venerdì 29 giugno 2018

Pinguino


Un giorno, essendomi interposto fra un pinguino (Aptenodytes demersa) e l’acqua, mi divertii molto ad osservare i suoi costumi. Era un uccello coraggioso e finché non ebbe raggiunto il mare combatté regolarmente e mi respinse. Niente all'infuori di forti colpi avrebbe potuto arrestarlo; teneva saldamente ogni centimetro che aveva guadagnato e stava davanti a me eretto e deciso. Quando era contrastato così, ruotava continuamente la testa da un lato all’altro in modo molto buffo, come se il suo potere di visione distinta risiedesse soltanto nella parte basale anteriore di ogni occhio. Questo uccello è chiamato comunemente «pinguino somaro», per la sua abitudine, quando è sulla spiaggia, di gettare indietro la testa e di emettere uno strano e forte suono molto simile al raglio di un asino. Invece quando è in mare e non è disturbato la sua voce è molto profonda e solenne, e la si sente spesso di notte. Quando si tuffa usa le sue piccole ali come pinne, ma quando è a terra le adopera come zampe anteriori. Quando cammina, si può dire sulle quattro zampe, fra i ciuffi d’erba o sul pendio di un’altura erbosa, si muove così rapidamente che potrebbe essere facilmente scambiato per un quadrupede. Quando è in mare e pesca, viene alla superficie per respirare con un tale slancio e si tuffa di nuovo così istantaneamente che sfido chiunque a prima vista a non essere sicuro che non sia un pesce che salta per divertimento.


(Charles Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo, pag.246 ed.Giunti 2002, traduzione Mario Magistretti)


mercoledì 27 giugno 2018

Così vicino, così lontano

Da "Paradiso e Inferno " di Aldous Huxley ed. Mondadori
traduzione di Lidia Sautto


Ricordo - molto vividamente, sebbene avesse luogo molti anni fa - una conversazione con Roger Fry. Discorrevamo dei "Gigli d'Acqua" di Monet. Non era giusto, continuava a insistere Roger, che fossero così sfacciatamente disorganizzati, così completamente privi di una struttura di composizione. Erano tutti sbagliati artisticamente parlando. Eppure, egli dovette ammettere, eppure... Eppure, come direi ora, essi trasportavano. Un artista dalla straordinaria virtuosità aveva scelto di dipingere un primo piano di oggetti naturali visti nel loro contesto e senza riferimento alle nozioni meramente umane di ciò che è, o di ciò che dovrebbe essere. L'uomo, amiamo affermare, è la misura di tutte le cose. Per Monet, in quell'occasione, i gigli d'acqua furono la misura dei gigli d'acqua; e così li dipinse.

particolare di un dipinto di Monet




Lo stesso punto di vista non-umano deve essere adottato da ogni artista che cerchi di rendere la scena a distanza. Come sono minuscoli, nella pittura cinese, i viaggiatori che passano lungo la valle! Com'è fragile la capanna di bambù sul declivio soprastante! E tutto il resto del paesaggio è vuoto e silenzioso. Questa rivelazione del deserto, che vive la propria vita secondo le leggi del proprio essere, trasporta la mente verso gli antipodi; poichè la Natura primitiva ha una strana somiglianza con quel mondo interiore dove non si tien conto dei nostri desideri personali e neppure degli interessi durevoli dell'uomo in generale.
Solo la media distanza e ciò che può chiamarsi un primo piano più remoto sono rigidamente umani. Quando guardiamo molto vicino o molto lontano, l'uomo o svanisce del tutto o perde la sua supremazia. L'astronomo guarda ancora più oltre a distanza del pittore Sung e vede ancora meno di vita umana. All'altro estremo il clinico, il chimico, il fisiologo si occupano del primo piano della cellula, della molecola, dell'atomo, del subatomo. Di cose che, viste e considerate alla distanza di qualche metro, e anche meno, non lasciano traccia.
Qualcosa di analogo accade all'artista miope e all'amante felice. Nell'amplesso nuziale la personalità si dissolve; l'individuo ( è il tema che ricorre nelle poesie e nei romanzi di Lawrence ) cessa di essere se stesso e diventa parte del vasto impersonale universo.
E' così è per l'artista che preferisce fermare gli occhi al punto più vicino. Nell'opera di lui l'umanità perde la sua importanza, e finanche scompare completamente. Invece di uomini e donne nell'espressione delle loro caratteristiche di fronte all'immensità del cielo, siamo chiamati a considerare i gigli, a meditare sull'altraterrena bellezza delle "mere cose", quando siano isolate dal loro contesto utilitario e rese come sono, in se stesse e per se stesse.

dipinto di Vuillard

lunedì 25 giugno 2018

Il canto delle sirene ( II )

Una dimostrazione che anche risorse insufficienti e persino puerili possono servire come mezzi di salvezza: Per salvarsi dalle sirene, Ulisse si tappò le orecchie con della cera e si fece incatenare all’albero maestro. Qualcosa di simile, certo, avrebbero potuto fare da sempre tutti i viaggiatori, tranne quelli che già da lontano erano sedotti dalle sirene; ma si sapeva in tutto il mondo che era impossibile che questi rimedi funzionassero. Il canto delle sirene penetrava tutto, e la passione dei sedotti avrebbe spezzato impedimenti ben più forti di catene e alberi. Ulisse, anche se forse lo sapeva, non ci pensò. Confidò pienamente nel suo pugno di cera, nel suo mazzo di catene, e con gioia innocente, contentissimo delle sue piccole astuzie, navigò incontro alle sirene. Ma accade che le sirene dispongano di un’arma più terribile ancora del loro canto. Si tratta del loro silenzio. Forse era immaginabile - anche se, certamente, neppure questo era accaduto - che qualcuno scampasse al loro canto; ma senza alcun dubbio nessuno poteva salvarsi dal loro silenzio. Non v'è nulla di terreno che possa resistere alla sensazione di averle vinte con le proprie forze, e alla conseguente infatuazione che tutto travolge. In effetti, all’approssimarsi di Ulisse, le formidabili cantatrici non cantarono, sia perché ritennero che un simile avversario poteva essere affrontato solo col silenzio, sia perché quella visione di beatitudine sul volto di Ulisse, che pensava solo a cera e catene, fece loro dimenticare qualunque canto.




Ma Ulisse, per cosi dire, non udì il loro silenzio; credeva che cantassero, e che egli solo fosse libero dall’ascoltarle. Vide prima, fugacemente, la torsione del loro collo, il respiro profondo, gli occhi colmi di lacrime, la bocca semiaperta, e credette che tutto questo facesse parte delle arie che, senza essere ascoltate, risuonavano e si perdevano attorno a lui. Ma presto tutte le cose rimbalzarono sul suo sguardo astratto; era come se le sirene scomparissero di fronte alla sua decisione, e proprio quando fu più vicino a loro, non seppe più nulla della loro presenza. Ed esse - più belle che mai - si stiravano e si contorcevano, protendevano gli artigli aperti sulla roccia, e le orride capigliature ondeggiavano libere al vento. Ora non pretendevano più di sedurre: desideravano solo cogliere, finché fosse possibile, il riflesso dei due grandi occhi di Ulisse.
Se le sirene avessero una coscienza, sarebbero state distrutte in quell’occasione. Ma così sopravvissero, e solo Ulisse sfuggì loro. Del resto, la tradizione riferisce anche un epilogo al riguardo. Ulisse, così narrano, fu tanto volpe, tanto ricco d’astuzia, che neppure la dea del destino riuscì a penetrare nell'intimo della sua coscienza. Forse - anche se questo la ragione umana non può concepirlo - avvertì in realtà che le sirene tacevano, e solo a mo' di scudo, per così dire, oppose ad esse e agli dei quella commedia.

Franz Kafka, Il silenzio delle sirene, pag.79-81 da  Racconti brevi e straordinari  a cura di Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis  Borges (ed. FMR 1973, traduzioni di Gianni Guadalupi)




                  Waterhouse 1891, Ulisse e le sirene; Delvaux 1942, il villaggio delle sirene

sabato 23 giugno 2018

Il canto delle sirene ( I )

( Dorothy Lathrop )



Sono confuso come un bambino appena nato, sono turbato dalla marea: dovrei resistere in mezzo agli scogli, dovrei giacere con la morte come mia sposa? Ho sognato che tu sognavi di me? Eri forse una lepre quando io ero volpe?




Forse le sirene sono davvero rimaste in silenzio davanti ad Ulisse, come suggeriva Franz Kafka; o forse hanno parlato e cantato veramente, e forse le parole erano proprio queste, o magari molto simili.

mercoledì 20 giugno 2018

Philip Glass















Inizia ad aver confidenza con la musica da bambino. Il padre ripara radio e vende dischi e, vista la modesta richiesta di musica classica,  scarta i vinili invenduti e li mette a disposizione dei figli: che li  ascoltino almeno loro!

domenica 17 giugno 2018

Microtus arvalis (un topo, in fin dei conti)


Topo, topo,
senza scopo,
dopo te cosa vien dopo ?

(Forestry Association Hungary)
(Toti Scialoja, Versi del senso perso)

Dal balcone si vede bene: c'è un buco nel prato, e il gatto vi infila dentro tutta la zampina, fino quasi all'articolazione. Non sono talpe, perché le talpe lascerebbero in giro il mucchietto di terra, e non sono nemmeno i nostri topini soliti, "mus musculus", che di buchi nei prati non ne fanno. Basta una piccola ricerca ed ecco saltare fuori il colpevole: si chiama arvicola, topo campestre, "Microtus arvalis". Per noi è una novità, almeno qui nel prato di casa: molto graziosi come tutti i topini, sono però destinati quasi sicuramente a una brutta fine, perché la nostra casa è ben presidiata da un piccolo esercito. Per esempio, mercoledì ne ha preso uno Aramis; ieri sera ho visto Minou e Spike alle prese con un altro topino (c'è tutto il tempo di vederli, perché mica se li mangiano subito - si sa, ci giocano, prima). Infine, oggi è il turno di Ciccetta che di tutti è forse la cacciatrice più spietata. Eppure, Ciccetta è dolcissima e timida, sembra un pupazzo di peluche di quelli belli, o forse un cartone animato degli Aristogatti; ma la sua natura è quella, predatrice notturna, per di più con l'ottima scuola di mamma Gatta, la Gatta per definizione, matriarca di questa colonia, ancora in gran spolvero nonostante la vita all'aperto e l'infinità di gattini e gattine da lei generati.






                                            Come la tigre il gatto s'avanza
                                            con un leggero passo di danza
                                            muove le membra con gran leggiadria
                                            sull'indifeso passero balza.
                                            Questa è la vera natura del gatto;
                                            ritorna un micio se vuole, se crede,
                                            ma è in lui la fiera nascosta e ben viva,
                                            s'affila i denti e gli artigli per l'arte.
                                            Come la vita il dolore il mio gatto
                                            ronfa gioiosa poi dorme s'acquieta
                                            per un nonnulla turbata s'inquieta
                                            il pelo drizza si gonfia poi graffia
                                            è come l'oca che sbuffa e poi soffia -
                                            però mi piace vederla qui quieta,
                                            il pelo liscio, la belva mansueta.

                     (Giuliano Bovo / Emilio Gauna, da Golem L'indispensabile - anno 2001)

venerdì 15 giugno 2018

Materia

disegno di V. Nabokov
Le cose che vediamo sono fatte di atomi. Ogni atomo è un nucleo con intorno elettroni. Ogni nucleo è costituito da neutroni e protoni, impacchettati stretti. Tanto i protoni che i neutroni sono fatti di particelle ancora più piccole, che il fisico americano Murray Gell-Mann ha battezzato "quarks", ispirandosi a una parola senza senso in una frase senza senso - " Tree quarks for Muster Mark" - che appare nel Finnegans Wake di James Joyce. (....) La forza che tiene incollati i quarks all'interno dei protoni e dei neutroni è generata da particelle che i fisici, con poco senso del ridicolo, chiamano "gluoni", dall'inglese glue, colla. In italiano si tradurrebbe "colloni", ma fortunatamente usano tutti il nome inglese. (...) A queste particelle se ne aggiungono alcune altre, per esempio i neutrini, che pullulano nell'universo ma hanno poche interazioni con noi, e il bosone di Higgs, rilevato recentemente a Ginevra, nella grande macchina del CERN (...). Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione tra l'esistere e il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra che non ci sia nulla, si combinano assieme all'infinito come le venti lettere di un alfabeto cosmico per raccontare l'immensa storia delle galassie, delle stelle innumerevoli, dei raggi cosmici, della luce del sole, delle montagne, dei boschi, dei campi di grano, dei sorrisi delle ragazze alle feste, e del cielo nero e stellato la notte.

Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, ed Adelphi

mercoledì 13 giugno 2018

Stella mattutina

Il pianeta Venere, quando ancora non si sapeva che era un pianeta, veniva chiamato sia "Stella della Sera" che "Stella del Mattino", perché nell'antichità non solo si ignorava che fosse un pianeta ma si pensava anche fossero due stelle diverse. E' attribuita a Pitagora la scoperta che si tratta sempre dello stesso corpo celeste, ma di più io non ne so, so solo che questa melodia di Richard Wagner, dall'opera "Tannhäuser", è una delle più belle che ho ascoltato, in assoluto. Secondo me ha un solo difetto: è troppo breve. E' il canto che accompagna la salita in cielo di Elisabeth, la futura Santa Elisabetta d'Ungheria: Wagner si occupava anche di queste cose.



(Willy Pogany, 1911)
qui l'aria di Wolfram
qui l'ouverture dal Tannhäuser


O du, mein holder Abendstern,
wohl grüsst' ich immer dich so gern:
vom Herzen, das sie nie verriet,
grüsse sie, wenn sie vorbei dir zieht,
wenn sie entschwebt dem Tal der Erden,
ein sel'ger Engel dort zu werden!


O tu, mia dolce stella della sera,
volentieri sempre ti salutai:
da quel cuore che non l'ha mai tradita
salutala quando ti passerà innanzi,
quando si librerà dalla valle terrena,
per diventare lassù un angelo beato!

(traduzione letterale di Guido Manacorda, edizione Sansoni)


lunedì 11 giugno 2018

aeroporti





Julia Kent è una violoncellista canadese. Un suo album, Delay, si compone di brani che portano il nome degli aeroporti a lei più o meno  familiari. Dorval è il brano più intenso, libero; c'è forse la gioia della partenza o, forse, del ritorno a casa. Lascio qui il link per ascoltare i diversi brani e, magari, trovare  atmosfere e suggestioni da condividere

( un clic sul nome dell'aeroporto )

Gardermoen ( Oslo )                Idlewild  ( New York )                    Elmas 


Barajas ( Madrid )                 Fontanarossa                      Arlanda  ( Stoccolma )


Dorval  ( Montreal )              Venizelos ( Atene )                   Schiphol  ( Amsterdam )

Tempelhof   ( Berlino )          Malpensa


  

sabato 9 giugno 2018

Colpo di fulmine


Le donne belle, si sa, tendono spesso a portarsi in casa dei cani brutti. Non che capiti sempre, ma capita. Dato che la mia amica in questione è davvero molto bella (una via di mezzo fra Sylva Koscina e Virna Lisi, tanto per intenderci) il cane che si è portata in casa non poteva essere che davvero molto brutto. "O mamma mia", mi sono detto nel vederla: un boule dogue francese, zampe corte e corpo tozzo, la cosa più vicina a un rospo che esista nel mondo dei non rospi. «Si chiama Chérie», mi dice e si aspetta che io la saluti. Che io saluti quel coso, insomma. Che fare, a quest'amicizia non voglio rinunciare e mi rivolgo quindi al coso, anzi alla cosa perché si tratta di una femmina. La quale femmina di rospo - pardon, di boule dogue francese - volta la testolina in su e mi guarda. Due occhi dolci, buoni e grandi, da bella persona. Oh beh, chi l'avrebbe mai detto. Continua a somigliare ad un rospo, ma due occhi così non me li aspettavo. Ed ecco che commetto l'errore fatale: la grattatina sulla testa. Sulla testa, e poi dietro le orecchie. Scodinzola. « Sono contenta che ti piaccia, lo vedi come è carina? Anche tu piaci a lei» dice la mia amica, e io abbozzo una risposta, poi uscendo ci ripenso, ehm, che fare, che dire. Mi toccherà venire a trovarla più spesso, insomma.

(Giuliano, A.D. MMXVIII)


giovedì 7 giugno 2018

NUKU, Tallin





Tutto è  sospeso. Niente è ancora accaduto al NUKU, il museo delle marionette:

un ragno aspetta, appeso al suo filo sottile,

Don Giovanni non ha ancora incontrato il convitato di pietra,

chi è stata  amata e abbandonata attende di ritrovare il sorriso,

Biancaneve non è stata svegliata dal principe,

la Bestia è ancora bestia perchè non è  stata baciata dalla Bella.



martedì 5 giugno 2018

Il sole


Nel bosco, poco lontano dalla loro casa, c'era uno spiazzo di qualche metro; attraverso quel buco tra i rami, come attraverso un fumaiolo, d’estate il sole splendeva per qualche ora. Era stato il bambino a scoprire per primo lo strano raggio luminoso nel bosco. Un giorno lo avevano mandato a raccogliere pigne per il fuoco. Poiché le raccoglievano tutti i giorni, intorno alla casa ne erano rimaste ben poche, e a forza di cercare lui si era allontanato più del solito. Non appena scorse quello splendore straordinario rimase stupefatto. Non aveva mai visto nulla di simile, e quella luce costante e ferma suscitò in misura uguale la sua paura e la sua curiosità. Più ancora che 1’audacia, è la curiosità a vincere la paura; e certamente proprio per curiosità molte persone hanno affrontato pericoli che il semplice coraggio fisico avrebbe fuggiti, perché la fame, l’amore e la curiosità sono le grandi forze motrici della vita. Quando il bambinetto si accorse che la luce non si muoveva le andò più vicino, e finalmente, reso ardito dalla curiosità, vi entrò dentro, e allora scoprì che non era una cosa. Appena fu entrato nella luce si accorse che era calda, e ne fu così spaventato che ne scappò fuori e corse a nascondersi dietro un albero. Poi ci saltò dentro un momentino solo, e tornò a scapparne, e per quasi mezz’ora fece uno splendido gioco: giocò ad acchiapparella con la luce del sole. Alla fine gli passò tutta la paura e smise di scappar via, scoprendo che quella luce non lo bruciava affatto; pero temeva di cuocersi e preferì non restarci dentro. Quando tornò a casa con le pigne, non disse niente alla Donna Grigia di Dun Gortin e alla Donna Magra di Inis Magrath, e nemmeno ai due Filosofi, ma quando andarono a letto raccontò tutto alla bambina, e da allora entrambi presero l'abitudine di andare tutti i giorni a giocare con la luce del sole, e i conigli e gli scoiattoli li seguivano e giocavano con loro, felici come non erano mai stati.
(James Stephens, La pentola dell'oro, cap.I, traduzione Adriana Motti, ed. Adelphi)


(Helen Allingham, 1889)




domenica 3 giugno 2018

Toucan Ocean




"...Un ritmico girovagare di congas che scivola dentro il frangersi dell’oceano sulla riva. La scelta non è di quelle casuali. Come sostenuto da Hassell, infatti, la sua musica può essere vista come un continuo ondeggiare tra poli opposti, un continuo entrare e uscire da un quadro immaginario, in cui - aggiungiamo noi - i colori sono i suoni e le linee le dimensioni spirituali della mente... "

Francesco Nunziata ( qui )

Qui per l'ascolto

venerdì 1 giugno 2018

Tentativo di classificazione


Il Tao è oscuro, ed è difficile parlarne; ve ne darò ora qualche idea sommaria. La luce nasce dalle tenebre; il differenziato nasce dal senza-forma; l’essenza nasce dal Tao; le forme materiali nascono dall’essenza e tutti gli esseri sono generati, reciprocamente, dalle forme: gli esseri che hanno nove orifizi nascono dall’utero, e quelli che ne hanno otto dall'uovo.

Zhuang-zi (Chuang-tzu), pag.200 ed. Adelphi 2001 traduzione di Carlo Laurenzi e Christine Leverd
(al di là della filosofia e della religione, va ricordato che gli uccelli e i rettili, in effetti, hanno un "orifizio" in meno rispetto ai mammiferi)


(Gustave Doré, per Orlando Furioso)