sabato 17 dicembre 2022

qual foco a sfera, e qual ruscello a mare

 

Riporto di seguito uno scritto di Giuliano ( pubblicato tempo fa sul suo blog, "deladelmur")  dedicato a Claudio Monteverdi.





A scuola ho avuto un buon insegnante di lettere, ma i programmi delle scuole sono quello che sono, e lo sappiamo tutti. Ti fanno disamorare di Leopardi, per esempio; e tacciono del tutto su poeti straordinari. Per fortuna, dopo il diploma (perito chimico) non ho più avuto obblighi di esami o interrogazioni, ed ho potuto sfogarmi. Il mondo dell'opera, per esempio, mi ha portato a scoperto straordinarie: Lorenzo Da Ponte e i suoi libretti per Mozart, ma anche quello che Ranieri de' Calzabigi scrisse per Gluck.

Andando ancora più indietro nel tempo, Monteverdi. Nei madrigali di Monteverdi ho trovato Tasso e Petrarca, ma anche tanti altri dei quali ignoravo l'esistenza, come quell'Alessandro Striggio che scrisse per lui l'Orfeo. Ma, per esempio, e per citare un poeta che ben difficilmente troverete nei libri scolastici, cosa può dire un innamorato sotto il balcone dell'amata che lo ha abbandonato per un uomo ricco e potente ? Se è in un'opera di Monteverdi, questo:                       ( qui per l'ascolto )


E pure io torno qui, qual linea al centro,

qual foco a sfera, e qual ruscello al mare,

e se ben luce alcuna non appare

ah, so ben io che sta il mio sol qui dentro.

Caro tetto amoroso,

albergo di mia vita e del mio bene,

il passo e 'l cor ad inchinarti viene.

Apri, apri un balcon, Poppea,

col bel viso in cui son le sorti mie,

previeni, anima mia, precorri il die.

Sorgi, e disgombra homai

da questo ciel caligini e tenebre

con il beato aprir di tue palpebre.

Sogni, portate a volo

su l'ali vostre in dolce fantasia

questi sospir alla diletta mia.

(aria di Ottone, da L'incoronazione di Poppea ) (versi di Francesco Busenello )


Purtroppo, è ancora molto diffuso il vizio di affidare quest’aria a falsettisti più o meno intonati, rendendo così poco più che una curiosità questa musica meravigliosa. Si ascolta “l’uomo che canta con la voce da donna” e si perde del tutto il senso del discorso: si finisce per considerare tutta l’opera lirica come un’inutile bizzarria, per non dire altro. Ricordo invece bellissime esecuzioni di questa melodia ad opera di voci femminili (per esempio Bernadette Manca di Nissa, che la cantò alla Scala negli anni ’90), purtroppo introvabili. Il vero rimpianto, però, è Tito Schipa: che l’avrebbe cantata magnificamente, come nessun altro al mondo, con voce di tenore.


PS: i concetti esposti all’inizio, “qual foco a sfera, e qual ruscello al mare”, sono di origine matematica e alchemica. Monteverdi era figlio di un medico e farmacista, e nel ‘500 il confine tra alchimia, chimica, medicina e farmacia era ancora molto labile. Si tratta comunque di immagini rare e affascinanti, anche solo ad una semplice lettura: la ricchezza della poesia e della letteratura di quel tempo (si pensi all’Ippogrifo dell’Ariosto) oggi ci sembra strana ed esagerata, e io direi che succede perché il nostro immaginario, svilito prima dalla tv commerciale e poi dal 3D e dai videogames, è ormai ridotto a ben poca cosa.

Giuliano Bovo

mercoledì 14 dicembre 2022

Il riccio nella nebbia

 I film di animazione, come gli haiku, brevi ma densi, possono suggerire tante cose. Ad essere rappresentata  qui è la storia di un riccio che si perde nella nebbia. 


E' un'opera di Jurij Borisovič Norštejn

venerdì 9 dicembre 2022

Nella grande solitudine

fotogramma di Salmonberries


 Dal racconto "Nella grande solitudine" in Le civette impossibili di Brian Phillips


Colin aveva un modo fascinosamente bizzarro di continuare a guardarti negli occhi pur morendo di imbarazzo per il fatto di essere osservato - lo stesso che potrebbe avere tua cugina dark quindicenne. E' una cosa che ho notato più volte negli abitanti delle zone remote dell'Alaska, la sensibilità totale e indifesa nei confronti degli sconosciuti. Era come se l'isolamento avesse impedito loro di rendersi insensibili alla presenza degli altri. Quando cammini per strada a Manhattan riesci magari a intuire che ogni persona che incroci è una costellazione di memorie e sensazioni vasta e unica quanto quello che hai dentro tu, ma è impossibile apprezzarlo davvero, una persona dopo l'altra: diventeremmo pazzi. Vivere tra la folla ci anestetizza all'effetto dei volti. La terra incognita di ogni sguardo, come la chiamava Saul Bellow. Ma se ti fai due passi nell'Alaska remota, anche solo per comprarti un sacchetto di patatine al negozio del paesino, spesso la reazione che ottieni è tipo: SALVE, VASTO E TERRIFICANTE COSMO DELLA PERSONALITA'. I varchi sono spalancati.

 

 

lunedì 5 dicembre 2022

Il suono dell'abete rosso


 

illustrazione di Stefano Mancuso
"All'inizio di ogni storia c'è una pianta", osserva Stefano Mancuso, l'agronomo autore della raccolta di racconti  La pianta del mondo. E come poteva non essere altrimenti, visto che " noi animali rappresentiamo soltanto un misero 0,3% della biomassa, mentre le piante l'85% (...). Questo pianeta è un mondo verde, è il pianeta delle piante. Non è possibile raccontarne una storia senza incappare nei suoi abitanti più numerosi. (...) Sono dappertutto e le loro avventure si intersecano inevitabilmente alle nostre".

Nel IV dei racconto de La pianta del mondo, è l'abete rosso ad essere protagonista e la sua vicenda si lega a quella dei più famosi liutai: Stradivari, Amati , Guarneri del Gesù. E' dall'abete rosso che questi liutai hanno ricavato le tavole armoniche dei violini più esclusivi realizzati tra il XVI e il XVIII secolo. E' stato l'abete rosso a produrre il cosiddetto "legno di risonanza", in particolare  l'abete che cresceva in una località ad alta quota del Trentino. Il legno di abete rosso poteva garantire, grazie ai suoi minuscoli canali resiniferi, divenuti cavi all'interno con la stagionatura, la perfetta conduzione del suono. Gli abeti rossi deputati a divenire "piante da musica" hanno avuto bisogno di crescere a una notevole altitudine, su terreni poveri e su versanti esposti a Nord. Tutte queste condizioni ne hanno rallentato la crescita e la hanno resa regolare, garantendo un tronco privo di torsioni o nodi. Sono queste le principali variabili che hanno reso l'abete rosso idoneo a essere utilizzato per le tavole armoniche di grande pregio. Anche l'età della pianta si è rivelata un requisito fondamentale. Stradivari si avvaleva di legni ricavati da alberi vecchi anche duecento anni. I grandi liutai sapevano scegliere l'albero giusto e ricavare da questo certamente più di un violino. Il segreto del suono dei più pregiati strumenti ad arco di qualche secolo fa risiede essenzialmente nella individuazione sapiente di legni dalla struttura compatta e con anelli di accrescimento denotanti una crescita lenta e regolare. Bello pensare che i suoni più limpidi provengano da alberi cresciuti in alta montagna , più vicini  al cielo.

Storia, arte, biologia si intrecciano nei tanti racconti de La pianta del mondo e questa interconnessione rende la lettura avvincente e piacevolissima.

domenica 27 novembre 2022

Un volto stanco

 

Riporto oggi il primo di quattro scritti di Giuliano su un noto film di Federico Fellini, "Roma". Rileggendolo su giulianocinema, ho trovato  delineato con cura  un dettaglio, mi riferisco all'espressione assunta dall'ingegnere che guida i lavori di scavo della metropolitana romana e che rivela il modo di essere e di sentire del capocantiere, un modo apprezzato da Giuliano.




Roma di Fellini ( I )

Roma (1972) Regia: Federico Fellini - Soggetto e sceneggiatura: Federico Fellini, Bernardino Zapponi - Fotografia: Giuseppe Rotunno. Musica: Nino Rota, diretta da Carlo Savina - Ideazione scenografica: Federico Fellini - Scenografia e costumi: Danilo Donati . Coreografia: Gino Landi - Affreschi e ritratti: Rinaldo Antonello, Giuliano Geleng . Con: Peter Gonzales (Fellini a 18 anni), Fiona Florence (Dolores), Marne Maitland (guida alle catacombe “underground guide”), Britta Barnes, Pia De Doses (la principessa), Renato Giovannoli (card. Ottaviani), Elisa Mainardi, Paule Rout, Paola Natale, Marcelle Ginette Bron, Mario Del Vago, Alfredo Adami, Stefano Mayore, Gudrun Mardou Khiess, Giovanni Serboli, Angela De Leo, Libero Frissi, Dante Cleri, Mimmo Poli, Galliano Sbarra (presentatore avanspettacolo), Alvaro Vitali (si esibisce al Teatro Jovinelli), Norma Giacchero, Federico Fellini. Sono stati intervistati: Marcello Mastroianni, Anna Magnani, Gore Vidal, John Francis Lane, Alberto Sordi. Durata: 119



La troupe che sta girando il film sta per scendere nel sottosuolo, negli scavi per la metropolitana che era allora in costruzione. A fare da guida c’è un uomo, che di solito viene presentato come “guida alle catacombe”, e che su Imdb è indicato come “underground guide”: a tutti gli effetti, lo si direbbe piuttosto un ingegnere capocantiere, e così lo chiamerò d’ora in avanti. D’altra parte, il suo rapporto con gli operai parla chiaro; e che sia lui a fare da guida alla troupe è più che naturale. L’ingegnere è piccolo di statura, vestito con eleganza ma poco appariscente, gentile e distaccato, competente e disponibile; si vede subito che gli operai lo trattano con rispetto e anche con affetto, ma il suo è un volto senza entusiasmo.

venerdì 25 novembre 2022

Sandy Denny, " The sea"




Un clic Qui per l'ascolto

Qui uno scritto di Giuliano su Sandy Denny








martedì 22 novembre 2022

"Il maestro della cascata" di Christoph Ransmayr



dipinto di Paul Klee



 La centralità data dall'autore al protagonista e al suo sentire sembrerebbe far retrocedere in secondo piano la trama e il motivo distopico. In realtà, la riduzione dello spazio vitale, delle risorse essenziali, della stessa indipendenza dei singoli individui - nel mondo descritto da Christoph Ransmayr - non può che determinare un unico spazio delle possibilità, di libertà, quello del pensiero, della memoria. Sembra che la vera consistenza del mondo futuro quasi senza terra e materia - prospettato dall'autore - risieda solo nell'intimo sentire individuale e nel racconto che, di questo, il singolo individuo può fare a se stesso, e forse solo a se stesso. A rappresentare la smaterializzazione e l'aleatorietà del mondo esterno, una figura femminile dalle ossa fragilissime, "di vetro" che assumerà invece peso e forza esponenziali nel pensiero del protagonista.

Qui la trama

venerdì 11 novembre 2022

A proposito del processo creativo

 

Da "Parole salvate dalle fiamme" ed. Rosellina Archinto


Il poeta è perseguitato non da un tema, ma da una sensazione.  Il suo stato d’animo è determinato proprio dalla sensazione, febbrile, e muta. Essa scaturisce dentro di lui con un certo ritmo, dettato dalla natura stessa della sensazione. E facendo appena in tempo ad attraversare frettolosamente il pensiero, essa tenta già di prendere forma in parole ritmate, in un verso rimato, in intonazione. Cresce l’inquietudine della sensazione, il poeta si affretta a incanalarla nella parola, mentre ancora non ha le idee chiare su quell’argomento, e nel suo cervello scivolano soltanto allusioni, lapsus, intuizioni- ma la sensazione è assolutamente chiara, definita e non può essere verificata e ritrovata attraverso la ripetizione di ciò che è stato scritto. La poesia è una sensazione filtrata in maniera particolare.

Varlam Tichonovič Šalamov


                                                                   


  


La citazione che ho riportato è una considerazione di Varlam Tichonovič Šalamov, rinvenibile in un prezioso volume che raccoglie la corrispondenza epistolare tra  due poeti, Pasternak e Šalamov e che consente di entrare nella sfera letteraria e umana dei due scrittori. Šalamov scrisse per la prima volta a Pasternak nel febbraio del 1952; si trovava già da quindici anni lontano dai suoi affetti, isolato perché confinato nell'estremo Nord della Russia, dopo le accuse mossegli di attività contro rivoluzionaria.  


martedì 1 novembre 2022

A proposito del cielo

 da " Un eroe del nostro tempo" di Michail Jur'evič Lermontov


Le stelle brillavano sulla volta azzurro scura, e mi veniva da ridere a pensare che un tempo c’erano stati degli uomini molto saggi e convinti che gli astri celesti prendessero parte alle nostre dispute meschine per uno straccio di terra o altri diritti immaginari. E allora ? quelle lampade, a loro parere accese per illuminare i loro trionfi e le loro battaglie, splendono con lo stesso fulgore di prima, mentre le loro passioni e speranze si sono estinte da tempo con loro, come il focherello acceso al limitare del bosco da uno spensierato viandante!



illustrazione di Quint Buchholz

mercoledì 5 ottobre 2022

Un sognatore

 

 E allora, mentre cala la sera, un cupo senso di irrealtà deprime il mio spirito e mi costringe ad avventurarmi fuori, prima che l'orologio suoni l'ora di andare a letto, per convincermi che tutto il mondo non è fatto di cose così nebulose come quelle che mi hanno occupato per tutto il giorno. Un sognatore può indugiare così a lungo tra le sue fantasie che le cose fuori di lui possono sembrare irreali come quelle dentro.

da "Bozzetti notturni" in "Racconti raccontati due volte" di Nathaniel Hawthorne, ed. Garzanti

Traduzione di Marco Papi

sabato 1 ottobre 2022

Fade Into You




                                                                      un clic qui


info


( l'immagine è un mio dipinto ispirato a " Il gioco del destino e della fantasia ", film di Ryûsuke Hamaguchi )

sabato 17 settembre 2022

Amorevoli rime

Diversi anni fa, Giuliano ha pubblicato alcune delle sue rime su Golem l'indispensabile, la rivista online ( adesso non più visibile in rete  ) fondata da Umberto Eco.  Ripropongo qui brevi composizioni apparse sulla rivista n.36, gennaio 2004. A me sembrano deliziose :-)










LIMERICK

Un sogno quieto che mi porta a Brescia;
trovo il mio amore che subito mi lascia,
dolce il sorriso il portamento dell'amica,
tra tulipani e mulini a vento, è storia antica:
che tutto è bello ma gira alla rovescia.




SILENZIO

Gli innamorati silenziosi tacciono
ad ogni istante col silenzio accrescono
del vivere il disagio e del conoscere.
Tacciono fragorosi
o ridono ma senza parere;
anch'io con loro taccio
ed in silenzio sorrido
ma sempre senza far rumore.




L'ALTRO

Tu vorresti ch'io fossi diverso
tu vorresti colui ch'io non sono;
mi sorprendo a sognarmi diverso
mi sorprendo a sognarmi un altr'uomo -
ma il me stesso che più ti sorprende
ciò che cerchi in me stesso è quest'uomo
che severo ti s'erge davanti
che sorride col bavero in mano
a nasconder se stesso a celarsi
ma soltanto per ben rivelarsi -
è me stesso che cerchi o un altr'uomo?




MIELE

Come ape industriosa
io ti posseggo
Nettare d'un bel fiore
aspiro annuso e assaggio
il nettare del mio amore.




Giuliano Bovo








domenica 21 agosto 2022

Major Tom to ground control


Giuliano, coautore di questo blog, ha pubblicato in "Deladelmur" scritti che mi mi piace  rileggere.  Ne ho trovato uno stamattina che vorrei condividere.

Per leggerlo un clic qui


 

domenica 7 agosto 2022

Medusa

 

La Medusa lamentosa

che s’inalbera col vento

che scompiglia la sua chioma

ogni sibilo è un serpente

ogni grido è voce al vento.

Lamentosa è la Medusa,

è una Furia il suo lamento,

è una serpe

volta al vento.


Giuliano Bovo


(fonte dell'immagine qui )

lunedì 4 luglio 2022

Latebra

 

 Ho uno strano ricordo di mia nonna. Dovevo avere circa quattro anni, forse anche meno. (...)  abbiamo mangiato nella veranda, seduti a tavola uno di fronte all'altro. Non ricordo che cosa stessimo mangiando, ma ricordo noi due seduti a un tavolo dipinto di rosso, e il quadrato scintillante di sole che entrava dal vetro e colpiva il tavolo e me. E mi ricordo  mia nonna che mi chiedeva perchè non mi spostavo più in là, così non mi prendevo un'insolazione. E l'ho fatto (...). Non so quanto tempo è  passato (...) quando all'improvviso un pannello di vetro è uscito dalle guide e si è schiantato sul tavolo e sulla panca, proprio dove prima ero seduto io. (...). Ho sempre voluto chiederglielo. Se lo ricordava anche lei? Era successo davvero? Si era presa uno spavento micidiale, oppure, come me bambino, credeva che l'amore portasse naturalmente alla chiaroveggenza? Però non gliene ho mai parlato. Forse temevo che parlandone, trasformando il ricordo in parole, potesse svanire o decomporsi come certi fragili e preziosi oggetti antichi che si sbriciolano appena tornano alla luce.

da "Un giorno questo dolore ti sarà utile" di Peter Cameron


fotogramma di "Roma" di F. Fellini   (clicca qui )

 qui e qui uno scritto di Giuliano sulla sequenza di "Roma" di F. Fellini, relativa al ritrovamento di una antica abitazione romana ipogea 



martedì 28 giugno 2022

Last night sleep

 



Tra le colonne sonore più sorprendenti che io abbia ascoltato, c'è quella di" Fino alla fine del mondo" di Wim Wenders. Tanti sono i gruppi musicali che concorrono a definirla e tra questi i " Can", un gruppo tedesco che annoverava tra i suoi componenti anche due allievi di Stockhausen. Propongo qui il loro "Last night sleep",

Qui uno scritto di Giuliano sul film di Wenders


domenica 12 giugno 2022

Gratitudine

                          da "L'uomo che scriveva lettere" di Isaac Bashevis Singer


All'improvviso Herman sentì uno squittio. Il topo era uscito furtivamente nell'oscurità e si guardava attorno con cautela, come per il timore di un gatto in agguato nelle vicinanze. Herman trattenne il respiro. "Non aver paura, creatura santa, nessuno ti farà del male." La osservò avvicinarsi al piattino dell'acqua e berne un sorso, poi un secondo e un terzo e infine mettersi a rosicchiare pian piano il formaggio.

"Come potrebbe esistere una meraviglia più grande?" pensò Herman. "Ecco un topo, figlio di topi, nipote di topi, frutto di milioni, di miliardi di topi che sono vissuti, hanno sofferto, si sono riprodotti, e che adesso sono scomparsi per sempre, ma hanno lasciato un erede, l'ultimo, sembra, della sua stirpe. Eccolo lì che mangia. Che cosa penserà tutto il giorno nel suo buco? A qualcosa deve pur pensare. Ha una mente, un sistema nervoso; fa parte della creazione di Dio alla stessa stregua dei pianeti, delle stelle, delle lontane galassie."

Il topo alzò improvvisamente la testa e lo fissò con uno sguardo umano, pieno d'amore e di gratitudine. Herman immaginò che lo stesse ringraziando.





Il topolino che saluta è un disegnino di Giuliano

giovedì 5 maggio 2022

Sotto il sole

dipinto di Filippo Palizzi




E tu anche, Sicilia, isola mia, ti davi il rosso alle labbra, tornavi a civettare con la vita di nuovo. Sotto il sole che non s’è mai accorto di niente, non sa d’invasioni, grandini, mafie, alleva solo imparzialmente vespe su questa cesta di fichi e mosche su quell’ucciso, sotto un ulivo sciancato.

da "Argo il cieco" di Gesualdo Bufalino

mercoledì 13 aprile 2022

L'arco

 


Vi propongo un post di Giuliano su un film bellissimo di Kim  Ki-duc

E' qui

lunedì 21 marzo 2022

Giuliano e Kubrick (II )

Barry Lyndon e la Follia di Spagna  ( dal blog giulianocinema )




Chi ha visto i film di Stanley Kubrick sa quanto importante sia in essi la musica, sia dal punto di vista del commento che da quello narrativo. E, da questo punto di vista, cioè della musica che sorregge e accompagna la narrazione, il film esemplare, il punto più alto, è “Barry Lyndon”.

C’è molta musica in “Barry Lyndon”, ed è difficile entrare nel dettaglio; ma si possono distinguere tre fasi principali. Nella prima, all’inizio (la giovinezza di Barry Lyndon) predomina la musica folk dei Chieftains. I Chieftains sono un gruppo famoso, fondamentale, attivo da più di mezzo secolo: cornamuse, zampogne, uilleann pipes, percussioni, melodie tipiche dell’Irlanda, della Scozia e dell’Inghilterra; Kubrick pesca a man bassa dal loro repertorio e ha solo l’imbarazzo della scelta. Ci sono poi le marce militari e le fanfare: la “Hohenfriedberger March” dei prussiani, ma anche (nel primo arruolamento di Barry) il “Lillaburlero”, che da lettore di Sterne e del Tristram Shandy non posso passare sotto silenzio.

martedì 15 marzo 2022

Giuliano e Kubrick ( I )


Io e Stanley Kubrick

( Dal blog di Giuliano "L'opera al cinema" )



A casa mia nessuno si interessava di musica, né tantomeno di opera lirica. Così ho dovuto imparare tutto da solo, e devo dire che non me la sono cavata male; la vicinanza con Milano e la presenza (allora, negli anni 70 e 80, ma oggi non più) di mezzi pubblici fino a tarda ora mi hanno favorito molto. Un altro fattore, che potrebbe sembrare negativo, mi ha invece favorito in un altro senso: si tratta della mancanza di soldi, che mi spinse ad acquistare le edizioni discografiche che costavano di meno. Già al tempo del 33 giri valeva l'equazione "incisione vecchia costo più basso"; ma nel campo operistico "incisione vecchia" significava la Callas, significava Furtwaengler, Bruno Walter, Rubinstein... Insomma, quasi senza volerlo mi sono ritrovato ad avere una preparazione storica inaspettata. Il presente, cioè Claudio Abbado, Domingo, Pavarotti, Kleiber, Mirella Freni, lo vivevo di persona andando a teatro e nelle sale da concerto. Ma, prima, c'era stato Stanley Kubrick.

mercoledì 9 febbraio 2022

Genesi

 Da "Il paese delle ombre lunghe" di Hans Ruesh



illustrazione di Quint Buchholz

 

"- E le stelle cadenti?

- Sterco di stella, ovvio. Cos'altro potrebbero essere, piccolino?

- E' vero! Chissà perché, non ci avevo mai pensato. E chi ha fabbricato le prime persone?

- Il corvo nero. 

- E lui, chi lo ha fatto?

- E' comparso all'improvviso dal rumore del ghiaccio che si spaccava. Era notte, perciò è venuto nero. A stare senza nessun altro al mondo si è subito sentito solo, quindi ha preso alcune zolle, le ha compattate e ha modellato omini in miniatura. Poi gli omini annoiatissimi perché non avevano nessuno da bistrattare, hanno preso la neve, l'hanno compattata e ci hanno modellato le donne.

- E adesso il corvo nero dove sta?

_ E' morto. Gli uomini sono diventati grandi e lo hanno ucciso.

- Perché?

- Per mangiarlo... prima di scoprire che solo lui sapeva tenerli lontani dalla morte. "

 

giovedì 27 gennaio 2022

Rapsodia op.53, Brahms

                                                                                                                     Dal blog L'opera al cinema 


(...) Ad uno ad uno, nel buio, si avvicinano i fantasmi che sono i nostri compagni. La nostra squadra è una buona squadra: abbiamo un certo spirito di corpo, non ci sono novellini maldestri e piagnucolosi, e fra noi corre una ruvida amicizia. Al mattino, fra noi, è usanza salutarsi con etichetta: buongiorno Herr Doktor, salute a Lei signor Avvocato, come ha passato la notte signor Presidente? Le è piaciuta la prima colazione? Arrivò Lomnitz, antiquario di Francoforte; arrivò Joulty, matematico di Parigi; arrivò Hirsch, misterioso affarista di Copenaghen; arrivò Janek l’Ariano, gigantesco ferroviere di Cracovia; arrivò Elias, nano di Varsavia, rozzo, matto e probabilmente spia. Da ultimo come sempre, arrivò Wolf, farmacista di Berlino, curvo adunco ed occhialuto, mugolando un motivo musicale. Il suo naso giudaico fendeva l’aria torbida come la prua di una nave: lui lo chiamava, in ebraico, "Hutménu", "il nostro sigillo".

- Ecco che viene l’incantatore, l’ungitore delle scabbie, - annunciò cerimoniosamente Elias: - Benvenuto fra noi, Eccellenza Illustrissima, Hochwohlgeborener. Ha dormito bene? Quali sono le notizie della notte? Hitler è morto? Sono sbarcati gli inglesi?

domenica 23 gennaio 2022

lunedì 17 gennaio 2022

Gatti al cinema

 Da "giulianocinema"




                                                         Fotogramma di "Nosferatu", Phantom der Nacht (1979) Scritto e diretto da Werner Herzog



Nella storia del cinema, il film con il maggior numero di gatti è senza ombra di dubbio “L’Atalante” di Jean Vigo (1934): nella chiatta che naviga lungo la Senna ce ne sono così tanti che si meriterebbero un censimento, e un giorno di questi lo farò per davvero, perché è una di quelle imprese titaniche che prima o poi vanno pur affrontate. Ma, appunto per questa sua caratteristica, “L’Atalante” si merita un discorso a parte.
Oggi invece comincio da queste due fiere pericolosissime, autentici guardiani della soglia, che danno inizio ad un film che probabilmente le anime sensibili non hanno mai visto; e quindi sto rendendo loro un servizio per il quale mi saranno grate.
Il film è “Nosferatu” di Werner Herzog (1978), e il ritratto con il quale stanno giocando è quello di Isabelle Adjani, molto somigliante.




Fotogrammai di "Nosferatu", Phantom der Nacht (1979) Scritto e diretto da Werner Herzog


Nel film i gattini esauriscono qui la loro parte (complimenti per la recitazione) e non li vedremo più; il ritratto di Isabelle giocherà invece un ruolo importante nello svolgimento della vicenda, e chi conosce la storia se lo ricorderà.
Del resto, il gatto non è soltanto un tenero batuffolo di pelo, e chi ci vive insieme ha avuto le sue esperienze in proposito; in questo senso, l’accostamento con un’altra belva, come il vampiro, ci può stare. (...)





Questo gattino molto piccolo, quasi un neonato, viene da “L’eterna illusione” di Frank Capra ( You can’t take it with you, 1938) ed ha una funzione molto importante: il fermacarte.
Si tratta di uno dei film più divertenti di Capra, il gattino abita in una simpatica “casa di matti” dove tutti sono decisamente eccentrici: qui vediamo la signora Penny Sycamore (l’attrice si chiama Spring Byington) mentre sta scrivendo un importantissimo romanzo, e un fermacarte le è assolutamente indispensabile. Il gattino svolge egregiamente la sua funzione, recita benissimo, e solo alla fine della sua scena si lascia sfuggire un “miao” che sa tanto di richiesta d’aiuto: ma è così piccolo che ci può stare, e anzi funziona benissimo.








L’altro gattino, che sembra un suo gemello, è svedese e recita in “Hets” (“Spasimo”, “Tormento”) un film del 1944 di Alf Sjöberg, che ha la caratteristica di essere stato scritto da Ingmar Bergman, al suo debutto assoluto nel mondo del cinema. Bergman scrive soggetto e sceneggiatura, e forse anche questo gattino è dovuto ad una sua invenzione (ma non è detto, sono piccole furbizie che si sono sempre fatte). Si tratta di un gattino molto fortunato, che avrà fatto sospirare d’invidia molti spettatori: è infatti nello stesso letto con Mai Zetterling, giovanissima e molto carina. Il film è drammatico, somiglia un po’ a “L’attimo fuggente” di Peter Weir e un po’ a “M” di Fritz Lang; e la parte del gattino non finisce qui, e anzi gli spetta ancora spazio nel finale, dove andrà a rappresentare la speranza, e la vita che continua.







Un terzo gatto lo prendo non dal cinema ma da un documentario della TSI (Svizzera Italiana) su Philip Glass e su Bob Wilson, realizzato nel 1992 per una ripresa dell’opera “Einstein on the beach”. L’ho registrato tanti anni fa, mi capita spesso di rivederlo, è molto buffo e mi coglie sempre di sorpresa. Eccolo qua in sequenza: il gatto non c’è, il gatto c’è, il gatto si guarda in giro e decide che va tutto magnificamente e si può continuare il sonnellino. Sul pianoforte, naturalmente: e dove, se no?


Giuliano Bovo











martedì 4 gennaio 2022

Lascia ch'io pianga

 Dal blog di Giuliano  "L'opera a cinema"



« Bene, » sussurrò lei « fatemi riprendere fiato. No, no; aspettate. State pronto ad aprire la porta. » E la Contessa, in posa ispirata, fece sgorgare la sua bella voce in “Lascia ch'io pianga”; e quando fu giunta al punto giusto, avendo emesso i suoi lirici sospiri per la libertà, fece segno di spalancare la porta, e si manifestò alla vista del Principe, con occhi accesi, e l`incarnato alquanto ravvivato dall’esercizio del canto. Fu una grande entrata drammatica; e per l'alquanto malinconico recluso, poi, vederla fu come vedere il sole.

(Robert Louis Stevenson, "Il principe Otto", pagina 199 Oscar Mondadori 1983, versione a cura di Masolino d'Amico)