Riporto uno scritto di Giuliano pubblicato sul suo blog, giulianocinema, Buona lettura!
A Clockwork Orange (Arancia meccanica, 1971) Regia di Stanley Kubrick Sceneggiatura: Stanley Kubrick, dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess Fotografia: John Alcott Montaggio: Bill Butler Scenografia: John Barry Arredamento: Russell Hagg, Peter Sheilds Costumi: Milena Canonero Musica: Rossini, Beethoven, Purcell, e altri Interpreti: Malcolm McDowell (Alex), Patrick Magee (lo scrittore), Adrienne Corri (moglie dello scrittore), Michael Bates (capo delle guardie), Anthony Sharp (ministro dell'Interno), Godfrey Quigley (cappellano della prigione), Warren Clarke (Dim), Miriam Karlin (la signora dei gatti), Paul Farrell (il vagabondo), Philip Storie (padre di Alex), Sheila Raynor (madre di Alex), Aubrey Morris (signor Deltoid), Carl Duering (dottor Brodsky), Steven Berkoff (poliziotto), David Prowse (Julian), Michael Tarn (Pete) Durata: 137 minuti
Henry Purcell (1659-1695) è il più grande musicista inglese, ed uno dei più grandi in assoluto. E’ sua la musica con la quale si apre “A Clockwork Orange”, il film di Stanley Kubrick girato nel 1972. Il suo nome non compare nei “credits” del film, dove viene invece riportato quello di Walter Carlos che si è limitato ad arrangiare la musica di Purcell. Henry Purcell ci ha lasciato molta musica, per nostra fortuna: musica strumentale e per coro, canzoni bellissime anche per la scelta dei testi (raccomando l’ascolto di “Music for a while”, giusto per nominarne una sola) raccolte alla sua morte sotto il titolo “Orpheus britannicus”. E poi scrisse molto per il teatro, per un genere che non è propriamente l’opera lirica come la intendiamo di solito, ma una via di mezzo tra il teatro recitato, l’opera vera e propria, il balletto, e qualsiasi altra cosa, alternando comico e drammatico, possa fare teatro e divertire il pubblico. E’ la continuazione del “mask”, genere teatrale tipicamente inglese, radicato in varie forme fin dai tempi di Shakespeare: per esempio in “The fairy queen” la Regina delle Fate compare per davvero, ma ha gran parte il Poeta, che appare ubriaco cantando: “I am drunk, boys, I am drunk, as I live, drunk...”. In “King Arthur” ci sono re Artù e i cavalieri, ma l’aria più famosa è l’aria del Gelo, il freddo invernale imitato dall’orchestra e dal canto del basso solista in una scena che è rimasta unica nella storia della musica. E in “Dido and Aeneas”, il suo capolavoro, appare l’eroe troiano e la regina cartaginese ha un’aria meravigliosa, ma streghe e fantasmi rubano la scena.
Henry Purcell ebbe molto a che fare con la famiglia reale inglese: e per la morte della regina Mary, moglie di Guglielmo III, scrive il brano scelto da Kubrick: “Music for the funeral of Queen Mary”, la cui marcia introduttiva è mescolata con l’antico tema del “Dies Irae”, un tema impressionante che Kubrick riprenderà anche in Shining, sempre con l’aiuto di Carlos. Il tema del dies irae è davvero molto antico e risale alla musica sacra liturgica; fu trascritto per la prima volta da Tommaso da Celano, un frate che fu discepolo e biografo di san Francesco d’Assisi. Viene dalla “Messa di Requiem” in latino e il testo si riferisce al giorno del giudizio: ”Dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla, teste David cum Sibylla...”. E’ un tema forte ed impressionante, che percorre tutta la storia della musica e che si può ascoltare, per fare due esempi famosi, in Berlioz (Sinfonia fantastica) e in Liszt (Totentanz).
La marcia funebre di Purcell, fusa con il dies irae e mixata da Walter Carlos, si ascolta in quattro momenti: 1) titoli di testa 2) a 1h35’, nell’incontro di Alex con gli ex drughi ora diventati policemen 3) a 1h21’ con la donna nuda nel “test” per vedere se la cura ha funzionato, cui segue la discussione filosofica tra il Ministro e il Cappellano su libero arbitrio e autodifesa. 4) a 1h57’, senza dies irae e in arrangiamento leggero, con Alex in via di guarigione dopo la caduta dal tetto dello scrittore.
“Le donne di Dublino hanno un aspetto divino”, canta il barbone, quando comincia il film. “Un vecchio sporco e ubriaco che canta le canzonacce care ai suoi padri”, come dice Alex. Si tratta di una famosa canzone irlandese, "Molly Malone": "In Dublin's fair city, where girls are so pretty...".
Walter Carlos è stato uno dei pionieri nell’uso “leggero” del computer in musica. C’erano stati in precedenza anni e anni di sperimentazione, da parte di musicisti importanti come Bruno Maderna e Luigi Nono, nei “laboratori di fonologia”; ma è alla fine degli anni ’60, con l’invenzione del sintetizzatore di suoni, il moog e il mellotron (che imitava gli archi dell’archi dell’orchestra) che nasce il successo di quello che oggi è un banale mezzo casalingo, e che invece quando uscì “Arancia Meccanica” era una novità epocale: il computer in musica. Kubrick era un grande appassionato di musica, e sempre attento alle novità della tecnica: quando si è rivolto a Carlos è facile immaginare che gli abbia fatto delle richieste esplicite, molto mirate: usare la grande musica ma senza usarla. Per questa storia di violenza non ci possono essere Beethoven, Purcell e Rossini in persona, ma dei loro simulacri. Walter Carlos svolge benissimo il suo compito, e – se ci fate caso - durante le scene di violenza non ascoltiamo mai Beethoven, ma il sintetizzatore di Carlos, o una voluta storpiatura della grande musica.
Gioacchino Rossini (1792-1868) non ha bisogno di presentazioni, almeno lo spero; in ogni caso è facile reperirle su qualsiasi enciclopedia. E’ l’autore del “Barbiere di Siviglia”, della “Cenerentola” e di molte altre opere, buffe oppure serie (“Mosè in Egitto”, “Guglielmo Tell”...). Ma “La Gazza Ladra” non è un’opera buffa, è una commedia con risvolti molti drammatici, che riguarda la pena di morte. Al tempo in cui viveva Rossini, prima dell’unità d’Italia, in molti posti vigeva ancora la pena di morte, anche per reati da poco come il furto di argenteria. L’opera racconta quindi un fatto vero, anche se incredibile: una ragazza condannata a morte perché creduta ladra, in balia del terribile Podestà. Ci sarà un lieto fine, quando si scoprirà il nido della Gazza. L’ouverture dalla “Gazza Ladra” è famosissima, e Claudio Abbado sostiene che sarebbe perfetta come inno italiano (se solo avesse un titolo diverso...). Kubrick la usa in diversi momenti del film: all’inizio, dopo il pestaggio del barbone, nella scena dello stupro nel teatro (stupro che non avviene, la ragazza riesce a fuggire perché i suoi aggressori vengono distratti dall’arrivo di Alex e dei suoi: questi maschi preferiscono le scazzottate al sesso). “La Gazza Ladra” continua fino all’arrivo nella villa dello scrittore, dove si interrompe: la scena successiva dello stupro e della violenza è senza musica, fatta eccezione per Alex che canta “Singing in the rain”. Alla ripresa, c’è ancora Carlos con Purcell. Al minuto 31, “La Gazza Ladra” torna nella scena in cui Alex pesta i suoi che gli si stavano ribellando e li getta in acqua, e prosegue nella scena dell’irruzione in casa della donna dei gatti.
Ancora di Gioacchino Rossini è l’ouverture dal “Guglielmo Tell”. E’ un brano molto lungo, dura quasi un quarto d’ora; qui se ne ascoltano due estratti, il famoso “galoppo” e il solo di violoncello che precede il temporale. Si ascolta per la prima volta nella scena con le due ragazze a casa di Alex, minuto 24: ma è molto accelerata e caricaturale, come tutta la scena. Al minuto 44, nel penitenziario, brevemente il solo di violoncello. A 1h28’ ancora il violoncello per Alex respinto dai genitori, prima nell’appartamento poi sul ponte fino all’incontro col mendicante.
Edward Elgar (1857-1934) è uno dei grandi musicisti inglesi del Novecento. L’Inghilterra, dopo Purcell, non ha avuto grandissimi musicisti; hanno adottato Haendel, che di nascita era tedesco e che deve molto all’Italia, ma per avere dei grandi musicisti davvero inglesi abbiamo dovuto aspettare Elgar, Britten, Vaughan Williams...
Di Elgar Kubrick sceglie il brano più famoso, “Pomp and Circumstance”: marcia n.1 e marcia n.4. Al minuto 58, nel carcere, dopo il colloquio con il cappellano, e ancora a 1h05’, il dottor Brodskij e la visita al carcere del Ministro degli Interni. Elgar è di solito un compositore molto sobrio e misurato, enigmatico; ma questo brano è diverso dalla sua solita produzione, ed è diventato quasi un secondo inno nazionale. E’ usato con evidenti fini caricaturali, ed è curioso notare il profluvio di ritratti di Beethoven durante la visita del Ministro nella cella di Alex, proprio mentre scorre la musica (peraltro bellissima) di Elgar.
Al minuto 53, nella scena in cui Alex in carcere si immagina come centurione romano , ascoltiamo brevemente la Sheherazade di Nikolaj Rimskij-Korsakov (solo di violino) . Rimskij-Korsakov (1844-1908) è un compositore fondamentale nella storia della musica, maestro di orchestrazione di un’intera generazione di musicisti, da Stravinskij ad Ottorino Respighi.
Di Ludwig van Beethoven (1770-1827) tutto sommato ascoltiamo poco: quasi sempre c’è di mezzo Walter Carlos, e io direi che è una scelta voluta. Kubrick sceglie di non far ascoltare davvero Beethoven, anche perché sarebbe stato difficile rendere nel film l’idea originale del romanzo di Anthony Burgess (le opinioni di Burgess su questo film e sulla violenza in genere sono qui nell’archivio del blog). Carlos storpia la marcia turca (dal quarto movimento della Nona di Beethoven) per l’incontro con le ragazze al minuto 24, nel negozio di dischi: il testo di Schiller, in origine cantato da un tenore e qui reso inintelligibile, recita: “Froh, wie seine Sonnen fliegen durch des Himmels prächt’gen Plan; Laufet, Brüder, eure Bahn, Freudig, wie ein Held zum Siegen” (“Felici, così come volano i suoi Soli attraverso le magnifiche piane del Cielo: così, fratelli, seguite il vostro cammino, gioiosamente, come un eroe alla vittoria”).
In quello che segue, una parte dell’Ouverture dal Guglielmo Tell di Rossini corre a velocità caricaturale, così come le immagini, in una scena famosissima e molto divertente .
La Nona Sinfonia si sente bene, senza distorsioni o storpiature, solo quando Alex è a casa sua e mette una cassetta (dal minuto 18), che termina quando Alex esce dalla sua stanza, la mattina dopo. Prima, al bar, un soprano aveva cantato “Alle Menschen werden brüder”, “Che tutti gli uomini diventino fratelli” (inizio del quarto movimento della Nona Sinfonia) e Alex aveva pestato duramente il suo compagno che aveva detto “basta, ma che cos’è questa roba”.
Il campanello dello scrittore, nella scena in cui ritorna Alex prima del finale, suona le prime tre note dalla Quinta (che non è la Nona, attenzione!). A 1h53’, Beethoven ancora distorto, questa volta dall’amplificazione esagerata: la Nona usata contro Alex dallo scrittore. Prima dei titoli di coda ascoltiamo il finale della Nona Sinfonia, con il Coro, non distorto.
Ed è Walter Carlos, e non Beethoven, durante il filmato dei nazisti a 1h12’: una finezza di Kubrick, perché due minuti dopo Alex si ribella e grida: “E’ un delitto usare Ludwig van Beethoven a quel modo! Lui non ha mai fatto del male a nessuno!” Purtroppo, è storicamente vero che i nazisti usarono ripetutamente per i loro scopi la musica di Beethoven (il cantore della fratellanza), e anche di Anton Bruckner (l’uomo più mite del mondo). E’ una cosa tristissima, che purtroppo si ripete spesso – e i musicisti non possono più difendersi, così come non può difendersi Giuseppe Verdi dall’uso improprio che si fa oggi, in alcune sedi, del “Va pensiero” (oltretutto scandito e gridato e non cantato con dolcezza, un peccato gravissimo che grida vendetta dal Cielo).
“Singing in the rain”, scritta da Arthur Freed e Nacio Herb Brown, dal film di Stanley Donen (1952) è cantata da Gene Kelly nei titoli di coda, e da Malcolm Mc Dowell in due momenti del film: due momenti molto diversi, ma sempre nella casa dello scrittore.
Al minuto 52, in carcere, ascoltiamo un inno al Redentore.
Terry Tucker (Overture to the sun) ed Erika Eigen (I want to marry a lighthouse keeper) pubblicarono dei dischi nel 1969, dai quali sono tratti i due brani, ma di loro non sapevo niente e ho fatto una breve ricerca su internet. Suppongo che della Tucker sia la musica in stile medievale a 1:18 durante gli insulti ad Alex per vedere se la cura ha funzionato, però potrei sbagliarmi (e poi c’è anche la musica delle scene dei film che Alex è obbligato a vedere). Ho trovato su internet un sito dove il disco di Terry Tucker, un lp del 1969 intitolato “Sounds of Sunforest”, è valutato la bellezza di 140 dollari: per chi fosse interessato...
Invece la canzone della Eigen è chiaramente ascoltabile a 1:24, quando Alex torna a casa dopo la cura e trova un inquilino al suo posto. “I want to marry a lighthouse keeper” è una canzone piuttosto semplice (ne ho trovato il testo intero su internet) che parla di una ragazza che vuole sposare un guardiano del faro, e che dopo lo aiuterà a tenere la luce accesa. Una metafora molto chiara, e probabilmente anche un doppio senso da cogliere.
Alla lista della musica, per quanto mi riguarda, aggiungo la voce di Romolo Valli (la più bella voce del cinema italiano), che doppia il Ministro degli Interni e che purtroppo qui si sente poco, mentre in Barry Lyndon è il narratore nella versione italiana.
Ma, soprattutto, “Arancia Meccanica” è il trionfo della forma. Ogni volta che rivedo il film rimango colpito dalla sua simmetria, che immagino cercata e voluta. Non è una simmetria “generica”, ma rispecchia la forma sonata, come fu codificato da Haydn a metà del Settecento:
1)Esposizione: primo tema, nella tonalità principale. Ponte o transizione. Secondo tema, alla dominante o al relativo maggiore. Gruppo cadenzale conclusivo.
2)Parte centrale: sviluppo tematico di elaborazione del primo tema, talvolta del secondo.
3)Ripresa: ritorno del primo tema, nella tonalità principale. Ponte. Ripresa del secondo tema, nella tonalità principale. Gruppo cadenzale, pure nella tonalità principale.
4) Coda (facoltativa)
(da: Breve storia della musica, di Massimo Mila)
E’ abbastanza facile identificare i vari “temi”, nella storia di Alex: temi che verranno ripresi, con variazioni, nella seconda parte del film. In mezzo c’è qualcosa come un Adagio, o un Andante: il carcere e la cura. Le Sonate non hanno queste dimensioni, non durano due ore e passa, e per questo la simmetria può sfuggire; però va detto che sia Burgess che Kubrick erano appassionati di musica, e questa struttura non è certamente casuale.
Aggiungo che questo non è un film che rivedo volentieri. E’ un film violento, del quale si è discusso molto; però basta mettersi dalla parte delle vittime, assumere la visuale dello scrittore quando è a terra, e tutto prende un altro significato. Invece viene spontaneo assumere la visuale di Alex, e anche questa è una bella domanda sulla quale dovremmo meditare.