mercoledì 29 luglio 2020

Il sogno di Chuang Tzu


(Abbott Handerson Thayer)



Chuang Tzu sognò di essere una farfalla, e al risveglio non sapeva se fosse un uomo che aveva sognato di essere una farfalla o una farfalla che in quel mentre sognasse di essere un uomo.


Da Chuang Tzu (1889) di Herbert Allen Giles.a pag.28 di "Racconti brevi e straordinari" a cura di Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges (ed. FMR 1973, traduzioni di Gianni Guadalupi)




venerdì 24 luglio 2020

Sulle rive della baia di Chesapeake



" Quello che mi piacerebbe fare", spiegò Mr Williams, "è proseguire a nord, verso la Groenlandia, e finalmente scoprire se il pemmican è veramente buono per i denti come la leggenda vuole".
" Lei però non sopporterebbe il ghiaccio", spiegò Mr Pecket.
Stavano riposando sulle rive della baia di Chesapeake. Alle loro spalle c'era la Sarah Pecket, con la biancheria, appesa sulle corde, che si asciugava al sole. Mary dormiva in cabina, prima di andare di vedetta nel pomeriggio; sotto di loro si stendevano le acque blu della baia, increspate dal vento, luminose nella luce del mezzogiorno. I pini della riva riempivano il naso di profumo, che si mescolava agli odori fumosi della terra e al fresco sentore dell'acqua. Mr Pecket stava pensando a sua moglie Sarah; non si pentì di essere andato via , ma gli sarebbe piaciuto che la sua consorte fosse stata lì per vedere quanto si stava divertendo. Durante il giorno era impegnato a tracciare la rotta della nave, a tagliare la vela, o a fare le numerose riparazioni necessarie perché l'imbarcazione mantenesse la giusta rotta; di notte si addormentava come un uomo d'azione, senza pensare alla morte o a qualsiasi altra cosa di spiacevole. Quando fu il suo turno di montare la vedetta notturna, guardò in alto, verso le stelle, lasciando che la sua mente fluttuasse in pace tra le gelide correnti del cielo, o che esplorasse con l'immaginazione le silenziose profondità dei cieli, come un sub negli oscuri abissi dell'oceano.
" Com'è bella la vita", sospirò, " se solo a un uomo viene concesso di viverla. Ognuno per sé e tutti per Dio, è così che dovrebbe andare. Ma non è affatto questo, quello che accade. O mediocre, fugace mondo... Ciò di cui le persone hanno bisogno è rispettarsi di più e lasciare che ognuno sia ciò che desidera. Che ogni uomo possieda la sua nave, e navighi dove più gli piace".
" Sì", riflettè ancora, " tutti gli uomini dovrebbero essere marinai, perché è l'unico modo per non essere soli nel mondo. Forse ci sono alcuni che restano nelle loro case senza provare amore; ma poi, deve essere per forza il sentimento a tenerli lì".


un clic qui
Robert Nathan, Viaggio incantato, ed. Atlantide    

mercoledì 22 luglio 2020

Lontra e cormorano


Un giorno osservai un cormorano che giocava con un pesce che aveva catturato. Per otto volte consecutive l’uccello lasciò andare la sua preda, poi si tuffò dietro di lei e sebbene in acqua profonda la riportò ogni volta alla superficie. Al Giardino Zoologico ho visto una lontra trattare un pesce nello stesso modo, come un gatto fa col topo; non conosco nessun altro esempio dove Madre Natura appaia così volutamente crudele.

(Charles Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo, pag.246 ed.Giunti 2002, traduzione Mario Magistretti)


(Kato Eishu, 1916)


domenica 19 luglio 2020

Caccia


Il gatto teneva stretta tra le sue zampe la piccola preda, ci aveva giocato un po’ poi aveva soltanto aspettato che quell'essere smettesse di muoversi.
Dalla panchina Alfredo aveva osservato tutti gli istanti della caccia, indeciso se intervenire. Alle sue spalle, tra incolti arbusti, una mascherina medica, vittima dell’ultima follia collettiva, un pacco di sigarette accartocciato, i resti di uno spuntino da fast food, un preservativo usato. Poco distante da lui il cestino dei rifiuti ricolmo di buste familiari sfuggite al porta a porta settimanale e lo spazio affissioni per le pubblicità elettorali totalmente vuoto.
Se tutto fosse sparito in quel momento tranne quelle poche cose ad Alfredo sarebbe piaciuto dar loro un senso, legare una cosa all'altra fino a creare una storia. Il mondo però non sparisce a comando e le storie arrivano quando vogliono arrivare, questo Alfredo aveva quasi imparato ad accettarlo.
Il gatto aveva depositato la preda ai suoi piedi e ora attendeva un ringraziamento, forse dubbioso che quell'umano avesse capito.
Alfredo gli diede una timida carezza e stette lì a fissarlo fin quando non lo vide distrarsi. Poi raccolse tutto da terra e si allontanò.
[Alfredo] caccia - Dario D'Angelo, dal suo blog, marzo-aprile 2020

(Theophile Steinlen, 1896)


mercoledì 15 luglio 2020

Alberi e cavalieri


immagine reperita in internet

19
     Poi che l’augel trascorso ebbe gran spazio
per linea dritta e senza mai piegarsi,
con larghe ruote, omai de l’aria sazio,
cominciò sopra una isola a calarsi;

(…)

23
     Come sí presso è l’ippogrifo a terra,
ch’esser ne può men periglioso il salto,
Ruggier con fretta de l’arcion si sferra,
e si ritruova in su l’erboso smalto;
tuttavia in man le redine si serra,
che non vuol che ’l destrier piú vada in alto
poi lo lega nel margine marino
a un verde mirto in mezzo un lauro e un pino.

(…)

26
     Quivi stando, il destrier ch’avea lasciato
tra le piú dense frasche alla fresca ombra,
per fuggir si rivolta, spaventato
di non so che, che dentro al bosco adombra:
e fa crollar sí il mirto ove è legato,
che de le frondi intorno il piè gli ingombra:
crollar fa il mirto e fa cader la foglia;
né succede però che se ne scioglia.

27
     Come ceppo talor, che le medolle
rare e vòte abbia, e posto al fuoco sia,
poi che per gran calor quell’aria molle
resta consunta ch’in mezzo l’empía,
dentro risuona e con strepito bolle
tanto che quel furor truovi la via;
cosí murmura e stride e si coruccia
quel mirto offeso, e al fine apre la buccia.

(…)

29
     Al primo suon di quella voce torse
Ruggiero il viso, e subito levosse;
e poi ch’uscir da l’arbore s’accorse,
stupefatto restò piú che mai fosse.
A levarne il destrier subito corse;
e con le guancie di vergogna rosse:
— Qual che tu sii, perdonami (dicea),
o spirto umano, o boschereccia dea.

(…)

32
     Poi si vide sudar su per la scorza,
come legno dal bosco allora tratto,
che del fuoco venir sente la forza,
poscia ch’invano ogni ripar gli ha fatto;
e cominciò:—Tua cortesia mi sforza
a discoprirti in un medesmo tratto
ch’io fossi prima, e chi converso m’aggia
in questo mirto in su l’amena spiaggia.

33
     Il nome mio fu Astolfo; e paladino
era di Francia, assai temuto in guerra:
d’Orlando e di Rinaldo era cugino,
la cui fama alcun termine non serra;
e si spettava a me tutto il domino,
dopo il mio padre Oton, de l’Inghilterra.
Leggiadro e bel fui sí, che di me accesi
piú d’una donna; e al fin me solo offesi.

Ludovico Ariosto, Orlando furioso ( alcune ottave del VI Canto )

Qui un sunto del VI canto
Qui Astolfo nell'Orlando furioso



domenica 12 luglio 2020

Il lago di Erlaf


(Isaac Levitan, 1894)

Mi sento bene, e provo dolore, nella quiete del lago di Erlaf. C'è un sacro silenzio tra i rami dei pini, è immobile il grembo azzurro; solo le ombre delle nuvole volano sopra lo specchio scuro. Venti freschi increspano appena le acque, e la corona dorata del sole trema di pallore. Mi sento bene, e provo dolore, nella quiete del lago di Erlaf.

Agli inizi dell'800, intorno al 1815, Johann Mayrhofer va a fare una gita al lago di Erlaf, in Austria, non lontano da Vienna; nel ricordo di quel giorno scrive questa poesia, che è molto bella ma sarebbe probabilmente stata dimenticata se un suo amico, Franz Schubert, non l'avesse messa in musica e pubblicata nel 1817. Schubert riprenderà alcuni temi di questo Lied anche nella sua Sonata n.8 in fa diesis minore, rimasta incompiuta.
Per trovare il lago di Erlaf sui motori di ricerca bisognerà usare un'altra grafia, Erlauf. Non so se Mayrhofer usi una pronuncia dialettale, me lo sono chiesto ma non so rispondere; magari qualcuno che passa di qui mi può aiutare nel risolvere questo piccolo dubbio. Nel frattempo, buon ascolto: è una delle melodie più belle di Schubert.  ( qui per il Lied, qui per la Sonata )



ERLAFSEE
(Johann Mayrhofer, 1787-1836)
(messa in musica da Franz Schubert, 1817)
Mir ist so wohl, so weh
am stillen Erlafsee.
Heilig Schweigen in Fichtenzweigen.
Regungslos der blaue Schoss,
nur der Wolken Schatten fliehn
überm dunklen Spiegel hin,
Frische Winde kräuseln linde das Gewässer,
und der Sonne güldne Krone
flimmert blässer.
Mir ist so wohl, so weh
am stillen Erlafsee.



giovedì 9 luglio 2020

Intorbidire l'acqua


Un uomo assorto a guardare le acque limpide di un fiume, e le evoluzioni dei pesci sott'acqua. Arriva un pescatore, ma non si riesce a prendere niente. Il pescatore si stanca di aspettare: intorbida l'acqua, e la povera trota finisce sull'amo. Così va la vita, ancora ai nostri giorni: dietro c'è una fiaba classica, non ricordo se Fedro o Esopo, ma la poesia messa in musica da Franz Schubert nel 1817 porta la firma del suo quasi omonimo Christian Schubart.
La melodia portante di questo Lied viene usata da Schubert per una delle sue composizioni più famose, il Quintetto "Die Forelle" (La trota, per l'appunto) che ha una caratteristica particolare: il quintetto d'archi comprende il contrabbasso, quasi una rarità. Ed è proprio al contrabbasso che viene affidato il motivo musicale del Lied: una bella trota grossa, corposa, felice di guizzare nell'acqua senza pensieri. Il Quintetto dedicato alla trota non lascia intravvedere la triste fine: non è "La morte e la fanciulla", insomma, ma è sempre un ascolto piacevolissimo.
qui la versione cantata, qui nel Quintetto


(dipinto di George Henry)

DIE FORELLE (LA TROTA)

In einem Bächlein helle,
Da schoss in froher Eil
Die launische Forelle
Vorüber wie ein Pfeil.
Ich stand an dem Gestade
Und sah in süsser Ruh
Des muntern Fischeleins Bade
Im klare Bächlein zu.
Ein Fischer mit der Rute
Wohl an dem Ufer stand,
Und sah's mit kaltem Blute,
Wie sich das Fischlein wand.
Solang dem Wasser Helle,
So dacht ich, nicht gebricht,
So fängt er die Forelle
Mit seiner Angel Nicht.
Doch endlich ward dem Diebe
Die Zeit zu lang. Er macht
Das Bächlein tückisch trübe,
Und eh ich es gedacht,
So zuckte seine Rute,
Das Fischlein zappelt dran,
Und ich mit regem Blute
Sah die Betrog'ne an.


In un limpido ruscelletto guizzava svelta e allegra la trota capricciosa, veloce come una freccia.
Me ne stavo sulla riva assorto, a contemplare il bagno del lesto pesciolino nel chiaro ruscelletto.
Un pescatore con la lenza arrivò sulla sponda, e freddamente guardò le evoluzioni del pesciolino.
Finché non verrà meno la trasparenza dell'acqua, così pensavo, egli non riuscirà a catturare la trota con l'amo. Ma infine quel furfante si stancò di aspettare. Con perfidia intorbidò le acque, e prima che me ne accorgessi tirò di scatto la sua lenza; il pesciolino vi si dibatteva, ed io, turbato, rimasi a guardare la vittima ingannata.
(Traduzione di Pietro Soresina, dal volume "Lieder", ed. Vallardi 1983)

domenica 5 luglio 2020

Risvegliandosi dall'eternità


Aprì il grosso tomo che si era portato dietro e cercò di piazzarlo sul leggio del pianoforte. Non c'era verso,scivolava e cadeva da ogni parte: era troppo grosso perchè quell'esile listello potesse sopportarlo. Impaziente di sentire quelle musiche e quasi stizzito, risolse allora d'appoggiarlo sul coperchio. Non importava se questo lo costringeva a stare scomodamente in piedi, un po' gobbo, con le mani protese verso la tastiera: doveva suonare urgentemente.
E suonò quello che poco prima lo aveva incuriosirto. Andò a cercare su e giù tra centinaia di pagine per ritrovare quella frase. Eccola: In memoria aeterna erit justus. Eterno sarà il ricordo del giusto. ERa un frammento del Beatus Vir, lui se lo ricordava intonato da Mozart, ma ignorava che anche Vivaldi lo avesse musicato. E lo incuriosiva il fatto di essere stato scritto a tre sole voci, alto, tenore e basso, senza la voce acuta. Iniziò a suonare, Andante molto, violini e viole sole, inizio in canone, prima il violino primo, poi il secondo, poi la viola. Ogni croma aveva sopra un trattino verticale, tutte staccate, gocce rade che cominciavano a cadere. Man mano che gli strumenti entravano, quella musica quasi vuota, rarefatta cominciava a penetrargli dentro e a scuoterlo. Era sublime, di una bellezza indicibile, drammatica e serena allo stesso momento. Girò pagina, arrivarono le voci: prima l'alto, poi il tenore, infine il basso, cantavano quelle parole beffarde sulla memoria: chi le aveva scritte era morto da secoli e nessuno si era più ricordato di lui. Aveva scritto questo testamento sublime ma nessuno l'aveva ancora aperto. Le crome cadevano a gocce e dagli occhi cominciarono a scendere le lacrime sulle dita che suonavano.
" Dottore, si chiude!" battè di là dall'uscio il custode.
"Eccomi, arrivo subito" fece lui risvegliandosi dall'eternità.

Federico Maria Sardelli, L'affare Vivaldi ed. Sellerio


F. M. Sardelli

Qui per l'ascolto

info sul Beatus Vir di Vivaldi

L'affare Vivaldi di F. M. Sardelli

venerdì 3 luglio 2020

Situazione di stallo


... e in basso, l'ultimo metro di palazzo sopra l'acqua che hai sfondato, e dentro vedi i pali nudi... ma cos'è? Moto ondoso, quella cosa che ribalta le gondole in bacino, questo è moto ondoso (...) Sopra ogni palo a nudo sotto la fondamenta, una pantegana cariatide. Viva, ma ferma. Se si muove la pantegana viene giù il palazzo tanto così. C'è un gatto a sorvegliarla sulla riva, uno per ogni pantegana. E' stallo, da anni. L'unica bestia che ancora si muove, nei canali, è il mototopo.

da "Il Milione, quaderno veneziano" di Marco Paolini, anno 1998 (qui)



(Zhu Ling, 1820-1850)