lunedì 31 dicembre 2018

Buon Anno!


1) Il primo brindisi per l'anno nuovo è molto raffinato, sia per la musica (di Ravel) che per il testo di Paul Morand: è tratto da un ciclo di tre canzoni, il cui titolo completo è "Don Quichotte à Dulcinée". Il testo è liberamente ispirato a Cervantes, volendo si possono cercare delle corrispondenze abbastanza precise ma non è strettamente necessario.
La "Chanson à boire", terza e ultima di "Don Quichotte à Dulcinée", inizia in modo spavaldo ed è un po' in contrasto con le altre due, più sognanti. Ma è un brindisi messo in musica da Maurice Ravel, e vale la pena di mettersi in ascolto.  (qui)


Chanson à boire
Foin du bâtard, illustre Dame, (abbasso)
Qui pour me perdre à vos doux yeux
Dit que l'amour et le vin vieux
Mettent en deuill mon coeur, mon âme!
Je bois à la joie!
La joie est le seul but 
Où je vais droit... lorsque j'ai bu!
Foin du jaloux, brune maîtresse,
Qui geint, qui pleure et fait serment 
D'être toujours ce pâle amant
Qui met de l'eau dans son ivresse!
Je bois à la joie!
La joie est le seul but 
Où je vais droit... lorsque j'ai bu!
(abbasso quei bastardi, illustre Dama, che per essermi perso nei vostri occhi dicono che l'amore e il vino vecchio mettono a lutto il mio cuore, anima mia! Bevo alla gioia: la gioia è il solo bersaglio verso cui vado dritto... fino a che sono ebbro! Abbasso quei gelosi, bruna signora, che gemono, piangono e giurano d'essere sempre dei pallidi amanti che versano acqua nella loro ubriachezza! )

sabato 29 dicembre 2018

Audubon


Dipingere nei dettagli qualcosa che sta fermo, un fiore o una pianta o un paesaggio, è già qualcosa che è riservato a pochi; ma rendere così bene un animale in movimento, come una fotografia, è davvero qualcosa che non cessa mai di stupirmi. Eppure, tra il Settecento e l'Ottocento, prima dell'invenzione della fotografia come la conosciamo oggi, erano molti i disegnatori e le disegnatrici capaci di queste meraviglie. Il più famoso è probabilmente John James Audubon (americano, 1785-1851) al quale dedico questo post, un piccolo omaggio.

giovedì 27 dicembre 2018

Your blue room


E' una canzone che, come ho letto tempo fa, è stata scritta per far da sottofondo ai momenti più intimi, quelli in cui è la  sensualità a farsi spazio e a trasportare chi le cede in una dimensione "celeste". Your blue room è parte della colonna sonora di "Al di là delle nuvole", un film  a episodi  sul tema del corpo, dell'amore e dell'immaginazione. Qui un post di Giuliano sul film di Antonioni e Wenders



QUI YOUR BLUE ROOM


qui il testo della canzone

martedì 25 dicembre 2018

Natale 2018


He shall feed His flock
like a shepherd;
and He shall gather the lambs with His arm,
and carry them in His bosom,
and gently lead those that are with young.
Isaia 40:11
Come un pastore egli fa pascolare il gregge, e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri. (traduzione Bibbia di Gerusalemme, Dehoniane 1982)





(l'immagine viene dalla copertina del mio 33 giri con il Messia di Haendel, acquistato nel 1982: è l'edizione diretta da sir Thomas Beecham con Jon Vickers, Jennifer Vyvyan, Monica Sinclair, Giorgio Tozzi. Si tratta di un dettaglio dalla Natività di Johann Koerbecke, a Norimberga)
qui per l'ascolto



domenica 23 dicembre 2018

Solo come un cane


Era stupido e triste passare le serate così, solo come un cane; e perché poi come un cane? i cani non sono mai soli; annusano i cantoni, e il compagno, o la compagna, se la trovano a fiuto, in un momento.

Primo Levi, da "Lilìt e altri racconti", pagina 117 edizione Einaudi 1981 (il racconto "Calore vorticoso", che non parla di cani ma di frasi reversibili, come "Sator Arepo tenet opera rotas")


(dipinto di Jacques Laurent Agasse, 1767-1849)

venerdì 21 dicembre 2018

Bill Callahan



un clic qui


"Smog, alias Bill Callahan, è nato all'interno del movimento "lo-fi" americano (...)  Ma sarebbe assai riduttivo confinare la sua musica nel nucleo effimero delle nuove tendenze rock. Le sue canzoni, infatti, possiedono quel sapore di immortalità tipico di classici come Nick Drake, Lou Reed, Leonard Cohen e Nick Cave. Sono miniature sonore, acquerelli minimalisti che ..." ( continua qui )

mercoledì 19 dicembre 2018

Il pesce palla



Un giorno mi divertii a osservare i costumi di un Diodon antennatus, che fu catturato mentre nuotava vicino alla riva. Questo pesce, dalla pelle floscia, è ben noto per la sua singolare capacità di distendersi fino ad assumere una forma quasi sferica. Dopo esser stato tenuto per un breve tempo fuori dall’acqua e poi immersovi di nuovo, esso assorbe dalla bocca, e forse dagli orifizi branchiali, una notevole quantità d’acqua e di aria. Questo processo si compie in due modi: l’aria è inghiottita e poi forzata nelle cavità del corpo e il suo ritorno è impedito da una contrazione muscolare, visibile esternamente, oppure l'acqua entra con debole corrente dalla bocca, che viene tenuta largamente aperta e immobile; quest'ultima azione deve perciò dipendere da succhiamento. La pelle intorno all’addome è molto più rilassata che sul dorso e perciò, durante il rigonfiamento, la superficie inferiore si distende molto di più della superiore e il pesce galleggia con il dorso in basso.

lunedì 17 dicembre 2018

Tartarughe


Ci sono due tartarughe nel patio: maschio e femmina. Slack! Slack! I gusci sbattono uno sull’altro. E' la stagione degli amori. Il signor Palomar, non visto, spia. Il maschio spinge la femmina di fianco, torno torno al rialzo del marciapiede. La femmina sembra resista all’attacco, o almeno oppone un’immobilità un po’ inerte. Il maschio è più piccolo e attivo; si direbbe più giovane. Prova ripetutamente a montarla, da dietro, ma il dorso del guscio di lei è in salita e lui scivola.
Ora dovrebbe essere riuscito a mettersi nella posizione giusta: spinge a colpi ritmici, pausati; a ogni colpo emette un ansito, quasi un grido. La femmina sta con le zampe anteriori appiattite sul terreno, il che la porta a sollevare la parte di dietro. Il maschio annaspa con le zampe anteriori sul guscio di lei, tendendo il collo in avanti, sporgendosi a bocca aperta. Il problema con questi gusci è che non c'è modo d’afferrarsi, e del resto le zampe non fanno nessuna presa.
Ora lei gli sfugge, lui la rincorre. Non che lei sia più veloce né molto decisa a scappare: lui per trattenerla le dà dei piccoli morsi a una zampa, sempre la stessa. Lei non si ribella. Il maschio, ogni volta che lei si ferma, tenta di montarla, ma lei fa un piccolo passo avanti e lui scivola e batte il membro per terra. E' un membro abbastanza lungo, fatto a gancio, con cui si direbbe lui riesca a raggiungerla anche se lo spessore dei gusci e la positura malmessa li separano. Così non si può dire quanti di questi assalti vadano a buon fine, quanti falliscano, quanti siano solo gioco, teatro.
E' estate, il patio è spoglio, tranne un gelsomino verde in un angolo. Il corteggiamento consiste nel fare tante volte il giro del praticello, con inseguimenti e fughe e schermaglie non delle zampe ma dei gusci, che cozzano con un ticchettio sordo.

sabato 15 dicembre 2018

Le sirene di Weber


Oberon è il re degli Elfi, e il libretto parte in effetti dal "Sogno di una mezza estate" di Shakespeare; ma il vero protagonista dell'opera di Carl Maria von Weber non è Oberon, è il cavaliere francese Huon che deve raggiungere l'amata Rezia a Bagdad. La storia completa è molto complicata da raccontare, Oberon ha comunque una sua parte, e aiuterà gli innamorati nel lieto fine (non è vero che le opere liriche vanno sempre a finire male), ma intanto sono successe tante cose - compreso l'incontro con le sirene nel secondo atto. Sono sirene gentili, e cantano così:
O wie wogt es sich schön auf der Fluth...
cioè "come è bello cullarsi tra i flutti" e altre parole non memorabili (l'Oberon di Weber non ha un gran libretto), ma la musica è molto bella  (qui) e Carl Maria von Weber si ascolta sempre con grande piacere.




(le sirene nelle immagini vengono da un cartoon di Popeye-Braccio di ferro, anno 1935)

giovedì 13 dicembre 2018

I quattro veli di Kulala



In un villaggio sul fiume Yuele viveva un uomo che si chiamava Doruma ed era molto fortunato. Aveva una bella moglie, due figli sani e un campo fertile. Era un buon cacciatore e nel villaggio non aveva nemici. Fu così che Shabunda, il diavolo del bosco, vedendolo cantare e fumare davanti alla capanna come il più felice degli uomini, ne ebbe invidia. E per dispetto una notte entrò nella capanna, gli infilò le unghie adunche nei capelli e da lì gli sfilò via il sonno. Doruma si svegliò di colpo, destò la moglie Oda e le disse che un’ombra maligna l’aveva sfiorato. – È stato solo un brutto sogno – disse Oda – torna a dormire.
Ma Doruma non dormì né quella notte, né la notte dopo, né tutte le notti di quella luna. Anche se per tutto il tempo lavorava e cacciava, così da tornare a casa stanco da non reggersi in piedi, il sonno non veniva. Provò a farsi accarezzare con la coda di un ghiro

martedì 11 dicembre 2018

No tav, sì tav


A Torino, metà novembre, c'è stata la "marcia dei trentamila" per dire sì alla TAV; l'altro ieri, sempre a Torino, una folla forse anche superiore per dire di no alla TAV. Se ne è parlato molto ma secondo me manca nei commenti un dettaglio fondamentale. Si tratta, di fatto, di un contrasto fra città e campagna, o città e montagna. Non c'è dialogo: gli abitanti della Val di Susa e delle altre zone interessate dai lavori vorrebbero difendere l'ambiente in cui vivono (il cantiere durerà vent'anni), i cittadini ribattono che le infrastrutture, lo sviluppo, eccetera. Dato che di mezzo c'è il cemento, vincono senz'altro i cittadini che nel cemento vivono fin dalla nascita e non conoscono altro modo di vivere (tranne la domenica, il week end quando si va a sciare, a fare il pic nic, o al mare). Oltretutto, il cemento rende soldi, l'ambiente intatto no. Mi piacerebbe che si parlasse di queste cose, invece si risponde sempre con questioni puramente economiche. Mi metto nei panni di uno della mia età che abita in Val di Susa: il cantiere durerà vent'anni, e si sa che vent'anni in Italia possono diventare anche trenta o quaranta. Esistono anche opere incompiute e lasciate lì come sono, gli esempi purtroppo sono tanti. In queste condizioni, una persona sopra i cinquanta difficilmente potrà tornare a fare una passeggiata in quelle zone.

 
Due altre considerazioni prima di chiudere: in questo ambito possono rientare anche i "gilet gialli" francesi, perché la loro protesta (clamorosa) nasce da tasse sull'automobile e la benzina. Guai a toccare l'automobile, insomma. Su un mio piano strettamente personale, la marcia dei 30 mila mi ricorda quella dei 40mila della Fiat, sempre a Torino, che di fatto pose fine al potere contrattuale degli operai; prima contro gli operai, oggi contro l'ambiente. Come finì quella marcia, degli anni '70? Quali furono i risultati? Oggi a Torino di fatto la Fiat non c'è più. Chiusa Mirafiori, chiuso il Lingotto, la nuova FCA ha sede in Olanda. Ma molti di quei quarantamila fecero in tempo ad andare in pensione, beati loro. E chissà come sarà la Val di Susa, fra quarant'anni.

(nell'immagine, dal Saint Louis Dispatch del 1910, una previsione sul futuro - cioè oggi)

domenica 9 dicembre 2018

Neve a Parigi, inverno 1940



( fonte )

La terrazza dei Corte, quell'inverno, era coperta da uno spesso strato di neve in cui si manteneva in fresco lo champagne. Corte scriveva vicino a un fuoco di legna che non riusciva a sostituire il calore ormai inesistente dei termosifoni. Aveva il naso bluastro e quasi piangeva dal freddo. Con una mano stringeva al petto una borsa d'acqua calda, con l'altra scriveva. (...)
E la neve continuava a cadere inesorabimente, lenta e tenace, sugli alberi di boulevard Delessert dove i Péricard erano tornati ad abitare - perchè appartenevano a quell'alta borghesia francese che preferisce vedere i propri figli privati di pane, di carne e di aria piuttosto che di diplomi, e non bisognava interrompere gli studi di Hubert già tanto compromessi dagli eventi dell'estate precedente, nè quelli di Bernard, che era prossimo agli otto anni e si era dimenticato di tutto quello che aveva imparato prima dell'esodo, sicchè la madre gli faceva recitare: "La Terra è una sfera che non poggia su niente" manco avesse sette anni invece che otto ( che disastro!). 
Fiocchi di neve si impigliavano nei veli da lutto della signora Péricard quando, superata finalmente la coda dei clienti davanti a un negozio, si fermava sulla porta sventolando come un vessillo la tessera alle madri di famiglia numerosa che le dava diritto di precedenza.
Sotto la neve, Jeanne e Maurice Michaud aspettavano invece il loro turno, appoggiandosi l'uno all'altro come cavalli stanchi prima di mettersi in cammino.
La neve copriva la tomba di Charlie Langelet al Père Lachaise e il cimitero delle automobili vicino al ponte di Gien - tutte le auto bombardate, incendiate, abbandonate nel mese di giugno e che giacevano ai due lati della strada, inclinate sulla ruota o sul fianco, con le portiere spalancate o ridotte a un ammasso contorto di rottami. La campagna era bianca, immensa, muta; (...)

Irène Nèmirovsky, Suite francese, ed. Adelphi

venerdì 7 dicembre 2018

Tempesta di neve


Trascorsero la notte al monastero, in una cella che era stata riservata allo zio, come a persona lì ben nota da tempo. Era la vigilia dell'Intercessione della Vergine. L’indomani sarebbero dovuti partire per un lungo viaggio verso il sud, fino a un capoluogo di provincia del Volga, dove padre Nikolaj era impiegato presso una casa editrice, che pubblicava il giornale progressista della zona. Avevano già acquistato i biglietti per il treno e riunito nella cella il loro bagaglio. Nelle vicinanze, dalla stazione il vento portava i fischi lamentosi delle locomotive che facevano manovra lontano.
Verso sera vi fu un brusco sbalzo di temperatura. Due finestre a livello del suolo davano su uno squallido angolo d'orto, circondato da gialli arbusti d'acacia, sulle pozzanghere gelate della strada e su quel lembo di cimitero dove la mattina avevano seppellito Marija Nikolaevna. Tranne alcune aiuole, marezzate di cavoli illividiti dal freddo, l'orto era spoglio. Quando irrompeva il vento, i rami nudi delle acacie si dimenavano come ossessi, piegandosi fin sulla strada.
Un colpo alla finestra destò Jurij durante la notte. L'oscura cella era magicamente illuminata da una guizzante luce bianca. Jura corse in camicia alla finestra e appoggiò il viso al vetro gelido. Fuori non c'era più la strada, né il cimitero, né l'orto: solo la tormenta che infuriava, l'aria fumigante di neve. Quasi che la tormenta si fosse accorta del ragazzo e, consapevole del proprio terrificante potere, godesse dell’impressione che gl'incuteva. E fischiava e ululava, tutta affannata a richiamare la sua attenzione. Dal cielo, sdipanandosi giro su giro da matasse senza fine, un bianco ordito cadeva sulla terra avvolgendola in un sudario. Non era rimasta che la tormenta al mondo, sola e incontrastata. Il primo impulso di Jura, scendendo dal davanzale, fu di vestirsi e di correre in strada: occorreva fare qualcosa. Ora lo angosciava l'idea che la neve seppellisse i cavoli del monastero prima che non si potessero più raccogliere; ora il pensiero della madre, là, in quel campo, ricoperta dalla neve, senza più forze per resisterle, mentre sprofondava sotto terra, sempre più giù,ancora più lontano da lui. Ruppe nuovamente in lacrime. Lo zio si sveglio, gli parlò di Cristo e lo consolò, poi sbadigliando si accostò alla finestra e rimase a guardar fuori pensieroso. Cominciarono a vestirsi. Era quasi l'alba.

Boris Pasternak, Il dottor Zivago, pag10 edizione Feltrinelli 1998, traduzione di Pietro Zveteremich, Maria Olsoufieva, Mario Socrate



(dipinto di Konstantin Yuon)

mercoledì 5 dicembre 2018

Nebbia

La parete di sinistra, quella davanti al braccio più lungo della L, é coperta di carta di sughero. In una rotaia fissata a circa due metri e cinquanta da terra, scorrono varie aste metalliche cui il pittore ha appeso una ventina di tele, quasi tutte di piccolo formato: appartengono per la maggior parte a una vecchia maniera dell’artista, quella che lui stesso chiama il suo periodo-nebbia e con la quale é diventato celebre: si tratta in genere di copie finemente eseguite di quadri famosi - La Gioconda, L'Angelus, La Ritirata di Russia, Le Déjeneur sur l'herbe, La lezione di Anatomia, eccetera - sui quali ha poi dipinto degli effetti più o meno spiccati di bruma, sfocianti in un vago grigiume da cui emergono appena le sagome dei suoi prestigiosi modelli. La vernice della mostra parigina, nella Galerie 22, maggio 1960, fu accompagnata da una nebbia artificiale che l’affluenza degli ospiti, fumatori di sigari o sigarette, fece ancora più opaca, con grandissima gioia dei cronisti. Il successo fu immediato. Due o tre critici ghignarono, fra cui lo svizzero Beyssandre che scrisse: “Non è certo al Quadrato bianco su fondo bianco di Malevic che fanno pensare i grigi di Hutting, ma piuttosto alla battaglia di negri in un tunnel cara a Pierre Dac e al generale Vermot”. Ma la maggior parte si entusiasmò per quello che uno di loro chiamava quel “lirismo meteorologico” il quale, disse, colloca Hutting all’altezza del suo celebre e quasi omonimo, Huffing, il campione newyorkese dell"‘Arte brutta”. Abilmente consigliato, Hutting si tenne circa metà delle tele e oggi non intende disfarsene, se non a condizioni impossibili.


Georges Perec, da "La vita istruzioni per l'uso", pag.48  ed. Rizzoli 1989, traduzione di Dianella Selvatico Estense


(dipinto di Thomas Wilmer Dewing)

lunedì 3 dicembre 2018

Il giardino di Edda


Da sei giorni non era stata a scuola. Viveva come inebetita, passando le mattine e i pomeriggi nel suo giardino. Un giardino un po' selvatico a gradinate, sulle pendici di un colle dominante la città. Ella scendeva nell'ultimo angusto ripiano terminato da un muretto; e si sedeva nell'angolo, sull'asse lunga e rozza che, accostata al grosso muro laterale del giardino, serviva da panchina; la riparava dal sole una pergolettta di vite ramosa. Là era come divisa dal mondo: della città non giungevano che i rumori smorzati e di tanto in tanto, più chiari,  gli squilli del tramvai e i tocchi dell'orologio della piazza di sotto. Di là dal muretto, oltre lo spazio, lo sguardo correva sul cielo, si fermava qualche volta sulla collina dirimpetto, sparsa di casette che non sembravano abitazioni umane, ma macchie di colore. Portava con sè Alì, il cane tanto caro a Hedwig. Alì era diventato suo amico, le si accovacciava ai piedi; e così, tutti e due, quasi senza muoversi, stavano lunghe ore.

A sostare nel giardino  è Edda Marty, la protagonista di un racconto autobiografico di Giani Stuparich, Un anno di scuola ( qui ). Siamo nei primi del Novecento e Edda è riuscita, dopo aver sostenuto un difficile esame, a inserirsi in una classe tutta maschile dell'anno conclusivo degli studi superiori ginnasiali. I ragazzi, uno ad uno, chi ammettendolo a se stesso e agli altri, chi negandolo, si innamoreranno della bellezza, della vitalità di Edda e qualcuno farà dipendere la propria speranza di sopravvivenza dalla possibilità di legarsi alla ragazza. Il passo che ho riportato è successivo alla morte per tisi della sorella maggiore di Edda, Hedwig.  Edda è nel giardino, ma la sua condizione di isolamento sarà destinata, a breve, ad essere interrotta.

Franco Giraldi, anche lui triestino, ha tratto dal racconto di Stuparich un film, preferendo però spostare l'azione all'anno che precede lo scoppio del I conflitto mondiale. ( trailer qui )


sabato 1 dicembre 2018

Dicembre



L'anno scorso di questi tempi avevo trovato in rete una piccola poesia in inglese che si adattava perfettamente alla situazione di un'amica:


I heard a bird sing
in the dark of december
a magical thing
and sweet to remember:
«we are nearer to spring
than we were in september».
I heard a bird sing,
in the dark of december.
(Oliver Herford)




Di Oliver Herford non sapevo niente, non ne conoscevo nemmeno il nome, perciò ringrazio molto il sito heaveninawildflower.tumblr.com  e riporto qui qualche notizia presa da wikipedia in inglese:
Oliver Herford (1860-1935) nasce a Sheffield in Inghilterra; emigra negli Usa con la famiglia prima a Chicago nel 1876 poi a Boston nel 1882. In seguito, si trasferisce a New York e comincia a collaborare con riviste di successo come Life, Harper's Bazaar, Ladies Homes Journal, The Mentor, Woman's Home Companion, Punch, e molti altri. Herford disegna e scrive testi, pubblica 30 libri illustrati. Nel 1904 si sposa con Margaret Regan, e di più non mi è necessario sapere, meglio leggere i suoi versi e guardare i suoi disegni (in rete c'è molto, per oggi comincio dai gatti). Non so se Herford sia mai stato pubblicato in Italia, i disegni sono molto belli e parlano da soli ma i versi, come tutta la poesia, sono difficili da tradurre senza rovinarli.


(ho ascoltato un uccello cantare / nel buio di dicembre / una magica cosa / e dolce da ricordare: "siamo più vicini alla primavera / di quanto non fossimo in settembre")