martedì 31 ottobre 2017

La vipera di Cleopatra


( Artemisia Gentileschi )
Si dice che Cleopatra morì per il morso di una vipera, e fin qui ci si limita a prendere atto: se così è andata, non resta molto altro da dire. Però girando per i musei (va bene anche uno virtuale) qualche curiosità viene. Nelle rappresentazioni dei grandi pittori ci sono infatti tante Cleopatre diverse (come nella verità storica: quella di Giulio Cesare era Cleopatra VII, la settima), tante quante sono le diverse modelle, ma ci sono anche tante vipere diverse, enormi o minuscole.


Quale sarà dunque la vera vipera di Cleopatra? Provo a fare una piccola ricerca: in Europa c'è la "Vipera aspis", con molte sottospecie; il genere "vipera" esiste anche in Africa, e anche i crotali americani sono viperidi. In Egitto, nella zona desertica e in Arabia, vive "Cerastes vipera"; nel Sahara esistono anche "Bitis arietans" e "Macrovipera mauritanica". Variano anche le dimensioni: si va da 28 cm a 3,6 metri (ma solo in Sud e Centro America!). Difficile quindi stabilire con certezza che tipo di vipera abbia ucciso Cleopatra; non serve a molto nemmeno chiedere soccorso a William Shakespeare (Antonio e Cleopatra, atto V scena II) dove si parla solo di "serpente", un serpente qualsiasi però rapido e possibilmente indolore.



( Guido Cagnacci )




( Guido Reni )
( Michelangelo )

Alla fine della mia ricerca torno a guardare i quadri di Cleopatra e mi accorgo che, in fondo, non è che della vipera importi poi molto. I più espliciti sono soprattutto Guido Reni e Guido Cagnacci: nei loro dipinti la vipera è così piccola che quasi non si nota, una vipera neonata o di pochi giorni di vita, si direbbe. Reni ne dipinse almeno tre versioni (immagino che lo pagassero bene, per questo soggetto), sempre con la vipera quasi invisibile, e con la Cleopatra di Cagnacci Guido, bionda e nordica, la vipera è relegata in un angolo, piccolissima. Non è dunque la vipera quella che interessa, mi sembra ben chiaro, e io con le mie ricerche erpetologiche sono stato qui a perdere tempo e a farlo perdere anche a voi che mi avete letto fin qui. Ne chiedo scusa, ma del resto, si sa, come dissero i fratelli Goncourt: «Nessuno ascolta più fesserie di un quadro da museo». Per una volta, i quadri da museo sono salvi: le mie fesserie sono rimaste soltanto qui, sul blog.





domenica 29 ottobre 2017

In cerca degli unicorni


Robert Altman gira Images nel 1972; ne è protagonista Susannah York. Altman racconta che poco prima dell'inizio delle riprese la York si presentò piangendo da lui dicendo che non poteva lavorare nel film, perché era incinta. «Bene, - le rispose Altman - allora faremo in modo che anche la protagonista sia incinta.» Già che c'era, venuto a sapere che Susannah York stava scrivendo un libro sugli unicorni, fece in modo di inserire anche quel libro dentro il film. Ed è proprio con la voce di Susannah York che legge "In search of unicorns" che si apre il film, sui titoli di testa.


Susannah York
Alla ricerca dell'unicorno - un libro per ragazzi

Tutto a un tratto, una notte, venne la primavera; come se arrivasse correndo, dai più lontani confini della Terra. Subito cominciò a spargere su tutta l'Umbany la sua pioggia di colori. Riempì di uova i nidi degli uccelli, mentre le api ronzavano, i mammut trotterellavano felici, e i prati siuonavano di canti e di promesse d'amore.
Nel profondo della sua caverna, il re Ercole Biondabarba, signore degli Uni, si svegliò brontolando; si stirò pigramente e scese giù dal letto dal lato sbagliato. Avreste dovuto sentirlo, le sue imprecazioni raggiunsero il cielo...


Uln vide la figura di questa rara creatura, .... perfetta, con il collo arcuato ed un solo corno sottile. «Re Ercole! - gridò - Re Ercole, guarda, che cos'è?» Ercole si voltò a guardare. « Per il cielo, - esclamò - è un unicorno!» Uln tremava come una foglia, il suo viso divenne più bianco del manto dell'unicorno. (...)
Sette enormi farfalle le passarono ronzando proprio davanti al viso, e avevano gli occhi come stelle e le ali celesti e splendenti. Allora Ercole cominciò a tremare, perché sembrava che anche lui ronzasse, come le farfalle; come se una di esse gli fosse volata in gola.

venerdì 27 ottobre 2017

Animali

Animali

Pomeriggio novembrino d'aria tersa. Intervallo tra uno scroscio di pioggia e l'altro. Sei papere fanno anatring lasciandosi trasportare dall'impeto del torrente rigonfio. Con l'ombrello chiuso e ancora sgocciolante cammino al loro fianco nella stessa direzione e mi chiedo cosa faranno una volta arrivate a quel gradino laggiù, che origina una piccola rapida. Scemo d'un umano! Ovviamente si alzano in volo. Ovviamente si alzano in volo.
Non le vedo già più.

Nicola Pezzoli, Il bambino che sbagliava le parolacce, Irrenhaus 2


mercoledì 25 ottobre 2017

Fauna degli Stati Uniti

Lo Hidebehind sta sempre dietro. Per quanti giri un uomo faccia, quello gli sta sempre alle spalle; e per questo nessuno lo ha mai visto, sebbene abbia ucciso e divorato molti legnaioli.
Lo Axehandle Hound ha testa a forma d'ascia, corpo a forma di manico d'ascia, zampe rattrappite, e si nutre esclusivamente di manici d'ascia.
Goofus Bird è un uccello che costruisce il nido a rovescio e vola all'indietro, perché non gli importa del posto dove va, ma di quello da cui proviene.
Il Gillygaloo, che faceva il nido nelle scarpate laterali della famosa Pyramid Forty, deponeva uova quadrate affinché non rotolassero via perdendosi. I legnaioli cuocevano queste uova e le usavano come dadi.
(Fauna degli Stati Uniti, da "Manuale di zoologia fantastica" di Jorge Luis Borges, pag.72 ed.Einaudi 1991) (Wisconsin e Minnesota)



(Walt Disney, 1964)

lunedì 23 ottobre 2017

L'invenzione di Morel

( fonte )


Scomporre e ricomporre : è quello che fa la natura o un binomio di divinità capricciose, all'infinito ;
o che fa chi vuol scoprire i segreti di un meccanismo 
o  quello che ho fatto io per capire qualcosa de "L'invenzione di Morel", un romanzo del 1940 di Adolfo Bioy Casares, scrittore argentino legato  da un rapporto di amicizia e collaborazione al più noto connazionale J.L. Borges


Gli elementi in gioco non sono molti. 
C'è un'isola. Vi approda il protagonista, un uomo in fuga; sta cercando di sottrarsi all'ergastolo a cui è stato condannato. E' questo un primo elemento di cui tener conto.


 Approdando sull'isola, l'uomo si libera da qualcosa che lo avrebbe limitato, una prigione, uno spazio buio, chiuso (la caverna di Platone o, più semplicemente la materia, il corpo?). L'isola è un grande spazio aperto, bagnato dalla luce e dall'acqua (il mondo delle idee o un  paradiso?)


L'acqua è un elemento ricorrente nel romanzo; è la via attraverso cui l'uomo approda sull'isola; avvolge il protagonista che più volte al suo risveglio vi si ritrova immerso ( il grembo ? );
il suo movimento ciclico ( le maree ) costituisce l'energia propulsiva necessaria ad azionare l'invenzione di Morel;


l'acqua è in una delle tre costruzioni che stazionano solitarie sull'isola : una piscina, una cappella, un museo ( chiamato così, è in realtà una residenza ).
Il numero tre è ricorrente nel romanzo, così come il numero otto. Sono cifre che rimandano al trascendente, a ciò che supera la materia, all'infinito, all'eterno.
L'8 è il numero della resurrezione, della rinascita.  Ruotato di 90° è il simbolo dell'infinito.


Castel del Monte


Alla rinascita fanno pensare l'approdo sull'isola del protagonista, la presenza della piscina ( una fonte battesimale? ).
Al continuo ritorno rimandano le maree e il ripetersi di situazioni, di cui il protagonista è spettatore,  che hanno tutta l'apparenza della realtà e che costituiscono invece il prodotto di una invenzione, "l'invenzione di Morel", appunto.


Tra le "scene" ricorrenti a cui l'uomo assiste c'è quella di una donna, vestita in modo elegante ma antiquato, il cui incarnato ricorda quello di una zingara ( un riferimento ai tarocchi, al destino ? ), che  assorta, con un libro fra le mani,  guarda il tramonto, il termine del giorno. 
Il motivo  della fine  è presente nel romanzo tanto quanto quello dell'inizio. Per rinascere bisogna morire. L'immagine più forte in questo senso è quella della partenza degli "intrusi" dell'isola, ovvero delle  persone che figurano nelle scene realizzate da  Morel  attraverso il congegno che ha ideato; partono con una imbarcazione, consapevoli di andare incontro alla morte; ricordano il pallido carico di altri "legni" letterari, da Dante a Coleridge, a  Shiel.


Anche la morte è momento ineludibile, necessario per garantire l'eternità, la riproduzione del ciclo ( anche in senso cinematografico... ed è una riproduzione , questa, a cui il protagonista assiste ). 
Per non rovinare il piacere della lettura non dico altro. Aggiungo solo che, leggendo il romanzo, ho intravisto altre possibilità interpretative. Una di queste è suggerita dal binomio illusione/realtà : ciò che consideriamo concreto ha invece la sostanza dei sogni, delle visioni, visioni di qualcuno che, più in alto di noi,  ( ci ) sogna :  Morel?




p.s
Borges, parlando de l'invenzione di Morel, fornisce un  suggerimento:
"Bioy  rinnova letterariamente un' idea che Sant'Agostino e Origene confutarono, che Louis Auguste Blanqui ragionò e che Dante Gabriele Rossetti disse con musica memorabile:


Sono già stato qui,
ma quando o come non so dire:
conosco quest'erba davanti alla mia porta,
quel dolce intenso odore,
quel rumore sospirante, quelle luci attorno alla costa...  "








p.p.s.

Ci sarebbe anche un'altra chiave di lettura,   più...sentimentale, più segreta 

 ( cito da pag. 109 della mia edizione ) :


Forse abbiamo sempre voluto che la persona amata avesse un'esistenza di fantasma


La frase, nel romanzo,  è in sordina: è riportata tra parentesi, quasi a confessare la verità inconfessabile.



Le  linee interpretative non si negano vicendevolmente. Un punto di vista più celeste ( o più terrestre ? ) del mio saprebbe come ricomporle. Io non ancora...ma mi sto attrezzando.


.

 Qui il trailer del film  "L'invenzione di Morel" di Emidio Greco


p.p.p.s.

Ho dato al post l'etichetta  "refrain"  non solo perchè nel libro c'è una situazione che si ripete: ho già pubblicato queste mie considerazioni sul romanzo di Bioy Casares nel mio precedente blog, Giac.ynta, quello che gestivo senza Giuliano ( che ha parlato del film tratto dal libro in una serie di post nel suo blog, giulianocinema  )  (qui ).

sabato 21 ottobre 2017

Vento del Nord


Da qualche giorno tirava un forte vento e la finestra, fino ad allora aperta, dovette essere chiusa. Eravamo agli inizi di maggio. Il sole inondava la mia camera la mattina presto, molto prima che a casa. La cupola d'oro scintillava per un istante, ma poi le nuvole tornavano a chiudersi su ogni cosa. Le gemme iniziavano appena ad apparire sugli alberi, poiché in Svezia la primavera arriva più tardi. Era dunque quello il vento del Nord? Credevo fosse più rude, più violento, più sonoro. I bollettini meteoreologici, a casa, parlano di "correnti nordiche" e io, leggendoli, avevo sempre pensato a uragani feroci come quelli descritti da Ossian, vortici tonanti nati all'interno dei fiordi. No, non era così. Tuttavia era diverso dai venti ungheresi. Questo era leggero, sottile e sereno, sfrenato ma non rabbioso. Fischiava allegro e indifferente. Il mondo sembrava oscillare ed era limpido e fresco come se fosse stato sollevato più in alto. Il mio olfatto, divenuto più fine da quando ero malato, sentiva il lontano profumo del mare.


Frigyes Karinthy, Viaggio intorno al mio cranio, ed. Bur

Traduzione dall'ungherese di Andrea Rényi













dipinto di Karen Hollingsworth

giovedì 19 ottobre 2017

Un'unica stella




Il cane l’orsa maggiore il cane minore l’auriga
la chioma di berenice andromeda arturo la lira
l’orsa minore perseo l’auriga il cane minore
andromeda cassiopea l’orsa maggiore le pleiadi
impeccabile solo il nord trafitto da un’unica stella.

( Toti Scialoja, da Le costellazioni )





                                                      





                                    





                                     (Cellarius, Harmonia macrocosmica)

martedì 17 ottobre 2017

Un mondo di odori


Mancava quasi un quarto d’ora alla partenza e il signor Aghios rallentò il passo. Forse aveva dimostrata troppa fretta di staccarsi dalla moglie e gli doleva ch’essa avrebbe potuto risentirsene perché, certo, essa meritava tutto, anche riguardi.
Un piccolo fox terrier venne esitante ad annusargli i piedi. “Sei già qui, vecchio amico?" pensò il vecchio. Certo non era il primo cane ch’egli vedesse a Milano, ma era il primo che gli si accostasse dacché egli era solo. E lo guardò con affetto, mentre il cane arretrò - cercava certo il suo padrone - e poi saltellò via guardando ancora un’ultima volta chi l’aveva spaventato, le molli orecchie giovanili aderenti alla testa. Il vecchio gli guardò dietro ammirando. Il passo su quattro zampe è sempre più ingenuo di quello su due. Quello del piccolo giovine cane, che ora saltellava ora cercava, con quei movimenti non ancora bene associati delle quattro zampe, era l’ingenuità stessa. E il signor Aghios pensò col cuore pesante ai grandi pericoli che la bianca bestia correva. "Guardati dal canicida!" pensò.
Grandi amici del viaggiatore sono i cani. Persino in Inghilterra somigliano ai nostri e ci fanno ritrovare in essi un pezzo di patria. Non meglio educati dei nostri, curiosi come questi di tutte le porcherie sulla via, invadenti, rumorosi, obbedienti quando conobbero la frusta, affettuosi e sempre stupiti che chi li ama non accetti di lasciar passarsi la loro lingua sulla faccia. Parlano la stessa lingua. E l’Aghios nella solitudine li amò e spiò scoprendone il carattere e le sue cause. Radicalmente differenti da noi, che guardiamo mentre essi annusano, è strano che fra noi e loro si sia costituita una relazione tanto intima, nostra grande fortuna, dal cane basata certo su un malinteso. Forse il gatto a noi s’accosta di più perché a noi meglio somiglia e meglio ci conosce. E il cane deve la sua sincerità al suo senso predominante, l’olfatto. Il suo modo di percepire gli fa credere che a questo mondo ogni tradimento sia subito scoperto perché egli non vede le superfici ingannevoli, egli analizza proprio l’anima delle cose, il loro odore. Può essere che anche il suo senso lo truffi o ch’egli spesso addenti degl’innocenti dall’odore sgradevole, ma egli non lo sa e se è impedito nel suo proposito s’adatta, ma ringhiando. Tante volte una legge superiore lo arresta e lo incatena e, senza convinzione, egli deve subirla; vi è abituato. Ma il proposito di tradire egli non può accogliere, pensando ch’egli col suo senso sarebbe capace di scoprirlo e tanto meglio dunque il suo padrone, che non sarebbe il suo padrone se non avesse dei sensi più perfetti dei suoi. Mondo sincero perciò quello degli odori. Pare però che si allontani dalla realtà più di quello delle linee e dei colori. Il povero cane è sempre il truffato perché male informato.
Tuttavia qualche dolore gli è risparmiato. In nessun posto egli è straniero. Il suo senso è essenzialmente socievole. Ogni incontro casuale si fa subito intimo e al naso vengono offerte per la verifica le parti più recondite. Rifiutarle è una vera sgarbatezza che provoca la reazione più violenta. Che vita più naturale che non la nostra! Nella via più affollata di Londra un uomo è null’altro nient'altro che un impedimento a procedere. Come fare? Anche se il signor Aghios fosse stato accettato quale dittatore della vita di società, egli non avrebbe saputo imporre il sorriso reciproco di saluto fra sconosciuti. Esso, imposto, sarebbe divenuto una smorfia orrida e mai avrebbe potuto significare un sincero saluto di fratello. L’affetto è anch’esso una fatica; e nessuno vi si sottopone per regola; il vero riposo è l'indifferenza. Dai cani, diretti dagli odori, l’indifferenza di fronte alla vita non c'è mai. Non sono mai semplici indifferenti stranieri, ma sempre amici o nemici.

(Italo Svevo, Corto viaggio sentimentale, pagine 13-15 edizione Dall'Oglio 1980)
(foto di André Kertesz, Parigi 1929)

domenica 15 ottobre 2017

Il commediante


Mi occupavo molto del piccolo gatto. D'altronde non era affatto piccolo, era cresciuto parecchio e aveva i muscoli ben sviluppati. il pelo lucido testimoniava la sua buona salute e i baffi si rizzavano folti e superbi. Era completamente diverso dalla madre, impetuoso, bisognoso d'affetto e sempre pronto a divertirsi. Aveva una vera passione per la commedia, con le parti principali sempre identiche: predatore infuriato, orribile e terrificante; gattino cucciolo, mansueto, derelitto e da compatire; pensatore riflessivo distaccato dalla vita quotidiana ( una parte che gli riusciva solo pochi minuti ), e gatto profondamente offeso, ferito nell'orgoglio maschile. Io ero tutto il suo pubblico;

                                                                                             Marlen Haushofer, La parete, ed. e/o
                                                                                             traduzione di Ingrid Harbeck
illustrazione di
Satoko Watanabe

venerdì 13 ottobre 2017

Nel fondo della foresta



Come un uccello canoro, nel fondo della foresta, canto lodi che tu non ascolterai mai...


Chissà poi cosa cantano davvero, gli uccelli canori, nel profondo della foresta... servirebbe appunto, per capirli, l'anello di Re Salomone.

Un clic qui per l'ascolto








No love is sorrow


Just like the songbird deep in the forest
i sing praises but you never hear
Deep in my body my song is silent
yet content at the times when you're near

Please listen to me and i will tell thee
all those words that have never been said
They shout inside of me but then the coward
behind a weak man starts ruling my head.

I never loved thee and not one other
will know sweetness that lies in my breast
'tis you that made me but have abided me

to uncover my heart to the stars

No love is sorrow but now i'm happy
to have thee in this world for my love
And now you must know my soul is for thee
that's why this life is my sorry love.

(da "Solomon's seal", testo e musica dei Pentangle.)




( il disegno è di Louise Richardson, il dipinto è di Alexander Mark Rossi )

mercoledì 11 ottobre 2017

Come la barba del bosco



E lei ripiegò il giornale e lo infilò nella stufa.

( … ; lui ) mentre continuava a parlare dell’arte di vivere come la barba del bosco, fissava il soffitto.

L’uomo non comprendeva la lentezza, ma soltanto ciò che si muoveva alla sua stessa velocità. La roccia che si spaccava e il bosco di pino che moriva e le pietre che spuntavano nel terriccio non li capiva, nemmeno le sue stesse unghie capiva, per quanto crescessero. Il tempo era capace di valutarlo ma non la lentezza. Era per questo che l’uomo leggeva i giornali, per gonfiarsi tutto di avvenimenti e di tempo. Ma la lentezza era estremamente più tenace e più forte del tempo. Il tempo finiva presto, mentre la lentezza non aveva quasi mai fine. Nella lentezza tutto era contenuto simultaneamente. Il tempo era come le zanzare e i pappataci, La lentezza era una vacca stesa tranquilla a ruminare.

Torgny Lindgren, Miele, ed.Giano

traduzione di Carmen Giorgetti Cima

                                                                                                                          dipinto di Carl Larsson



domenica 8 ottobre 2017

Vortice

Cominciò a essere notato molto tempo addietro lo strano nesso che un Sioux spontaneamente stabilisce fra una serie di enti per noi disparati: i bozzoli, che si legano alla nascita di ragni, farfalle, falene, ma anche agli alci, ai bisonti e ai lupi. Si è ricostruito il perché di questa trafila. Si osservi un bozzolo o crisalide: è l'avvolgersi vorticoso di fili setosi attorno a un asse vuoto; osservando con partecipazione si può sempre avvertire, ricostruire quel vorticare costitutivo. Dal bozzolo della crisalide spesso vediamo nell’estate nascere ragni, farfalle e falene, che osserveremo di poi vorticanti nel vento. Vedremo i ragni, avvolti nella loro tela, trasportati dal vento, percorrere centinaia di chilometri. Ma consideriamo nella secca estate alci, bisonti, lupi. Il maschio all’improvviso scalcia il suolo e la polvere si solleva in un gorgo, avvolgendosi alla femmina prescelta, isolandola. La stessa girandola esprime dunque anche l’essenza di questi quadrupedi.
Tutti questi esseri incarnano ciò che il Sioux agogna di ottenere: con l’aria anche lui desidera entrare in una relazione intima, con essa si vorrebbe immedesimare. Aspira a essere un vento rapinoso, ad attorcigliarsi subitaneo attorno alle prede e quindi a volar via di scatto. La sua sensibilità è più sottile della nostra. Coglie un'infinità di particolari, che sfuggono ai sensi riposati. Sorprende la velocità delle sue associazioni. Vive in un tempo accelerato rispetto al nostro e capirlo è arduo; cosi é quasi impossibile ghermire un animale dal tempo più svelto del nostro, colombo o rondinella che sia.


(Elemire Zolla, Lo stupore infantile, pag.96 edizione Adelphi 1994) (sul nomadismo)


















(il dipinto di William Blake è del 1799,
la foto ottocentesca
di un indiano Sioux è purtroppo senza indicazioni)

venerdì 6 ottobre 2017

J'ai tendu des cordes



Rimbaud scrive Illuminations negli anni in cui si muove tra Charleville, Parigi, Bruxelles, Londra, dunque tra il 1872 e il 1874. Il manoscritto dell'opera, affidato a Verlaine, verrà pubblicato nel 1885, all'insaputa di Rimbaud, su una rivista parigina.

Benjamin Britten mette in musica diversi componimenti di Rimbaud tratti da  Illuminations. Trovo particolarmente suggestivo un frammento tratto dalla sezione Phrases . E' qui ( è brevissimo )

J'ai tendu des cordes de clocher à clocher; des guirlandes de fenêtre à fenêtre; des chaînes d'or d'étoile à étoile, et je danse.


Ho teso corde da campanile a campanile ; ghirlande da finestra a finestra ; catene d’oro da stella a stella, e danzo.






Vrubel, Il demone



Qui Les Illuminations di B. Britten commentate da Ian Bostridge



mercoledì 4 ottobre 2017

Diavolo d'un cane ( III )


Un cane con gli occhi neri, che conosce il mio nome e che chiama alla mia porta; un cane con gli occhi neri, che chiede sempre di più. Ma io sto diventando vecchio e voglio andare a casa, sto diventando vecchio e non voglio sapere...
Ripensando alla vita così breve di Nick Drake (inglese, 1948-1974) il testo di questa sua canzone fa veramente venire i brividi. Ma, poi, chissà cosa aveva in mente quando l'ha registrata per noi, noi che oggi la ascoltiamo quarant'anni dopo.

Un clic qui per l'ascolto


Black eyed dog 
(Nick Drake)
A black eyed dog he called at my door
The black eyed dog he called for more
A black eyed dog he knew my name
A black eyed dog he knew my name
A black eyed dog
A black eyed dog.
I'm growing old and I wanna go home
I'm growing old and I don't wanna know
I'm growing old and I wanna go home.
A black eyed dog he called at my door
A black eyed dog he called for more...

lunedì 2 ottobre 2017

La città fenicottero



Dopo aver marciato sette giorni attraverso boscaglie, chi va a Bauci non riesce a vederla ed è arrivato. I sottili trampoli che s’alzano dal suolo a gran distanza l’uno dall’altro e si perdono sopra le nubi sostengono la città. Ci si sale con scalette. A terra gli abitanti si mostrano di rado: hanno già tutto l’occorrente lassù e preferiscono non scendere.Nulla della città tocca il suolo tranne quelle lunghe gambe da fenicottero a cui si appoggia e, nelle giornate luminose, un’ombra traforata e angolosa che si disegna sul fogliame. Tre ipotesi si danno sugli abitanti di Bauci: che odino la Terra; che la rispettino al punto d’evitare ogni contatto; che la amino com’era prima di loro e con cannocchiali e telescopi puntati in giù non si stanchino di passarla in rassegna, foglia a foglia, sasso a sasso, formica per formica, contemplando affascinati la propria assenza. 

Italo Calvino, Le città invisibili