domenica 5 novembre 2023

Ti racconto "La Tempesta" di William Shakespeare ( ATTO II )

 


Thomas Francis Dicksee, Miranda

                                                                 

                                                                           ATTO II


In un’altra zona dell’isola, Sebastiano e Antonio si fanno beffe di Gonzalo e di Adriano che, grati alla sorte per lo scampato pericolo, cercano di vedere il lato positivo della situazione in cui si trovano.

Alonso è disperato, rimpiange di essersi recato a Tunisi per il matrimonio della figlia Claribella con il re del posto; se non l’avesse fatto, durante il viaggio di ritorno, nel naufragio, non avrebbe perduto Ferdinando, suo figlio e erede.

Gonzalo, intanto, immagina un mondo nuovo, quello a cui darebbe vita se fosse re dell’isola.


GONZALO: E s'io ne fossi il re (di quest’isola), sapete che farei?

SEBASTIANO: Eviteresti di prendere una ubriacatura per mancanza di vino.

GONZALO:  Nella comunità stabilirei che ogni cosa si dovesse regolare all'opposto di quel che si fa per solito. E difatti non ammetterei alcuna sorta di traffico. Né i magistrati avrebbero autorità alcuna. La cultura dovrebb‘ essere affatto sconosciuta. Le ricchezze, la povertà, gli impieghi servili non dovrebbero esistere. Né contratti, né diritti di successione, né confini, né divisioni di terre, né coltivazioni, né vigne: nulla di tutto questo. Non si dovrebbe conoscere alcun uso del metallo, né del grano, né del vino, né dell'olio. E nessuna sorta di occupazione. Tutti in ozio. Tutti, nessuno escluso. Ed anche le donne, ma innocenti e pure. Nessuna sovranità...

SEBASTIANO: Eppure egli vorrebbe esserne il re!

ANTONIO: L'ultimo fine di questa comunità par che si scordi del suo principio.

GONZALO:  La natura dovrebbe produrre ogni cosa per tutti, senza sudore e senza sforzo. Il tradimento, la fellonia, la spada, la picca, il coltello, il fucile non servirebbero a nulla, e nemmeno servirebbe qualsiasi altra macchina da guerra. Soltanto la natura dovrebbe produrre da sé ogni sorta di abbondanza e di prosperità al fine di nutrire il mio popolo innocente.

SEBASTIANO: E non avrebbero da esserci matrimoni, tra i tuoi sudditi?

ANTONIO: Nessuno di sorta, il mio uomo! tutti in ozio. Meretrici e furfanti.

GONZALO: Ed io vorrei governare con una tal perfezione, signore, da superare persino l'Età dell'Oro.

SEBASTIANO:  Iddio salvi sua maestà!

ANTONIO: Lunga vita a Gonzalo !

GONZALO E inoltre... ma mi state a sentire?

ALONSO: Di grazia, taglia corto. Non sai dirmi nulla che lui interessi.

GONZALO: Credo alla parola di vostra altezza. Io ho parlato soltanto per offrire occasione a questi gentiluomini di far quattro risate, e di fatto i loro polmoni sono sensibili e rispondenti al segno che soglion sempre ridere d'un nulla.

ANTONIO: Ma eri tu quello di cui ridevamo.

GONZALO:  Ed io, in questa sorta di scherzi, son proprio nulla a paragone di voi: e quindi potete anche continuare a rider d'un nulla, se ridete di me.

ANTONIO: Ha tirato una bella stoccata!

SEBASTIANO:  Non fosse che l'ha calata di piatto!

GONZALO: Siete dei gentiluomini d'indole coraggiosa. Sollevereste la luna al di sopra della sua orbita, se essa continuasse a girarvi per cinque settimane senza mutamenti.



 Fotogramma da Prospero’s books, film fi P. Greenaway 



Intonando una musica solenne, entra, invisibile, Ariel. Tutti si addormentano meno Sebastiano e Antonio. 

L’usurpatore suggerisce a Sebastiano di trasformare il sonno di Alonso in un sonno di morte per divenire  sovrano al posto del fratello.


SEBASTIANO: Mi torna in mente Prospero; quel vostro fratello che avete soppiantato.

ANTONIO: Già. E guarda un po’ come mi stanno bene questi suoi paramenti; molto meglio che i miei di prima. I servi di mio fratello divennero subito miei seguaci. E sono, adesso, miei sudditi.

SEBASTIANO: Ma la vostra coscienza?

ANTONIO:  Già, e dove sta di casa? Quando fosse un gelone al piede potrebbe ridurmi in pantofole: ma non mi sento in petto questa dea. Venti coscienze, messe tra me e il ducato di Milano, possono sgelarsi e disgelarsi: non mi faranno né caldo né freddo.


Sebastiano si lascia tentare ma appare Ariel che sveglia Gonzalo. Antonio e Sebastiano, già pronti a uccidere Alonso, non possono più dar corso al loro progetto.
Ormai desti, tutti si mettono in marcia. Gonzalo vuole cercar Ferdinando; è convito che sia vivo.



Nella seconda scena del II Atto, il napoletano Trinculo, uno dei naufraghi, si imbatte in Calibano.

TRINCULO:  Ahoè: e qui, che ci sta? Uomo o pesce? Defunto o vivente? Pesce all’odore: e una specie di odore di pesce frollo; una specie di baccalà e neanche pescato di fresco. Un pesce curioso assai! (…)

Mentre Trinculo, dopo aver sentito il rombo di un tuono, si rifugia sotto la gabbana di Calibano, entra in scena Stefano,  il cambusiere ubriacone del veliero naufragato. Calibano scambia Stefano per uno spirito venuto a tormentarlo e lo prega di non fargli del male.

STEFANO: E’ sotto l’assalto della febbre e parla scombinato forte. Ora che assaggia la mia bottiglia, se non ha mai bevuto vino a tutt’oggi, c’è il caso che ce la faccia a ripigliarsi (…).

Trinculo sente una voce che gli è familiare, esce dal suo nascondiglio e si fa riconoscere da Stefano.

TRINCULO: ( … ) E allora Stefano non sei affogato?(…) O Stefano, due napoletani scampati sani sani.
Stefano (…) sono scampato a cavallo di una botte di vin di Spagna (….).


Calibano è sorpreso dai modi dei  due napoletani

" questi, se spiriti non sono, sono creature squisite: costui è un dio da bene, ché reca un divino liquore. Mi voglio inginocchiare davanti a lui…"

Così giura fedeltà a Stefano. I tre continuano a bere
Il vino della botte a cavallo della quale Stefano è riuscito a raggiungere riva dopo il naufragio.

Calibano ormai è in adorazione di Stefano
" Non sei caduto dal cielo, tu ?"

Calibano dice ai due di seguirlo, li porterà lì dove crescono grandi mele cotogne e si avvia cantando " Libertà! Ehidà! Vita nuova!..."


fotogramma del film di Taymor, "The tempest"


( Il testo in corsivo è tratto da 
W. Shakespeare, La tempesta , ed. Einaudi   traduzione di Cesare Vico Lodovici )


( Continua... )




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