Thomas Francis Dicksee, Miranda |
ATTO II
In un’altra zona dell’isola, Sebastiano e Antonio si fanno beffe di Gonzalo e di Adriano che, grati alla sorte per lo scampato pericolo, cercano di vedere il lato positivo della situazione in cui si trovano.
Alonso è disperato, rimpiange di essersi recato a Tunisi per il matrimonio della figlia Claribella con il re del posto; se non l’avesse fatto, durante il viaggio di ritorno, nel naufragio, non avrebbe perduto Ferdinando, suo figlio e erede.
Gonzalo, intanto, immagina un mondo nuovo, quello a cui darebbe vita se fosse re dell’isola.
GONZALO: E s'io ne fossi il re (di quest’isola), sapete che farei?
SEBASTIANO: Eviteresti di prendere una ubriacatura per mancanza di vino.
GONZALO: Nella comunità stabilirei che ogni cosa si dovesse regolare all'opposto di quel che si fa per solito. E difatti non ammetterei alcuna sorta di traffico. Né i magistrati avrebbero autorità alcuna. La cultura dovrebb‘ essere affatto sconosciuta. Le ricchezze, la povertà, gli impieghi servili non dovrebbero esistere. Né contratti, né diritti di successione, né confini, né divisioni di terre, né coltivazioni, né vigne: nulla di tutto questo. Non si dovrebbe conoscere alcun uso del metallo, né del grano, né del vino, né dell'olio. E nessuna sorta di occupazione. Tutti in ozio. Tutti, nessuno escluso. Ed anche le donne, ma innocenti e pure. Nessuna sovranità...
SEBASTIANO: Eppure egli vorrebbe esserne il re!
ANTONIO: L'ultimo fine di questa comunità par che si scordi del suo principio.
GONZALO: La natura dovrebbe produrre ogni cosa per tutti, senza sudore e senza sforzo. Il tradimento, la fellonia, la spada, la picca, il coltello, il fucile non servirebbero a nulla, e nemmeno servirebbe qualsiasi altra macchina da guerra. Soltanto la natura dovrebbe produrre da sé ogni sorta di abbondanza e di prosperità al fine di nutrire il mio popolo innocente.
SEBASTIANO: E non avrebbero da esserci matrimoni, tra i tuoi sudditi?
ANTONIO: Nessuno di sorta, il mio uomo! tutti in ozio. Meretrici e furfanti.
GONZALO: Ed io vorrei governare con una tal perfezione, signore, da superare persino l'Età dell'Oro.
SEBASTIANO: Iddio salvi sua maestà!
ANTONIO: Lunga vita a Gonzalo !
GONZALO E inoltre... ma mi state a sentire?
ALONSO: Di grazia, taglia corto. Non sai dirmi nulla che lui interessi.
GONZALO: Credo alla parola di vostra altezza. Io ho parlato soltanto per offrire occasione a questi gentiluomini di far quattro risate, e di fatto i loro polmoni sono sensibili e rispondenti al segno che soglion sempre ridere d'un nulla.
ANTONIO: Ma eri tu quello di cui ridevamo.
GONZALO: Ed io, in questa sorta di scherzi, son proprio nulla a paragone di voi: e quindi potete anche continuare a rider d'un nulla, se ridete di me.
ANTONIO: Ha tirato una bella stoccata!
SEBASTIANO: Non fosse che l'ha calata di piatto!
GONZALO: Siete dei gentiluomini d'indole coraggiosa. Sollevereste la luna al di sopra della sua orbita, se essa continuasse a girarvi per cinque settimane senza mutamenti.
Fotogramma da Prospero’s books, film fi P. Greenaway |
SEBASTIANO: Mi torna in mente Prospero; quel vostro fratello che avete soppiantato.
ANTONIO: Già. E guarda un po’ come mi stanno bene questi suoi paramenti; molto meglio che i miei di prima. I servi di mio fratello divennero subito miei seguaci. E sono, adesso, miei sudditi.
SEBASTIANO: Ma la vostra coscienza?
ANTONIO: Già, e dove sta di casa? Quando fosse un gelone al piede potrebbe ridurmi in pantofole: ma non mi sento in petto questa dea. Venti coscienze, messe tra me e il ducato di Milano, possono sgelarsi e disgelarsi: non mi faranno né caldo né freddo.
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