Tutto comincia con un libro, diceva Cortázar e anche la mia scelta di venire qui, oggi, in questo bar, nasce da un libro. Il Café de la Marie in place Saint-Sulpice è famoso per quello, la gente ci va perché Georges Perec vi scrisse un classico del Novecento: il Tentativo di esaurimento di un luogo parigino. Come tutti i classici, anche questo libro si crede di conoscerlo senza averlo letto. Ne han parlato talmente tanti, e il titolo è così eloquente, che sembra inutile sobbarcarsi la fatica di leggerlo. La vulgata corrente lo spaccia per un semplice catalogo di cose e persone presenti in questa piazza del sesto arrondissement, steso in modo asettico dall'autore durante tre sedute di qualche ora ciascuna. Sfogliandolo distrattamente ci si può convincere che è proprio così, che non è altro che un monotono transito di piccioni, turisti, passanti e autobus. Pure il fatto che l'autore vivesse in via Linné suona come una conferma della natura tassonomica della sua opera, quasi fosse un predestinato. Che poteva scrivere, se non un catalogo, uno che abitava in quella strada?
(...)
George Perec |
E invece bastava aprirlo, e scorrere le prime righe, per scoprire che c'era molto di più. La sorpresa è dietro l'angolo, se si ha la pazienza di prestarvi attenzione.
Perec esordisce così:
Ci sono molte cose a place Saint-Sulpice, ad esempio: il municipio, un ufficio del Ministero delle finanze, un commissariato, tre caffè....
e poco dopo sterza bruscamente avvertendo:
Molte, se non la maggioranza, di queste cose sono state descritte, inventariate, foografate, raccontate o segnalate. Il mio proposito nelle pagine che seguono è stato piuttosto di descrivere il resto: quello che generalmente non si nota, quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla, se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto, delle nuvole.
Poco più avanti s'annoia da solo, e comincia a descrivere ciò che esiste solo nella sua testa, e s'inventa che d'un tratto in piazza sfili un immaginario corteo di novantuno motociclisti che scortano la Rolls Royce verde mela dell'imperatore del Giappone. Anche la conclusione è meno scontata di quanto ci si possa aspettare. Sembra quasi che il tentativo denunci il proprio fallimento, e l'autore si arrenda all'eterna e inarrestabile mutevolezza del mondo, che non se ne sta mai fermo, come le modelle riottose dei pittori, mostrando infine il sagrato vuoto, i piccioni che si alzano in volo tutti insieme: come a dire: basta così.
Ma il punto cruciale è nella frase che Perec scrisse all'inizio. Quello che succede quando non succede nulla.
Sergio Garufi |
Il passaggio di una donna in piazza Silvestri. Due bambini che si rincorrono sul corso. Un piccione che plana per abbeverarsi. Il barista del Tropical che mi chiede di una rapina. Un turista che fotografa il rosone della chiesa. Un auto che parcheggia. I rintocchi delle campane. Le suore che raccolgono i pomodori. E ancora altri piccioni. E altri turisti. E il pensiero costante di Stella come un groppo in gola che non se ne va, un astro lontano anni luce, invisibile a occhio nudo, irraggiungibile, la mia Dafne.
Sergio Garufi, Il superlativo di amare, ed. Ponte alle Grazie
Qui un video in cui l'autore, Sergio Garufi, parla del suo romanzo, Il superlativo d'amare