sabato 17 dicembre 2022

qual foco a sfera, e qual ruscello a mare

 

Riporto di seguito uno scritto di Giuliano ( pubblicato tempo fa sul suo blog, "deladelmur")  dedicato a Claudio Monteverdi.





A scuola ho avuto un buon insegnante di lettere, ma i programmi delle scuole sono quello che sono, e lo sappiamo tutti. Ti fanno disamorare di Leopardi, per esempio; e tacciono del tutto su poeti straordinari. Per fortuna, dopo il diploma (perito chimico) non ho più avuto obblighi di esami o interrogazioni, ed ho potuto sfogarmi. Il mondo dell'opera, per esempio, mi ha portato a scoperto straordinarie: Lorenzo Da Ponte e i suoi libretti per Mozart, ma anche quello che Ranieri de' Calzabigi scrisse per Gluck.

Andando ancora più indietro nel tempo, Monteverdi. Nei madrigali di Monteverdi ho trovato Tasso e Petrarca, ma anche tanti altri dei quali ignoravo l'esistenza, come quell'Alessandro Striggio che scrisse per lui l'Orfeo. Ma, per esempio, e per citare un poeta che ben difficilmente troverete nei libri scolastici, cosa può dire un innamorato sotto il balcone dell'amata che lo ha abbandonato per un uomo ricco e potente ? Se è in un'opera di Monteverdi, questo:                       ( qui per l'ascolto )


E pure io torno qui, qual linea al centro,

qual foco a sfera, e qual ruscello al mare,

e se ben luce alcuna non appare

ah, so ben io che sta il mio sol qui dentro.

Caro tetto amoroso,

albergo di mia vita e del mio bene,

il passo e 'l cor ad inchinarti viene.

Apri, apri un balcon, Poppea,

col bel viso in cui son le sorti mie,

previeni, anima mia, precorri il die.

Sorgi, e disgombra homai

da questo ciel caligini e tenebre

con il beato aprir di tue palpebre.

Sogni, portate a volo

su l'ali vostre in dolce fantasia

questi sospir alla diletta mia.

(aria di Ottone, da L'incoronazione di Poppea ) (versi di Francesco Busenello )


Purtroppo, è ancora molto diffuso il vizio di affidare quest’aria a falsettisti più o meno intonati, rendendo così poco più che una curiosità questa musica meravigliosa. Si ascolta “l’uomo che canta con la voce da donna” e si perde del tutto il senso del discorso: si finisce per considerare tutta l’opera lirica come un’inutile bizzarria, per non dire altro. Ricordo invece bellissime esecuzioni di questa melodia ad opera di voci femminili (per esempio Bernadette Manca di Nissa, che la cantò alla Scala negli anni ’90), purtroppo introvabili. Il vero rimpianto, però, è Tito Schipa: che l’avrebbe cantata magnificamente, come nessun altro al mondo, con voce di tenore.


PS: i concetti esposti all’inizio, “qual foco a sfera, e qual ruscello al mare”, sono di origine matematica e alchemica. Monteverdi era figlio di un medico e farmacista, e nel ‘500 il confine tra alchimia, chimica, medicina e farmacia era ancora molto labile. Si tratta comunque di immagini rare e affascinanti, anche solo ad una semplice lettura: la ricchezza della poesia e della letteratura di quel tempo (si pensi all’Ippogrifo dell’Ariosto) oggi ci sembra strana ed esagerata, e io direi che succede perché il nostro immaginario, svilito prima dalla tv commerciale e poi dal 3D e dai videogames, è ormai ridotto a ben poca cosa.

Giuliano Bovo

mercoledì 14 dicembre 2022

Il riccio nella nebbia

 I film di animazione, come gli haiku, brevi ma densi, possono suggerire tante cose. Ad essere rappresentata  qui è la storia di un riccio che si perde nella nebbia. 


E' un'opera di Jurij Borisovič Norštejn

venerdì 9 dicembre 2022

Nella grande solitudine

fotogramma di Salmonberries


 Dal racconto "Nella grande solitudine" in Le civette impossibili di Brian Phillips


Colin aveva un modo fascinosamente bizzarro di continuare a guardarti negli occhi pur morendo di imbarazzo per il fatto di essere osservato - lo stesso che potrebbe avere tua cugina dark quindicenne. E' una cosa che ho notato più volte negli abitanti delle zone remote dell'Alaska, la sensibilità totale e indifesa nei confronti degli sconosciuti. Era come se l'isolamento avesse impedito loro di rendersi insensibili alla presenza degli altri. Quando cammini per strada a Manhattan riesci magari a intuire che ogni persona che incroci è una costellazione di memorie e sensazioni vasta e unica quanto quello che hai dentro tu, ma è impossibile apprezzarlo davvero, una persona dopo l'altra: diventeremmo pazzi. Vivere tra la folla ci anestetizza all'effetto dei volti. La terra incognita di ogni sguardo, come la chiamava Saul Bellow. Ma se ti fai due passi nell'Alaska remota, anche solo per comprarti un sacchetto di patatine al negozio del paesino, spesso la reazione che ottieni è tipo: SALVE, VASTO E TERRIFICANTE COSMO DELLA PERSONALITA'. I varchi sono spalancati.

 

 

lunedì 5 dicembre 2022

Il suono dell'abete rosso


 

illustrazione di Stefano Mancuso
"All'inizio di ogni storia c'è una pianta", osserva Stefano Mancuso, l'agronomo autore della raccolta di racconti  La pianta del mondo. E come poteva non essere altrimenti, visto che " noi animali rappresentiamo soltanto un misero 0,3% della biomassa, mentre le piante l'85% (...). Questo pianeta è un mondo verde, è il pianeta delle piante. Non è possibile raccontarne una storia senza incappare nei suoi abitanti più numerosi. (...) Sono dappertutto e le loro avventure si intersecano inevitabilmente alle nostre".

Nel IV dei racconto de La pianta del mondo, è l'abete rosso ad essere protagonista e la sua vicenda si lega a quella dei più famosi liutai: Stradivari, Amati , Guarneri del Gesù. E' dall'abete rosso che questi liutai hanno ricavato le tavole armoniche dei violini più esclusivi realizzati tra il XVI e il XVIII secolo. E' stato l'abete rosso a produrre il cosiddetto "legno di risonanza", in particolare  l'abete che cresceva in una località ad alta quota del Trentino. Il legno di abete rosso poteva garantire, grazie ai suoi minuscoli canali resiniferi, divenuti cavi all'interno con la stagionatura, la perfetta conduzione del suono. Gli abeti rossi deputati a divenire "piante da musica" hanno avuto bisogno di crescere a una notevole altitudine, su terreni poveri e su versanti esposti a Nord. Tutte queste condizioni ne hanno rallentato la crescita e la hanno resa regolare, garantendo un tronco privo di torsioni o nodi. Sono queste le principali variabili che hanno reso l'abete rosso idoneo a essere utilizzato per le tavole armoniche di grande pregio. Anche l'età della pianta si è rivelata un requisito fondamentale. Stradivari si avvaleva di legni ricavati da alberi vecchi anche duecento anni. I grandi liutai sapevano scegliere l'albero giusto e ricavare da questo certamente più di un violino. Il segreto del suono dei più pregiati strumenti ad arco di qualche secolo fa risiede essenzialmente nella individuazione sapiente di legni dalla struttura compatta e con anelli di accrescimento denotanti una crescita lenta e regolare. Bello pensare che i suoni più limpidi provengano da alberi cresciuti in alta montagna , più vicini  al cielo.

Storia, arte, biologia si intrecciano nei tanti racconti de La pianta del mondo e questa interconnessione rende la lettura avvincente e piacevolissima.