sabato 30 gennaio 2021

Da "Spillover" di David Quammen


Abbiamo aumentato il nostro numero fino a sette miliardi e più, arriveremo a nove miliardi prima che si intraveda un appiattimento della curva di crescita. Viviamo in città superaffollate. Abbiamo violato, e continuiamo a farlo, le ultime grandi foreste e altri ecosistemi intatti del pianeta, distruggendo l’ambiente e le comunità che vi abitavano. A colpi di sega e ascia, ci siamo fatti strada in Congo, in Amazzonia, nel Borneo, in Madagascar, in Nuova Guinea e nell’Australia nordorientale. Facciamo terra bruciata, in modo letterale e metaforico. Uccidiamo e mangiamo gli animali di questi ambienti. Ci installiamo al posto loro, fondiamo villaggi, campi di lavoro, città, industrie estrattive, metropoli. Esportiamo i nostri animali domestici, che rimpiazzano gli erbivori nativi. Facciamo moltiplicare il bestiame allo stesso ritmo con cui ci siamo moltiplicati noi, allevandolo in modo intensivo in luoghi
dove confiniamo migliaia di bovini, suini, polli, anatre, pecore e capre - e anche centinaia di ratti del bambù e zibetti. In tali condizioni è facile che gli animali domestici e semidomestici siano esposti a patogeni provenienti dall’esterno (come accade quando i pipistrelli si posano sopra le porcilaie) e si contagino tra di loro.

mercoledì 20 gennaio 2021

Mitologia degli imenotteri




 Le api, si dice, raccontano storie di leggenda intorno alla neve; chiuse nel loro alveare, ne favoleggiano l’esistenza, si dichiarano incredule, dicono che potrebbe essere l’inferno.

Similmente fanno le formiche, che tengono lunghe narrazioni usando feromoni e parole chimiche.
Le rare vespe sopravvissute al lungo inverno sussurrano alle larve di primavera, mentre le nutrono e le massaggiano con delicatezza, leggende e vicissitudini di ciò che hanno visto, del freddo atroce e del grigiore invernale; le nuove vespe pensano alla vespa che ha visto la neve come ad una divinità primigenia, così come noi facciamo con Adamo ed Eva.
L’estate è L’Eden; l’inverno e il gelo sono la Punizione; la primavera è la Resurrezione.

 Giuliano, 8.8.2006


( dal blog di Giuliano, deladelmur )

mercoledì 13 gennaio 2021

- Si fa una gran fatica a sbocciare, - mi disse ridendo il fiore

                                                                                 



- Si fa una gran fatica a sbocciare, -

mi disse ridendo il fiore;

e fa fatica il seme a germogliare,

è una fatica che costa dolore.

Il rischio poi è di farti calpestare,

o di finire sottoterra a marcire,

invece di fiorire sulle aiuole.

E' un rischio che si corre ed è da fare,

ma io voglio ritornarmene a dormire.

Nel fiero sonno io voglio sognare,                                                           

voglio sognare che posso anch'io fiorire,

voglio fiorire e poi rinascere e morire,

e che i miei frutti sian dolci da mangiare.     


da "Stagioni" di Giuliano Bovo    


                                                                


      


illustrazione di Grandville )







domenica 10 gennaio 2021

Libri e malattia

  Una cosa che mi hanno insegnato, per sempre, i fratelli, entrambi medici, dei miei genitori, è che le malattie vanno assecondate e, salvo i casi più gravi, lasciate libere di fare il loro corso, senza scorciatoie e e dosi massicce di farmaci. Così, quando da ragazzi la febbre si impossessava di noi, ci dovevamo disporre con pazienza a un lungo periodo di letto e riposo. Non disponendo della televisione, ma avendo tutte le pareti di casa foderate di libri, la lettura fu l’antidoto migliore contro la noia e l’esasperantemente lento trascorrere del tempo. E lo è, per me, ancora oggi. 

Come, da bambini, dopo una malattia, ci si scopre fisicamente cresciuti ( non sono stato un ragazzo sano: infatti sono alto un metro e novantuno ), così, dopo la lettura di un grosso libro, la nostra personalità si allarga e approfondisce.  A 9 anni divenni improvvisamente tutto blu, mi ammalai gravemente e dovetti sopportare una lunga convalescenza. Passata l’emergenza sopravvenne la noia. Non potevo alzarmi dal letto ed ero debolissimo. Così, alle quattro del pomeriggio, mio padre prese a rincasare anticipatamente e a

leggermi a puntate il Don Chisciotte. Quello fu probabilmente il mio battesimo con la letteratura e la vita. Era anzitutto piacevole che quel severo papà, sempre con il naso immerso in libri e giornali, dedicasse un po’ di tempo a leggermi un libro. Era un lettore caldo e appassionato. Gli piaceva raccontare e vedere sul mio volto le reazioni. Si sentiva che i suoi antenati siciliani avevano avuto familiarità, tra pupi e carretti, con le storie dei cavalieri antichi. Parteggiava apertamente per il cavaliere della Mancia e riservava a Sancho Panza una voce tignosetta, decisamente antipatica. Amava e si identificava con il "malato" Don Chisciotte. Il ritorno del reale era anche per lui sempre fonte di tristezza.

Così, da piccolo, ho scoperto che ci sono dei libri che possono essere veramente letti e gustati soltanto se si ha un lungo tempo a disposizione, senza eccessive interruzioni. 


Francesco Maria Cataluccio, In occasione dell'epidemia, Ed. Casagrande                                                                                                                                                     

 fonte immagine

sabato 2 gennaio 2021

Icaro

                                                                                                           Dal blog deladelmur di Giuliano

Sabato 15 febbraio 2020

Alle volte capitano delle sorprese, cose felici o comunque inaspettate, a cui non si sarebbe mai arrivati da soli; capita leggendo, guardando un film, parlando con qualcuno. Per esempio, "The man who fell to Earth" di Nicholas Roeg è un film che non ho mai amato molto e che ho guardato solo per non aver niente di meglio da fare; guardandolo ho scoperto che contiene questi versi di W. H. Auden a commento di un dipinto di Pieter Brueghel, "Icarus". E' un dipinto molto particolare, perché ci si aspetterebbe che il volo di Icaro, o comunque Icaro con le sue ali, sia in primo piano; ma questo accade in altri dipinti, non in Brueghel. In Brueghel (Pieter Brueghel il vecchio, il dipinto è del 1558 circa ) si vede in primo piano un contadino che ara la sua terra, e solo cercando bene si arriva a vedere un dettaglio (le gambe, in fondo a destra) di Icaro caduto in mare; sullo sfondo, una nave veleggia. E' il minuto 20, quando un libro viene sfogliato; la copertina del libro dice "Auden - Musée de Beaux Arts"

In Brueghel's Icarus, for instance, how everything turns away
quite leisurely from the disaster; the ploughman may
have heard the splash, the forsaken cry,
but for him it was not an important failure; the sun shone
as it had to on white legs disappearing into the green
water; and the expensive delicate ship that must have seen
something amazing, a boy falling out of the sky,
had somewhere to get to and sailed calmly on.

(Nell'Icaro di Brueghel, per esempio, come tutto si volta via comodamente dal disastro; l'uomo che sta arando ha sentito il rumore della caduta in mare, il grido di rinuncia, ma per lui non è stata una caduta importante; il sole splende come deve sulle bianche gambe che scompaiono nell'acqua verde; e la costosa delicata nave che deve aver visto qualcosa di sorprendente, un ragazzo caduto dal cielo, ha un qualche posto dove andare e naviga tranquillamente verso la sua meta.)
(Wystan Hugh Auden, 1907-1973)