Una cosa che mi hanno insegnato, per sempre, i fratelli, entrambi medici, dei miei genitori, è che le malattie vanno assecondate e, salvo i casi più gravi, lasciate libere di fare il loro corso, senza scorciatoie e e dosi massicce di farmaci. Così, quando da ragazzi la febbre si impossessava di noi, ci dovevamo disporre con pazienza a un lungo periodo di letto e riposo. Non disponendo della televisione, ma avendo tutte le pareti di casa foderate di libri, la lettura fu l’antidoto migliore contro la noia e l’esasperantemente lento trascorrere del tempo. E lo è, per me, ancora oggi.
Come, da bambini, dopo una malattia, ci si scopre fisicamente cresciuti ( non sono stato un ragazzo sano: infatti sono alto un metro e novantuno ), così, dopo la lettura di un grosso libro, la nostra personalità si allarga e approfondisce. A 9 anni divenni improvvisamente tutto blu, mi ammalai gravemente e dovetti sopportare una lunga convalescenza. Passata l’emergenza sopravvenne la noia. Non potevo alzarmi dal letto ed ero debolissimo. Così, alle quattro del pomeriggio, mio padre prese a rincasare anticipatamente e a
leggermi a puntate il Don Chisciotte. Quello fu probabilmente il mio battesimo con la letteratura e la vita. Era anzitutto piacevole che quel severo papà, sempre con il naso immerso in libri e giornali, dedicasse un po’ di tempo a leggermi un libro. Era un lettore caldo e appassionato. Gli piaceva raccontare e vedere sul mio volto le reazioni. Si sentiva che i suoi antenati siciliani avevano avuto familiarità, tra pupi e carretti, con le storie dei cavalieri antichi. Parteggiava apertamente per il cavaliere della Mancia e riservava a Sancho Panza una voce tignosetta, decisamente antipatica. Amava e si identificava con il "malato" Don Chisciotte. Il ritorno del reale era anche per lui sempre fonte di tristezza.Così, da piccolo, ho scoperto che ci sono dei libri che possono essere veramente letti e gustati soltanto se si ha un lungo tempo a disposizione, senza eccessive interruzioni.
Francesco Maria Cataluccio, In occasione dell'epidemia, Ed. Casagrande
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A me da piccola (rigorosamente a letto finché il termometro non scendeva sotto il 37) mi mettevano la radio sul comodino. Una noia. La lettura era proibita perché affatica. Poi una volta alle medie, era d'estate, sono riuscita a acchiappare un libro. Erano i Canti di Leopardi, vecchia edizione scolastica di mia madre. Cercavo di imparare a memoria quelli che mi piacevano. Quell'influenza ha fatto il fondo della mia conoscenza del poeta.
RispondiEliminaIo ho avuto un’esperienza simile a quella di Cataluccio ma papà mi leggeva o raccontava le storie del libro Cuore. Non l’amaro e sottile disincanto leopardiano ma buoni, italici sentimenti. Il patriottismo però, nonostante tutto, non è riuscito neanche s quell’eta’ a far breccia. Per la vocazione al martirio il discorso invece si fa più complicato....😊
EliminaHo avuto lo stesso modo di affrontare la febbre, quella normale. Da qualche anno non ho febbre, l'ultima volta è stato 3 anni fa e di solito sto a letto e guardo film per tirarmi un po' su di morale, tipo W. Allen (Alice, Criminali da Strapazzo, Hannah e le sue sorelle). Oppure rivedo la serie Star Wars. Non ricordo come andavano le cose quando ero bambino.
RispondiEliminaIn tutti i casi il mio atteggiamento è quello che hai descritto, mettersi a letto e lasciare che la situazione faccia il suo corso. Il mio medico omeopata (mi curo prevalentemente con omeopatia da 37 anni) mi ha spiegato che la normale febbre è energia negativa che vuole uscire dal corpo e quindi è inutile opporre resistenza con vari farmaci. Prendo farmaci omeopatici per cercare di lenire la febbre troppo aggressiva, tutto lì.
Un salutone
Si, anche il mio medico è dello stesso avviso. A descrivere la condizione di malattia non sono comunque io ma Francesco Cataluccio in un libro da lui scritto di recente. Mea culpa, comunque, dovrei non limitarmi a scrivere sotto il testo trascritto la fonte ma sarebbe opportuno ricorrere alle virgolette per le citazioni. Non lo faccio solo perché non mi piacciono, mi sembra che impietriscano, fossilizzino il testo:-)
RispondiEliminaGrazie Giacinta. Questo testo voglio leggerlo.
RispondiEliminaConfesso che avrei desiderato un babbo o una mamma in stile Cataluccio babbo. Ma non vengo da una famiglia di lettori. Però, li ringrazio per aver sempre pensato che il denaro speso in libri fosse un buon investimento e per non avermi mai fatto trascorrere un Natale o una febbre senza un romanzo prontamente acquistato nella cartolibreria del paese.
P.S. Ma che bella l’illustrazione che hai scelto! Illustratrice bravissima.
Cataluccio mi piace molto; ti consiglio di iniziare, se non conosci questo autore, da un altro libro, “Vado a vedere se di là è meglio”. :-)
RispondiEliminaNe avevo sentito parlare. Inizierò da qui. Grazie. Buona domenica!
EliminaTi piacerà! Buona domenica e grazie!:-)
RispondiEliminaChe bellissimo estratto. Ho sempre sognato che qualcuno mi leggesse qualcosa prima di andare a letto da bambina ma, come babalatalpa, non vengo da una famiglia di lettori. Concordo sul fatto che bisogna assecondare le malattie: sono indizi indispensabili per proseguire il nostro cammino in modo più consapevole; spesso sono piccoli segnali che ci dicono che è semplicemente necessario cambiare direzione. Un abbraccio 😘
RispondiEliminaSì, è un cammeo:-) D'accordo con te sul valore non del tutto negativo della malattia.
RispondiEliminaUn caro saluto:-)