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mercoledì 29 luglio 2020

Il sogno di Chuang Tzu


(Abbott Handerson Thayer)



Chuang Tzu sognò di essere una farfalla, e al risveglio non sapeva se fosse un uomo che aveva sognato di essere una farfalla o una farfalla che in quel mentre sognasse di essere un uomo.


Da Chuang Tzu (1889) di Herbert Allen Giles.a pag.28 di "Racconti brevi e straordinari" a cura di Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges (ed. FMR 1973, traduzioni di Gianni Guadalupi)




venerdì 8 novembre 2019

Nel retino di Nabokov


Con esche fatte di melassa e birra svaporata, un retino delicato e un barattolo con fondo di ovatta imbevuto d'etere, lo scrittore russo-americano Vladimir Nabokov andò come un bambino a caccia di farfalle per tutta la vita.


"Come una farfallina, ho svolazzato, svolazzato un po' e sono morto" diceva il protagonista del romanzo Bambocciata di Konstantin K. Vaginov.
 Una passione profonda, e anche, in alcuni periodi, un divertente modo per guadagnarsi il pane. Nel 1941, trasferitosi da poco con la famiglia negli Stati Uniti, ricevette dapprima l'incarico di riordinare la collezione di lepidotteri del Museo di Storia naturale di New York e, l'anno successivo, dopo un incontro con il professor Nathan Banks, direttore del dipartimento di Entomologia del Museo di Zoologia comparata di Harvard, ricevette l'incarico come "research fellow", sia pure a tempo parziale, presso quell'Università, di risistemare le collezioni esistenti.
(...)

Nabokov diviene un "cacciatore" anche in letteratura, attira nella sua rete così come le farfalle colorate lo catturano e si fanno catturare: " ciò che davvero conta in letteratura è samanstvo, vale a dire la capacità che l'oggetto letterario ha di incantare, di sedurre a sé il proprio lettore, di catturarlo all'interno dei labirinti del processo stesso della scrittura". Nel momento in cui Nabokov si apprestava a esordire nel campo della prosa, aveva compreso che "nell'arte, come nella scienza pura, il particolare è tutto".
Quando negli anni Cinquanta, Nabokov abbandonò il Museo di Zoologia e si dedicò all'insegnamento della letteratura, le farfalle entrarono anche lì:
" Nel mio corso di letteratura cerco di identificare la farfalla notturna che volteggia intorno alla lampada nella scena del bordello nell' Ulisse. E ci sono tre farfalle in Madame Bovary, una nera, una gialla e una bianca".
 Ma la scoperta più sensazionale di Nabokov è quella che la farfallina nel trittico di Bosch , Il giardino delle delizie, è un esemplare femminile della specie, comune in Europa, denominata Manila jurtina, "classificata da Linneo 250 anni dopo che il nostro pittore l'acchiappò in un prato fiammingo per collocarla nel suo Inferno..."

F.M. Cataluccio; Immaturità, ed. Einaudi ( qui )

( I disegni sono di Vladimir Nabokov )





venerdì 4 ottobre 2019

Farfalla di Guerra


(foto dal sito www.LucianaBartolini.net )

(...) Una mattina presto usciamo da queste baracche e vediamo che non c'è più un tedesco che ci sorveglia; e c'era il portone aperto, però nessuno voleva uscire perché si diceva: "se ci aspettano fuori e poi ci mitragliano?". E stiamo lì su quella porta aperta, con qualcuno che fa tre passi fuori e poi rientra, a godersi per qualche attimo la libertà. Finché, dopo un'ora di questa attesa, con un silenzio profondo da tutte le parti, in un gruppetto di tre o quattro ci avviamo. Raggiungiamo un bosco, e io quasi subito ho sentito che stavo respirando un'aria diversa, e mi guardo attorno come se volessi salutare la Natura, perché ormai era un'amica, e vedo una farfalla.
Ecco, su questo incontro ho fatto una poesia che l'ho detta un sacco di volte e che vi ripeto:
Contento, proprio contento,
sono stato molte volte nella vita;
ma più di tutte quando
mi hanno liberato in Germania
che mi sono messo a guardare una farfalla
senza la voglia di mangiarla.
(Tonino Guerra, dal documentario "Tonino Guerra - il poeta del cinema", regia di Nicola Tranquillino)




domenica 15 luglio 2018

Licene e gerani

Le licene (lycaenidae) sono proprio belle. Molto piccole e molto belle, coloratissime e con disegni e nuances inimmaginabili; e tutte molto diverse l'una dall'altra. Sono così tante e così diverse che gli entomologi dilettanti le amano e le cercano ovunque, in tutte le parti del mondo; uno di loro, il più famoso, è stato Vladimir Nabokov che ebbe anche l'onore di veder assegnato il suo nome a una specie da lui scoperta ( qui ). Una volta era facilissimo trovarle, erano dappertutto; oggi sono scomparsi i prati (cementati e asfaltati, o trasformati in superstrade e cavalcavia) e buttano diserbanti dappertutto. Perciò ero contento di trovarle sul balcone, le guardavo danzare e posarsi sui fiori. Poi un giorno, di primavera, al momento di comperare i fiori nuovi, ecco che mia mamma dice che non sceglierà più i gerani (pelargonium) perché "c'è sempre dentro il vermetto". Guardo i gerani sui banchi dei fioristi, al mercato, e mi sembrano belli, sani. Impossibile che vendano i gerani "col vermetto dentro", quindi ci deve essere una spiegazione. E la spiegazione (ci metto un po' a trovarla, bisogna trovare il libro giusto e prima di internet non era facile) è proprio davanti ai miei occhi: le licene. 

lunedì 27 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( I )


1.
La raccolta di “epistole entomologiche” di Guido Gozzano comincia con le vanesse, che sono tra le più belle delle nostre farfalle. Si riconoscono dal bordo caratteristico delle ali, e i loro bruchi si nutrono di piante che noi consideriamo cosa da poco, oppure dannose e fastidiose: il cardo, le ortiche. Eliminando queste comunissime piante, magari con i diserbanti, ci priviamo della vista di queste magnifiche vanesse, e so che a molti non importa ma rimane comunque un peccato.
Il titolo completo della raccolta è “Le farfalle”, con dedica ad Alba Nigra; alcune di queste poesie furono pubblicate sulla rivista “La Grande Illustrazione” nel 1914.
“Storia di cinquecento Vanesse” è composta di 91 versi, dove però alle vanesse è dedicato poco spazio, poco più di un accenno, e il vero corpo della poesia è dedicato all’ambiente accademico, con riferimenti a persone e fatti privati che oggi necessitano molto più delle note del curatore per essere comprese. Peccato, perché le Vanesse sono farfalle bellissime, tra le più belle in assoluto. Ne riporto qui l’inizio:

domenica 26 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( II )


2.
La seconda “epistola entomologica” di Guido Gozzano è di 123 versi (sono tutte molto lunghe) e si intitola “Dei bruchi”. Si tratta dei bruchi del baco da seta: la seta è stata prodotta anche da noi, quello dei bachi da seta era un allevamento molto comune, presente in quasi tutte le case dei contadini fino agli anni '50. Non è un allevamento difficile, ma è molto impegnativo: i bachi mangiano moltissimo, e sono velocissimi nel mangiare; quindi bisogna rifornirli di continuo, con i rami e le foglie del gelso.
Gozzano descrive i bruchi, poi ne seziona uno e ce ne descrive minutamente l’anatomia. Penso che Guido Gozzano sia stato l’unico poeta a scrivere in versi di queste cose.
Da questa poesia scelgo due frammenti. Nel primo, a partire dal verso 44, c’è la descrizione dei bachi mentre mangiano le foglie di gelso:

sabato 25 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( III )


3. Delle crisalidi
La poesia di Gozzano intitolata “Delle crisalidi” sembrerebbe essere la logica prosecuzione della precedente, che parla dei bruchi; in realtà è molto diversa e anche decisamente più bella.
Si tratta di 97 versi complessivi, che io porto qui a partire dal venticinquesimo verso. L’argomento è sempre il mistero della vita, la morte e la rinascita, il ciclo di trasformazione della materia.
Fare attenzione a questi versi:





                          La crisalide
ritrae la farfalla mascherata
come il coperchio egizio ritraeva
le membra della vergine defunta.
...
è la reggia del non essere più,
del non essere ancora. E qui la vita
sorride alla sorella inconciliabile
e i loro volti fanno un volto solo.



venerdì 24 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( IV )


4. Parnassius Apollo

Parnassius Apollo è una farfalla bianca, molto bella, che Guido Gozzano definisce “simbolo delle Alpi” all’inizio di una poesia lunga 105 versi, ad essa dedicata.
Il genere Parnassius è paradisiaco già nel nome scientifico, scelto da Carl von Linné nel '700; la specie scelta da Gozzano, "Parnassius Apollo L.", si trova anche in Italia ma bisogna andare in montagna, intorno ai mille metri d'altitudine.
La poesia di Gozzano (la definizione corretta è “epistola”) non mi sembra delle più felici, io la trovo un po’ troppo enfatica ma potrebbe essere solo una mia impressione.
Ne riporto qui alcuni passaggi: le pieridi citate nel finale sono sempre farfalle, e saranno oggetto della poesia successiva.
Mi piacciono soprattutto questi due versi:

e bene intende il sorgere dei miti
nei primi giorni dell'umanità;












giovedì 23 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( V )


5. La cavolaia
Una farfalla tra le più comuni: il bruco mangia le foglie delle verze, dei cavoli, che ancora molti tengono negli orti. Fa parte della famiglia delle Pieridi, che vanta numerose altre specie di grande semplicità e bellezza, come la cedroncella che è simile alla cavolaia ma più colorata.
La poesia di Gozzano è di 134 versi, e riserva più di una sorpresa. La prima parte è infatti dedicata a un parassita del bruco della cavolaia, un imenottero (parente delle vespe) che depone le sue uova pungendo il bruco. Il bruco fa poi la sua vita normale, diventa addirittura crisalide, ma poi dalle crisalide nascono le vespine: il bruco è stato divorato.
Gozzano osserva questa sequenza sconcertante, ed è il punto (dal verso 45) che mi interessa sottolineare:
Non divina e perfetta, ma potenza
maldestra, spesso incerta,  ...
per non perder pietà si fa spietata.
è il Paradiso di Dante, IV 105: per non perder pietà si fè spietato
 

Come in questa vicenda e in altre molte,
la Natura, che i retori vantarono
perfetta ed infallibile, si svela
stretta parente col pensiero umano!
Non divina e perfetta, ma potenza
maldestra, spesso incerta, esita, inventa,
tenta ritenta elimina corregge.
Popola il campo semplice del Tutto
d'opposte leggi e d'infiniti errori.
Madre cieca e veggente, avara e prodiga,
grande meschina, tenera e crudele,
per non perder pietà si fa spietata.
E quando vede rotta l'armonia
riconosce l'errore, vi rimedia
con nascite novelle ed ecatombi.
Essa accenna alla Vita ed alla Morte;
e le custodi appaiono, cancellano,
ritracciano la strada ed i confini.
(pag.266-67)
Il resto della poesia è pura descrizione, ma questo frammento sembra tratto dal Leopardi delle Operette Morali.
(le fotografia vengono dal sito di Luciana Bartolini, che è di quelli da non perdere)

mercoledì 22 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( VI )

6. Aurora, Anthocaris cardamines

Anthocaris cardamines è una farfalla bianca, con le estremità delle ali di colore arancio. Dopo la cavolaia, ecco un’altra farfalla molto semplice e molto bella da vedere.
Vive nei prati, ed è una delle prime farfalle ad apparire quando finisce l'inverno; Gozzano le dedica una poesia di 81 versi (la più breve di questo ciclo) con citazioni da Heine (la quinta stagione, non ancora primavera e non più inverno). Per Gozzano, questa farfalla è l’annuncio della Primavera.

La Primavera non è giunta ancora,
ma l'Antòcari vola e il cuore esulta!
La messaggiera della Primavera
è timida, sfuggevole alle dita,
cosciente di sua fragilità;
quasi non vola, s'abbandona al vento (...)
(versi 46-50)

Visita i fiori, intepidisce il regno
per le grandi farfalle che verranno,
poi, giunta al varco della vita breve,
congeda il Marzo, volgesi all'Aprile:
Aprile! Marzo andò: tu puoi venire!...
(finale, pag.272)


(le immagini vengono dal sito di Luciana Bartolini, che è molto bello e ricchissimo di fotografie; si tratta sempre di Anthocaris Cardamines, quello colorato è il maschio, quella bianca e nera è la femmina)

lunedì 20 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( VII )

7. Ornithoptera pronomus
E’ una farfalla che in Italia non c’è: un amico manda a Gozzano due farfalle da Sumatra. Qui vale la pena ricordare che Gozzano stesso visitò l’India (« Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India», pubblicato postumo nel 1917).
Ho trovato qualche difficoltà col nome scientifico citato da Gozzano nei suoi versi: probabilmente è Ornithoptera priamus, su internet non c’è traccia della “pronomus” (forse una denominazione ottocentesca?). Il nome significa “ali d’uccello”, e in effetti è una farfalla decisamente grossa: alcune specie di Ornithoptera possono arrivare fino a 31 centimetri di apertura alare.

La poesia è di 83 versi, non direi che sia particolarmente interessante. Nelle note c’è il testo della lettera spedita dall’amico insieme alle due farfalle:
Nell'abbozzo si legge: « Un mio amico, il medico di marina Carlo Quinteri, mi manda due farfalle dell'isola di Sumatra. Ho fra le mani la cassetta cubica, fasciata di carta giapponese, legata e suggellata di lacca, segnata di bolli sconosciuti. L'apro. Contiene una cassetta piú piccola, di foglie tessute, ed una cartolina illustrata: un mare calmo con tre piroghe aguzze, una linea di terre lontane dove svettano centinaia di cocchi altissimi ». « La cartolina dice: "Mio caro Gozzano, siamo qui, ospiti dell'Ambasciata inglese. Che terra paradisiaca! Penso a te, così appassionato degli insetti, dei fiori, della vita delle piccole cose. Diventeresti pazzo. Abbiamo fatto una corsa nell'interno; che bellezza ubriacante, inverosimile! Ti mando due farfalle che trovai accoppiate sopra un'orchidea spaventosa. Ti mando l'orchidea. Ricordami. Ti abbraccio attraverso lo spessore della terra che ci divide" ».
...Mi saluta un mio pallido fratello
navigatore in quelle parti calde
d'India, mi parla delle mie raccolte,
ricorda la mia grande tenerezza
per le cose che vivono, rimpiange
di non avermi seco nelle valli favolose (...)
versi 5-10
L’orchidea è raggrinzita e poco riconoscibile, Gozzano la descrive così:
Nell'abbozzo: « Sollevo lentamente il coperchio di paglia tessuta; accanto all'orchidea disseccata come uno gnomo mummificato, stanno le due farfalle meravigliose con le ali enormi rigide, d'un verde nero, raccolte quali le compose il mio amico navigatore nell'arcipelago degli antipodi (...) ».
Segue una lunga descrizione, dove Gozzano sottolinea la grandezza delle ali e una vaga somiglianza con i nostri papilionidi: macaone e podalirio, farfalle molto belle e molto comuni anche qui da noi in Italia (comuni prima dei diserbanti e dell’asfalto, si intende). La bellezza della farfalla orientale è definita da Gozzano con l’aggettivo “barbarica”, in contrasto con le nostre farfalle, di una bellezza meno invadente.
In definitiva, è forse la meno riuscita delle nove “epistole poetiche” dedicate da Gozzano alle farfalle.
(pagine 274-278 dell'edizione BUR a cura di Barberi Squarotti)


domenica 19 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( VIII )

8. Acherontia atropos
Le farfalle sono innocue, tutte. Diurne e notturne, grandi e piccole, tarme e falene, grigie o colorate, tutte innocue; al massimo, una farfalla può provocare un po’ di solletico. Quando si parla di specie nocive ci si riferisce alle coltivazioni, ed è del bruco che si parla, non certo della farfalla adulta. Alcuni bruchi, come le larve della processionaria, possono avere peli urticanti; ma se noi non li tocchiamo non ci succede niente. Nessuna farfalla morde, nessuna farfalla punge, i bruchi mangiano soltanto foglie, steli, legno.
Fatta questa premessa, sicuramente noiosa ma purtroppo indispensabile, continuo ad esaminare le farfalle descritte da un celebre scrittore: prima di Vladimir Nabokov, infatti, c’è stato Guido Gozzano (1883-1916, torinese), un autore che rientra anche nei nostri programmi scolastici. Tra quelle descritte da Gozzano, questa si chiama Acherontia Atropos: una delle più famose in assoluto per via del disegno che porta ben visibile sul dorso, e che somiglia a un teschio: anch’essa del tutto innocua, ovviamente. Come dicevo qui sopra, non esistono farfalle che mordano o pungano. 


I disegni che troviamo in natura sono spesso molto curiosi, basti pensare c’è un tipo di uva bianca che ha spesso disegni curiosi sugli acini: qualche anno fa ne ho trovato con una croce perfetta (era il giorno in cui si festeggia padre Pio, per chi fosse interessato conservo la foto), il mese scorso su un acino di quella stessa varietà era disegnata una A maiuscola perfetta, in stampatello. Tagliando una melanzana, la notizia era sui quotidiani qualche tempo fa, alcuni fedeli mussulmani hanno letto il nome di Allah tra le righe interne dell'ortaggio: significa qualcosa? Sono forse dei messaggi? Sono dei messaggi anche i disegni del manto dei leopardi? (Jorge Luis Borges ha scritto un magnifico racconto, su questo soggetto). E i vari colori e disegni dei gatti, o delle galline? Hanno un significato anch'essi?

sabato 18 febbraio 2017

Le farfalle di Gozzano ( IX - finale)

9. Macroglossum Stellatarum.
Dopo la Acherontia Atropos, Guido Gozzano dedica una poesia a un’altra farfalla degli Sfingidi, ma questa volta una presenza simpatica, allegra: l’unica sfingide diurna, Macroglossum Stellatarum.
A vederla somiglia molto ai colibrì, che peraltro non sono molto più grandi di lei; si ferma in volo a qualche distanza dal fiore, come sospesa, e da lì estromette la sua lingua a spirale - quella che le ha procurato il nome scientifico, Macroglossa infatti significa “grande lingua”, in greco.

A me piace molto questa farfalla; oltre al colibrì, sia per il colore beige che per la peluria soffice e il corpo tozzo, mi ricorda gli orsetti di pezza. Non sono mai riuscito a capire come mai in alcune persone queste farfalle suscitino sentimenti negativi, forse pensano che sia un’ape e che possa pungere, chissà: ma si vede subito che non è un’ape e nemmeno una vespa o un uccellino, è proprio una farfalla, non molto grande (quattro o cinque centimetri). Il bruco vive su una pianta che si chiama Galium (Stellaria, Rubia); è un’altra farfalla che compie lunghe migrazioni, dall’Asia all’Europa. Tra gli sfingidi, è l’unica attiva solo di giorno; è una bella farfallotta che dà allegria, prima della Pedemontana e della tangenziale e del parcheggio (eccetera) era frequente anche sul mio balcone - ora non più, peccato.
Guido Gozzano racconta di una macroglossa stellatarum che gli entra in casa dalla finestra, attirata da una rosa recisa e messa in un vaso; ne fa una descrizione molto accurata, ma poi il discorso cambia, questa farfalla gli serve solo come introduzione a un discorso più vasto. La poesia è molto lunga, 202 versi; di questi, solo i primi 36 sono dedicata alla piccola sfinge, gli altri sono dedicati al rapporto tra i fiori e gli insetti, un excursus storico e naturalistico molto ben fatto, che parte da Linneo e da Maeterlinck, toccando Lucrezio (De rerum Natura) e la meraviglia della Creazione – o se si preferisce della Natura, di cui anche noi facciamo parte.
Una cosa curiosa viene sottolineata dalle note di Giorgio Barberi Squarotti: uno dei versi di Gozzano, “si dileguò come da corda cocca”, è preso da Dante: si trova in Inferno XVII 136.

Di questa poesia riporto solo l’inizio, cioè la parte strettamente dedicata alla Macroglossa Stellatarum.