giovedì 28 maggio 2020

Lo scimpanzé e il baratro

( fonte )
 Mettiamo uno scimpanzé in una gabbia troppo piccola, chiusa con delle traverse in cemento. L’animale diventerà pazzo furioso, si scaglierà contro le pareti, si strapperà il pelo, Si infliggerà dei morsi atroci, e nel 73 per cento dei casi finirà per uccidersi. Adesso creiamo un’apertura in una delle pareti, posta in corrispondenza di un precipizio senza fine. Il nostro simpatico quadrumane di riferimento si avvicinerà al bordo, guarderà in basso, resterà a lungo immobile a contemplare il baratro, ritornerà più volte, ma in genere non vi si getterà; in ogni caso, il suo nervosismo verrà radicalmente placato.

Michel Houellebecq, Estensione del dominio della lotta, ed. La nave di Teseo

Qui un articolo di Elena Gramman sul romanzo di Houellebecq




domenica 24 maggio 2020

Il romanzo alla fine del XX secolo


( fonte )

A volte ci si intrattiene con conversazioni affannose sugli aspetti generali della vita; a volte ci si abbandona a un abbraccio carnale. Certo, ci si scambia il numero di telefono, ma in genere ci si richiama poco. E, anche se ci si richiama, e ci si rivede, la delusione e il disincanto prendono rapidamente il posto dell’entusiasmo iniziale. Credete a me, la vita la conosco: le cose vanno proprio così.
Questo progressivo stemperarsi dei rapporti umani non manca di creare qualche problema al romanzo. Come si potrà, infatti, proseguire la narrazione di passioni focose, sviluppate nel corso di diversi anni e talvolta in grado di far sentire i propri effetti su diverse generazioni? Il meno che si possa dire è che siamo lontani da Cime tempestose. La forma romanzesca non è concepita per ritrarre l’indifferenza, né il nulla; si dovrebbe inventare un’articolazione più piatta, più  concisa e più dimessa.

Michel Houellebecq, Estensione del dominio della lotta, ed. La nave di Teseo

venerdì 22 maggio 2020

Gabbiani monogami e piccioni camminatori


Per fortuna arrivano i gabbiani: "cocài, cocài, cocài, cocài, cocài...". Mi fa:
- Guarda, quela xe una femina.
Gli tira un tocco di pane e la gabbiana vola via contenta, cocài cocài.
- E quello è il maschio, suo marito.
- E dai, Gatto, anche il marito?
S'infervora:
- I xe monogami, i gabiani. I sta in coppia fissa, marito e moglie, tutta la vita. Però i ga imparà, tra moglie e marito, che xe meglio lassarse un fià de spazio uno con l'altro, se no i xe sempre là che i se toca, i se rompe, i se rovina. Meglio star larghi, respirar tutti e due, no come i piccioni che xe tutti rotti, fatti, desfài, che i domanda la carità in piazza San Marco, te i ga visti, "dame qualcosa, dame qualcosa, dame qualcosa", i pare in attesa del pusher quotidiano. Se gli tiri qualcosa da mangiare, al piccione in piazza San Marco, non vola mica, no: cammina. Beh, certo, Venezia è l'unica città dove volano i leoni e camminano i piccioni...

da Il Milione, quaderno veneziano di Marco Paolini, anno 1998, a 1h50' dall'inizio
  (qui per vedere e ascoltare)

 
(Magritte 1946, autoritratto)
 

martedì 19 maggio 2020

Il sole sul lago


...la parte alta del lago con la barca, fatto il bagno sulla riva, poi spinto la barca al largo e via alla deriva. Lei era distesa sul fondo con le mani sotto la testa e gli occhi chiusi. Sole abbagliante, un filo di brezza, acqua un po' mossa, come piace a me. Ho notato un graffio sulla sua coscia e le ho chiesto come se l'era fatto. Cogliendo uvaspina, ha detto. Ho ripetuto che secondo me non avevamo speranza, che era inutile continuare, e lei ha fatto segno di sì, senza aprire gli occhi. (pausa) Le ho chiesto di guardarmi e dopo pochi istanti... (pausa) ... dopo pochi istanti lo ha fatto, ma gli occhi erano due fessure per via del sole. Mi sono curvato su di lei per farle ombra e allora si sono aperti. (pausa. A voce più bassa). Mi hanno fatto entrare. (pausa) Andavamo alla deriva in mezzo alle canne e ci siamo arenati. Come si piegavano, sospirando, davanti alla prua! (pausa) Mi sono disteso su di lei, la faccia sul suo petto, la mano su di lei. Stavamo là, sdraiati, senza muovere. Ma sotto di noi tutto si muoveva e ci muoveva, dolcemente, su e giù, da un lato all'altro. (pausa) Dopo mezzanotte. Mai sentito...

Samuel Beckett, L'ultimo nastro di Krapp, ed. Einaudi 1976, traduzione di Carlo Fruttero

 
(Frederick Childe Hassam, 1893 )

venerdì 15 maggio 2020

L'orco delle gravine




Le gravine sono profonde incisioni carsiche diffuse tra Puglia e Basilicata; quelle di cui ho esperienza diretta, per averle esplorate da ragazza con un gruppo di amici, sono quelle di Laterza e Matera. Sulle loro pareti si aprono cavità, grotte che non sono state visitate solo dalla fauna tipica della Murgia ma abitate anche da monaci e eremiti che hanno modellato il loro interno fino a ottenere giacigli, nicchie, altari, sedili di pietra e che hanno lasciato sulle pareti calcaree affreschi con soggetti religiosi.




Mi ha riportato alle gravine e all’atmosfera remota che è loro peculiare un film di qualche anno fa di Matteo Garrone, “Il racconto dei racconti”.  Garrone rivisita in chiave cinematografica tre narrazioni della raccolta di fiabe di Gianbattista Basile, Lo cunto de li cunti.
Per rappresentare la terza storia, quella narrata ne La pulce, Garrone sceglie come scenario Castel del Monte e le gravine pugliesi.


Un orco, dopo aver sciolto un impossibile indovinello posto da un re, riceve in premio la mano della figlia del sovrano, Viola.  Il re resta solo e beffato e Viola viene trascinata dall’orco verso un luogo inaccessibile e remoto, una grotta scavata su un’altura rocciosa.
Con sorpresa, osservando l’orco scalare la ripida parete e raggiungere la sua dimora con in spalla la povera, terrorizzata Viola, ho provato il piacere ( mettendo da parte per un momento la pena provata per la principessa )  di riconoscere i tratti tipici delle gravine.


 La conferma mi è stata data dalla visione degli interni di quella che sarebbe diventata la prigione della sfortunata Viola.




Le sequenze sono molto belle; Garrone riesce a restituire i tratti tipici dell’ambiente del quale elementi essenziali non sono solo la roccia e la macchia mediterranea (la memoria olfattiva mi ha fatto sentire l’odore del timo, del cappero, del fico.. ) ma anche e soprattutto  il silenzio interrotto dal volo del greppio e del grillaio o dal fremito appena percettibile delle piante basse radicate al suolo; anche il cielo, se rapportato alla grigia e severa massa calcarea che grava  sul paesaggio, pare più leggero e azzurro.


Bellissimo  il momento in cui Viola viene salvata da una famiglia di acrobati che tendono un filo tra le pareti della gravina e consentono alla principessa ( ma solo per poco ) di sfuggire all’orco.


Mi piacerebbe raccontare anche dell’indovinello del re  che ha a fare con il titolo della fiaba di Basile, La pulce;  magari lo farò un’altra volta..




Qui un'intervista a Matteo Garrone
Qui una sequenza del film ( una scena girata nel federiciano Castel del Monte )
Qui info sulle gravine

Le immagini sono fotogrammi del film "Il racconto dei racconti"  di Matteo Garrone


mercoledì 13 maggio 2020

Tigli


Si udivano allora i passi affrettati sulla banchina lungo il treno, l'affaccendarsi e il discutere presso il bagagliaio, le parole di quelli che avevano accompagnato i partenti, il quieto chiocciare delle galline e il fruscio degli alberi nei giardinetti delle stazioni.
Allora, come un telegramma spedito in viaggio o come un saluto arrivato da Meljuzeev, entrava dal finestrino un profumo ben noto, che sembrava diretto proprio a Jurij Andreevic, rivelandosi a lui nel suo angolo con con silenziosa intensità. Quel profumo si manifestava con calma superiorità da chissà quale angolo appartato, e proveniva da un’altezza insolita per i fiori dei campi e delle aiuole. Per la ressa, il dottore non poteva avvicinarsi al finestrino. Ma, anche senza guardare, li vedeva quegli alberi. Crescevano certo lì vicino e protendevano tranquilli verso i tetti dei vagoni i loro rami fronzuti col fogliame polveroso per il passaggio dei treni e denso come la notte, fittamente ricoperto dalle piccole ceree stelle delle infiorescenze. Per tutto il tragitto fu sempre la stessa cosa. Dappertutto folla che rumoreggiava, dappertutto tigli che fiorivano. L'incessante alitare di quel profumo sembrava precedere il treno in corsa verso il nord, come una voce di popolo che volava sui caselli, sulle stazioni perdute, e che i viaggiatori ritrovavano sempre diffusa ovunque e confermata.

(Boris Pasternak, Il dottor Zivago, pag.129 ed. Feltrinelli 1998, traduzione Pietro Zveteremich, Maria Olsoufieva, Mario Socrate)

(da "Che fiore è questo?" , ed. Franco Muzzio)
(n.3 Tilia platyphyllos, n.4 Tilia cordata)
 

lunedì 11 maggio 2020

Beagle


Snoopy è un beagle, e beagle in italiano diventa "bracchetto", penso che questo lo sappiano tutti; ma si chiamava Beagle anche la nave dove viaggiò, negli anni '30 dell'Ottocento, il giovane Darwin. Nell'ottimo film BBC del 1978, dove si ricostruisce il viaggio di Charles Darwin intorno al mondo, viene mostrata anche la polena della nave, che riproduce appunto il bracchetto (qui al minuto 44 della prima puntata). Non so se questo dettaglio sia vero, nelle illustrazioni d'epoca non si vede ma può ben darsi che ci sia stato.

 
Il sito www.agraria.org  porta questa descrizione del Beagle: «Molto utilizzato in passato e ancora oggi nella caccia alla piccola selvaggina, il Beagle è una razza piuttosto antica. Già nel secolo XIII veniva menzionata in alcuni poemi. Fu la razza prediletta di Elisabetta I. E’ stato introdotto in moltissimi paesi europei, con eccellenti risultati. In Francia è, senza dubbio, la razza canina più popolare. In Gran Bretagna, come la maggior parte delle razze da caccia, sono allevati per due scopi ed in due diversi modi: si allevano i Beagle da caccia e si allevano i Beagle da esposizione e compagnia. In Italia e in tutti paesi affiliati alla FCI lo standard è unico. In Francia questa razza fu importata intorno al 1860 e divenne con il passare del tempo un cane molto ricercato per le sue doti e prestazioni nella caccia; l’Inghilterra così venne superata nella popolarità di questo tipo di cane, perché per loro non era da considerarsi un buon cane da caccia, date le sue dimensioni ridotte e la sua moderata velocità. La sua diffusione in Italia è avvenuta negli ultimi decenni, ma il suo ruolo, per la maggior parte dei casi, è solo quello di cane da compagnia.»
 


Il fumetto di Snoopy viene dal mensile "Linus", anni '70; la foto dei cuccioli di beagle viene dal sito www.agraria.org  ; il disegno del Beagle di Darwin l'ho trovato sul magnifico blog http://annalisasanti.blogspot.com

giovedì 7 maggio 2020

Ninna nanna fatta per te


"il beccogiallo" è un'associazione di Matera che si rivolge  a bambini provenienti da realtà socio-culturali diverse proponendo attività di doposcuola, laboratori manuali, espressivi, corporei, scientifici e tante altre iniziative finalizzate al benessere psico fisico e alla valorizzazione di tutto ciò che di bello la creatività e le diverse espressioni culturali e artistiche possono offrire. Dalla pagina facebook del beccogiallo sottraggo una ninna nanna incantata composta da Claudio, autore della musica, e da Angela, autrice delle parole. La Ninna nanna fatta per te  è cantata da Isabelle. C'è il concorso anche di Nina, destinataria della ninna nanna, ma anche vocetta recitante..



Il beccogiallo - Matera - Home | Facebook
per l'ascolto, un clic qui


lunedì 4 maggio 2020

Il cambio del pelo


Ciccetta d'inverno è un persiano autentico, d'estate invece no. La transizione da persiano autentico a gatto normale è lunga e laboriosa, ci mette almeno tre mesi, si può dire anche sei mesi se si vuole partire dai primi ciuffetti del sottopancia, a gennaio. Da gennaio a giugno, insomma.
 

La muta del pelo, in un gatto persiano, fa un po' impressione; io non ne sapevo niente e Ciccetta mi è capitata quando non volevo avere un gatto (ha deciso tutto lei) poi mi sono informato, e adesso so che chi ha in casa un gatto persiano (uno vero) il più delle volte preferisce portarlo a tosare. Dopo la tosa, il gatto diventa irriconoscibile ma almeno non avrà nodi e chiazze, e la casa non sarà piena di ciocche di pelo, morbido o "ex morbido". La mia amica Ciccetta non è un persiano vero e proprio, se fosse un cane si direbbe che è un bastardino, ma d'inverno potrei venderla come un persiano vero - cosa che non farei mai anche perchè Ciccetta non è mia, è un gatto libero anche se con me si comporta in tutto e per tutto come un gatto domestico. Il pelo è morbidissimo, viene voglia di metterlo da parte e filarlo: fibre lunghe e seriche come il kashmir sulla schiena, un'ovatta morbidissima sulla pancia e sul sottomento, che diventa una vera e propria gorgiera. La curo meglio che posso, i grattini e i massaggini dove ci sono i nodi nel pelo sono graditissimi e sono stati molto utili per la nostra amicizia. Adesso si fa toccare anche sotto la gola, cosa che prima non mi aveva mai permesso: gola e pancia sono i punti più delicati per un animale, i punti dove vanno a colpire i nemici; se vi concedono di toccarli lì significa che siete proprio arrivati al massimo grado di confidenza e di fiducia.
 

Succede questo: il pelo non solo si annoda, ma si infeltrisce e produce come dei medaglioni duri (col feltro, con la lana infeltrita, si fanno i cappelli - tanto per rendere l'idea) che prima o poi si staccano, ma ci vuole parecchio tempo e nel tempo in cui rimangono così appesi sono veramente brutti a vedersi, per cui ogni tanto provo a prendere le forbici - ma bisogna aspettare il momento giusto, altrimenti si rischia di tagliare il pelo nuovo che sta crescendo e poi si noterà per mesi l'opera del parrucchiere improvvisato. In alcune zone, si vede perfino la pelle nuda: il primo anno mi sono preoccupato, ma il pelo ricresce subito e la pelle è rosea, si vede bene che non è una malattia ma un fenomeno naturale. Il motivo di tutto questo casino (chiedo scusa per la parola) penso che sia questo: si sa che i gatti per pulirsi si leccano e ingoiano il pelo, e nel caso di un gatto con il pelo così lungo ingoiare tutti quei peli sarebbe pericoloso, e quindi la Natura si è inventata questo trucchetto dei feltrini.
Ciccetta non è un persiano e nemmeno un gatto d'angora, perché poi d'estate il pelo è molto più corto e chi non la frequenta abitualmente può pensare che siano due gatti diversi: metto qui un po' di foto, collezione estate e collezione inverno. Il veterinario mi ha detto che non aveva mai visto un gatto così, e si è messo a ridere quando ha visto le foto di Ciccetta sull'amaca - in effetti è davvero buffa, ma questa storia l'ho già raccontata qui.

 
 

sabato 2 maggio 2020

Serenade to a cuckoo


In questi giorni, puntuale come tutti gli anni, è tornato il cuculo. E' nel bosco (in quel poco che rimane del bosco) e vederlo sarà difficile; però ascoltando il suo richiamo ho pensato che era una buona occasione per della buona musica.
"Serenade to a cuckoo" è stato composto e suonato da Roland Kirk, flautista e polistrumentista, che è stato il  punto di riferimento per Ian Anderson. Il brano di Roland Kirk è stato ripreso molte volte da Ian Anderson con i Jethro Tull.

qui per ascoltare Roland Kirk
qui per ascoltare Ian Anderson con i Jethro Tull
 
 
 
(illustrazione trovata on line senza indicazioni sull'autore)