcere si immagina come centurione romano , ascoltiamo brevemente la Sheherazade di Nikolaj Rimskij-Korsakov (solo di violino) . Rimskij-Korsakov (1844-1908) è un compositore fondamentale nella storia della musica, maestro di orchestrazione di un’intera generazione di musicisti, da Stravinskij ad Ottorino Respighi.

Di Ludwig van Beethoven (1770-1827) tutto sommato ascoltiamo poco: quasi sempre c’è di mezzo Walter Carlos, e io direi che è una scelta voluta. Kubrick sceglie di non far ascoltare davvero Beethoven, anche perché sarebbe stato difficile rendere nel film l’idea originale del romanzo di Anthony Burgess (le opinioni di Burgess su questo film e sulla violenza in genere sono qui nell’archivio del blog). Carlos storpia la marcia turca (dal quarto movimento della Nona di Beethoven) per l’incontro con le ragazze al minuto 24, nel negozio di dischi: il testo di Schiller, in origine cantato da un tenore e qui reso inintelligibile, recita: “Froh, wie seine Sonnen fliegen durch des Himmels prächt’gen Plan; Laufet, Brüder, eure Bahn, Freudig, wie ein Held zum Siegen” (“Felici, così come volano i suoi Soli attraverso le magnifiche piane del Cielo: così, fratelli, seguite il vostro cammino, gioiosamente, come un eroe alla vittoria”).

In quello che segue, una parte dell’Ouverture dal Guglielmo Tell di Rossini corre a velocità caricaturale, così come le immagini, in una scena famosissima e molto divertente .

La Nona Sinfonia si sente bene, senza distorsioni o storpiature, solo quando Alex è a casa sua e mette una cassetta (dal minuto 18), che termina quando Alex esce dalla sua stanza, la mattina dopo. Prima, al bar, un soprano aveva cantato “Alle Menschen werden brüder”, “Che tutti gli uomini diventino fratelli” (inizio del quarto movimento della Nona Sinfonia) e Alex aveva pestato duramente il suo compagno che aveva detto “basta, ma che cos’è questa roba”.

Il campanello dello scrittore, nella scena in cui ritorna Alex prima del finale, suona le prime tre note dalla Quinta (che non è la Nona, attenzione!). A 1h53’, Beethoven ancora distorto, questa volta dall’amplificazione esagerata: la Nona usata contro Alex dallo scrittore. Prima dei titoli di coda ascoltiamo il finale della Nona Sinfonia, con il Coro, non distorto.

Ed è Walter Carlos, e non Beethoven, durante il filmato dei nazisti a 1h12’: una finezza di Kubrick, perché due minuti dopo Alex si ribella e grida: “E’ un delitto usare Ludwig van Beethoven a quel modo! Lui non ha mai fatto del male a nessuno!” Purtroppo, è storicamente vero che i nazisti usarono ripetutamente per i loro scopi la musica di Beethoven (il cantore della fratellanza), e anche di Anton Bruckner (l’uomo più mite del mondo). E’ una cosa tristissima, che purtroppo si ripete spesso – e i musicisti non possono più difendersi, così come non può difendersi Giuseppe Verdi dall’uso improprio che si fa oggi, in alcune sedi, del “Va pensiero” (oltretutto scandito e gridato e non cantato con dolcezza, un peccato gravissimo che grida vendetta dal Cielo).

“Singing in the rain”, scritta da Arthur Freed e Nacio Herb Brown, dal film di Stanley Donen (1952) è cantata da Gene Kelly nei titoli di coda, e da Malcolm Mc Dowell in due momenti del film: due momenti molto diversi, ma sempre nella casa dello scrittore.

Al minuto 52, in carcere, ascoltiamo un inno al Redentore.

Terry Tucker (Overture to the sun) ed Erika Eigen (I want to marry a lighthouse keeper) pubblicarono dei dischi nel 1969, dai quali sono tratti i due brani, ma di loro non sapevo niente e ho fatto una breve ricerca su internet. Suppongo che della Tucker sia la musica in stile medievale a 1:18 durante gli insulti ad Alex per vedere se la cura ha funzionato, però potrei sbagliarmi (e poi c’è anche la musica delle scene dei film che Alex è obbligato a vedere). Ho trovato su internet un sito dove il disco di Terry Tucker, un lp del 1969 intitolato “Sounds of Sunforest”, è valutato la bellezza di 140 dollari: per chi fosse interessato...

Invece la canzone della Eigen è chiaramente ascoltabile a 1:24, quando Alex torna a casa dopo la cura e trova un inquilino al suo posto. “I want to marry a lighthouse keeper” è una canzone piuttosto semplice (ne ho trovato il testo intero su internet) che parla di una ragazza che vuole sposare un guardiano del faro, e che dopo lo aiuterà a tenere la luce accesa. Una metafora molto chiara, e probabilmente anche un doppio senso da cogliere.

Alla lista della musica, per quanto mi riguarda, aggiungo la voce di Romolo Valli (la più bella voce del cinema italiano), che doppia il Ministro degli Interni e che purtroppo qui si sente poco, mentre in Barry Lyndon è il narratore nella versione italiana.


Ma, soprattutto, “Arancia Meccanica” è il trionfo della forma. Ogni volta che rivedo il film rimango colpito dalla sua simmetria, che immagino cercata e voluta. Non è una simmetria “generica”, ma rispecchia la forma sonata, come fu codificato da Haydn a metà del Settecento:

1)Esposizione: primo tema, nella tonalità principale. Ponte o transizione. Secondo tema, alla dominante o al relativo maggiore. Gruppo cadenzale conclusivo.

2)Parte centrale: sviluppo tematico di elaborazione del primo tema, talvolta del secondo.

3)Ripresa: ritorno del primo tema, nella tonalità principale. Ponte. Ripresa del secondo tema, nella tonalità principale. Gruppo cadenzale, pure nella tonalità principale.

4) Coda (facoltativa)

(da: Breve storia della musica, di Massimo Mila)

E’ abbastanza facile identificare i vari “temi”, nella storia di Alex: temi che verranno ripresi, con variazioni, nella seconda parte del film. In mezzo c’è qualcosa come un Adagio, o un Andante: il carcere e la cura. Le Sonate non hanno queste dimensioni, non durano due ore e passa, e per questo la simmetria può sfuggire; però va detto che sia Burgess che Kubrick erano appassionati di musica, e questa struttura non è certamente casuale.

Aggiungo che questo non è un film che rivedo volentieri. E’ un film violento, del quale si è discusso molto; però basta mettersi dalla parte delle vittime, assumere la visuale dello scrittore quando è a terra, e tutto prende un altro significato. Invece viene spontaneo assumere la visuale di Alex, e anche questa è una bella domanda sulla quale dovremmo meditare.