domenica 8 marzo 2020

La laguna dei gabbiani assassini


Al cinema, e in letteratura, il gabbiano è sempre stato un simbolo di libertà e di purezza: vola alto nel cielo, sopra il mare, bello elegante e lontano, e la sua voce è triste e romantica, quasi un gemito di dolore per solitudine, o per amore.
Ma poi le cose cambiano, sono ormai lontani i tempi di "Il gabbiano Jonathan Livingston" (Richard Bach, 1970, fortunatissimo bestseller) e anche di "La gabbianella e il gatto" (Luis Sepùlveda, 1996).
Da molti anni, ormai, i gabbiani hanno abbandonato il mare e volano sopra le discariche di rifiuti, o assediano gli insediamenti umani; li vediamo da vicino e abbiamo imparato a conoscerli meglio. Che fossero dei predatori, anche violenti, lo sapevano già da sempre gli zoologi e i naturalisti; oggi il loro comportamento è sotto gli occhi di tutti, e non sempre è un bello spettacolo. Il gabbiano, forse, è bello solo se visto da lontano; e non solo lui, a dirla tutta.


(Allen Seaby, inizi '900)
 
Ecco in proposito la testimonianza di un nostro illustre contemporaneo:
Paolo Bullo, dal suo blog:
Le mie cronache semiserie dall’orrida Venezia non sarebbero tali se non cominciassi, come sempre, con qualche nota di costume. Perciò mi sento obbligato d’informare che nella città lagunare è ormai prassi, attraverso le calli, una specie di senso unico alternato per i pedoni. L’alternanza consiste nella possibilità di essere investiti dal trolley di 150 kg trascinato a stento da una giapponesina oppure essere travolto da un gruppo d’alpini in evidente stato euforico (non chiedetemi che ci facessero gli alpini a Venezia, forse un raduno?). Io, che sono notoriamente aperto a tutte le esperienze, ho deciso, con un certo orgoglio, di provare entrambe le opzioni. Son cose che si raccontano ai nipoti, con quell’espressione un po’ choosy (ma che in realtà è dovuta al rimbambimento dell’età) di chi è sopravvissuto ad avventure memorabili e ormai la sa lunga sulla vita.
C’è poi il problema dei gabbiani affamati, più volte affrontato su queste pagine. Ora, il gabbiano è un uccello che una volta viveva soprattutto di pesci e per tirar su il pranzo doveva faticare non poco in mare aperto, seguendo le scie dei pescherecci o delle navi e disputandosi una mezza sardina con gli squali e le orche. Una lotta dura per la sopravvivenza. La bestiolina, potenza dell’evoluzione, a un certo punto ha notato che sulla terraferma, al riparo dai marosi e dalle correnti, gli umani lasciavano in giro un sacco di cibo e che anzi, in casi particolari ma non rarissimi, alcuni di questi umani potevano diventare loro stessi un alimento altamente proteico. Non solo, appiccicati l’uno all’altro nelle strettissime calli gli uomini non hanno possibilità di fuga, quindi perché perdere un’opportunità di trovare cibo a rischio zero?
Questa e altre circostanze hanno trasformato gli eleganti volatili in assassini spietati, che dall’alto si buttano in picchiata sugli uomini appena abbattuti dai trolley (o dagli alpini), li smembrano con gli acuminati artigli e ne straziano poi i corpi con il becco. Insomma, son diventate bestie pericolose e, vi dirò, spesso di dimensioni non trascurabili: ipotizzo i 35-40 kg, visto che anche ieri, sotto ai miei occhi, un paffuto neonato americano è stato ghermito dalla culla sotto lo sguardo inebetito dei genitori che si stavano mangiando una pizza del diametro di un metro. Insomma, la ricerca del cibo regola la vita degli animali e degli uomini. Così fan tutti, si potrebbe dire.
(20.3.2013)
(Eva Auld-Watson, 1942)
 
Mancavo dall’orrida Venezia da parecchio tempo e, francamente, rivederla è stato il solito dispiacere. Gli ossessivi compulsivi come me hanno bisogno di conferme e, in questo senso, Venezia è formidabile in certi schemi precostituiti. Scendi dal treno e sai che verrai investito dal trolley di un giapponese e mentre cercherai, a fatica perché gli anni passano, di rialzarti, due sceriffi statunitensi ti investiranno con la carrozzella in cui un neonato obeso succhia un leccalecca gigante a forma di Kim Jong-un. Se sopravvivi – qualcuno ce la fa – potrai cadere svenuto sulla via che ti porta alla Fenice, preda dell’incredibile commistione di aromi di zucchero filato, vongole filippine, castagne, pesce fritto, spaghetti al forse ragù e pizza. I terribili buttadentro dei locali attenteranno alla tua vita a ogni passo mentre tu, nel frattempo, cerchi di schivare gli attacchi degli ormai famosi gabbiani assassini le cui dimensioni sono ormai tali che le grandi navi che scorrazzano in laguna sembrano giocattoli. E, come potete vedere dall’immagine, anche gli aeroporti sono ormai invasi dai pennuti giganti (qui ne vediamo uno che si è mimetizzato da aereo e attacca una pattuglia di caccia militari, che scompaiono quasi).
(30.11.2017)




16 commenti:

  1. I gabbiani assassini lagunari: che spasso! :-) Bisognava che svolazzassero anche nel nostro blog!

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  2. bel post sui gabbiani con una lettura che, non è la prima volta, non conoscevo e ti ringrazio per questi post. Ho visto i gabbiani romani un po' aggressivi (ormai cercano da mangiare e si comportano come piccioni che hanno spodestato) e poi vedo i gabbiani della Liguria che se ne stanno per conto loro in riva al mare. Quando vedono qualcuno che gli da qualcosa da mangiare li guardano come per dire: "E beh? Vuoi darmi da mangiare?...Ma figurati! Con i pescatori e con tutto il mare che abbiamo, qualcosa da mangiare lo trovo di sicuro!" (era per dare una visione un po' umoristica del gabbiano ligure). Insomma se ne stanno per i fatti loro...
    Un salutone e alla prossima

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    1. Paolo Bullo scrive di musica, da Trieste. Ha un blog molto seguito, e scrive anche su OperaClick, per un po' di tempo anche sul Piccolo di Trieste.
      I gabbiani nella bassa comasca non li ho ancora visti, sul lago sì

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  3. Non sapevo di Palo Bullo e appena posso andrò a vedere. Grazie per le info

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  4. Eccomi qui, chissà se ce la faccio a commentare! Google mi è ostile come un gabbiano affamato!
    Le bestiacce mi mancano e, vista la contingenza, temo che non potrò vederle per un po'.
    So però che si sono organizzate e ora lanciano dall'alto finte mascherine antivirus imbevute di cloroformio; l'ignaro turista (ce ne sono?) le indossa e sviene. La joint venture con i disoccupati gondolieri prevede che siano loro a spostare i corpi inermi nelle calli. Lì, al sicuro, verrano prima derubati del portafoglio e poi mangiati. I gabbiani poi finiscono anche i gondolieri, in realtà, ma non diteglielo perché altrimenti si apre un tavolo tra sindacati aviari e rappresentanti delle gondole. Non si può, è contro il decreto minsiteriale.
    Un caro saluto a tutti, Paolo

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    1. ciao Paolo, ho scelto solo due dei tuoi gabbiani ma la saga delle tue visite veneziane meriterebbe un libro

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  5. Per favore, mandatemi un gabbiano (uno solo!) con mascherina al cloroformio. Voglio svegliarmi fra un paio di mesi.
    (Paolo Brullo vede i gabbiani nella prospettiva corretta. Alla fine gli uccelli sono delle specie di dinosauri.)

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    1. condivido... vedo anche molta gente contenta della mascherina: non è che la mettano perché si deve, secondo me non vedevano l'ora di mettersi guanti e maschera.
      (Paolo si chiama Bullo, è un cognome tipico delle parti di Trieste)

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    2. Paolo Brullo è un lapsus calami meraviglioso perché esprime perfettamente la mia povertà di sentimenti. Anche il Palo Bullo precedente non è male, ma Brullo è meglio.
      Bullo, in realtà, è di derivazione chioggiotta. A Chioggia i cognomi dominanti (come gabbiani assassini, insomma) sono Bullo e Boscolo.
      Un caro saluto a tutti e a Giuliano che ha voluto onorarmi di un post!

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    3. magari qualche giorno ti mando la lista degli sbagli sul mio cognome, che è anche più corto del tuo :-)
      ma siamo tutti soggetti ad errore, figurati che Elena si firma Grammann , chissà quanti errori anche per lei

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  6. Mi scuso, credo che ci sia stata un'interferenza (puramente fonetica) con Davide Brullo, un signore che ultimamente si è lamentato un po' dovunque in giro per il web (giustamente, peraltro) perché l'hanno segato da Linkiesta...
    Bullo è senz'altro meglio, ha un che di "arrivo io e metto a posto tutto".
    Però "Paolo Bullo" nel suo insieme è un po' insoddisfacente, un po' breve. Uno non ha neanche incominciato a dirlo che sbatte subito contro la fine. Mi chiedo perché i suoi genitori non hanno scelto un nome più lungo: ad esempio Massimiliano. Ecco, Massimiliano Bullo era tutta un'altra cosa... :-)

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    1. al nome Massimiliano io penso subito a Massimo Troisi, "bisogna dare nomi brevi ai figli"
      :-)

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    2. A me invece ricorda la storica barzelletta di quello che, avendo l'onere di portare un cognome piuttosto, come dire, impegnativo, decise di cambiarlo all'anagrafe.
      Potrei prendere a esempio la storiella e cambiare Bullo in Spaccone. Pensate a un anglofono Paul Spaccone, avrei un posto sicuro nel prossimo film di Scorsese!

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    3. in musica abbiamo John Bull... come te la passi con gli elisabettiani?

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  7. Sì certo, John Bull! In che senso con gli elisabettiani? I parenti di mia moglie?

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