lunedì 3 dicembre 2018

Il giardino di Edda


Da sei giorni non era stata a scuola. Viveva come inebetita, passando le mattine e i pomeriggi nel suo giardino. Un giardino un po' selvatico a gradinate, sulle pendici di un colle dominante la città. Ella scendeva nell'ultimo angusto ripiano terminato da un muretto; e si sedeva nell'angolo, sull'asse lunga e rozza che, accostata al grosso muro laterale del giardino, serviva da panchina; la riparava dal sole una pergolettta di vite ramosa. Là era come divisa dal mondo: della città non giungevano che i rumori smorzati e di tanto in tanto, più chiari,  gli squilli del tramvai e i tocchi dell'orologio della piazza di sotto. Di là dal muretto, oltre lo spazio, lo sguardo correva sul cielo, si fermava qualche volta sulla collina dirimpetto, sparsa di casette che non sembravano abitazioni umane, ma macchie di colore. Portava con sè Alì, il cane tanto caro a Hedwig. Alì era diventato suo amico, le si accovacciava ai piedi; e così, tutti e due, quasi senza muoversi, stavano lunghe ore.

A sostare nel giardino  è Edda Marty, la protagonista di un racconto autobiografico di Giani Stuparich, Un anno di scuola ( qui ). Siamo nei primi del Novecento e Edda è riuscita, dopo aver sostenuto un difficile esame, a inserirsi in una classe tutta maschile dell'anno conclusivo degli studi superiori ginnasiali. I ragazzi, uno ad uno, chi ammettendolo a se stesso e agli altri, chi negandolo, si innamoreranno della bellezza, della vitalità di Edda e qualcuno farà dipendere la propria speranza di sopravvivenza dalla possibilità di legarsi alla ragazza. Il passo che ho riportato è successivo alla morte per tisi della sorella maggiore di Edda, Hedwig.  Edda è nel giardino, ma la sua condizione di isolamento sarà destinata, a breve, ad essere interrotta.

Franco Giraldi, anche lui triestino, ha tratto dal racconto di Stuparich un film, preferendo però spostare l'azione all'anno che precede lo scoppio del I conflitto mondiale. ( trailer qui )


2 commenti:

  1. ho visto solo il film e non ho letto il romanzo, però devo dire che lo spostamento temporale dà profondità al racconto. Mi ha colpito molto Mario Adorf, il professore che apre e chiude la storia, di solito impiegato come caratterista ma che qui si dimostra attore di notevolissimo livello; è lui che nel finale spiega che cosa è successo ai ragazzi durante la guerra, ed è sempre una cosa toccante perché è lo stesso destino subito da tanti ragazzi in quel periodo. Così a orecchio direi che Stuparich rimane invece a un livello più intimo, personale; dimmi tu se è un'impressione giustificabile.

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  2. Sì, non ti sbagli. Al professore, che dovrebbe essere il trait d'union tra la classe e il contesto esterno, non viene data rilevanza alcuna nel racconto, forse proprio perchè la narrazione si sviluppa tutta intorno ad Edda ed al suo rapporto con i compagni di classe. Ho visto del film solo pochi momenti e direi che la caratterizzazione di Edda è ben resa nel film dall'arrampicarsi della ragazza lungo una parete rocciosa, scena assente nel racconto di Stuparich ma che rimarca subito l'automia, l'indipendenza della ragazza, il suo anticonformismo, insomma.
    :-)

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