domenica 24 novembre 2019

La colonna sonora di Milano


(la foto è mia: le colonne di san Lorenzo, 8 febbraio 2017)
Raffaele Calzini, scrittore e giornalista del «Corriere della Sera», scrisse un libro molto bello su Milano: angoli, gente, mestieri e rumori. Il libro è purtroppo esaurito e nessuno lo ristampa.
I suoi rumori si sono perduti, non c'è nemmeno l’ombrellaio, le pianole sono senza asino. Nessuno lancia nella strada un cento lire fasciato in un pezzo di giornale, l’arrotino non serve perché il coltello non più affilato lo ricomperi per pigrizia e ricchezza alla Rinascente.
Un tempo si sentiva il treno la notte e il suono del treno ti faceva dormire. Era come sapere che Milano era circondata da mura, da massicciate imprendibili perché c’era il treno che ci difendeva. Le mura di Lucca fanno ridere se uno pensa ai cavalcavia di Milano.
In cielo c'erano le luci dell’aeroplano, senza suoni, pattuglie stellari che ci proteggevano perché visitavano la notte con fanalini rossi che garantivano il silenzio. Oggi la città è sempre fantastica, anche se le luci e i rumori sono cambiati. Catalogo gli strilli delle ambulanze e delle macchine della polizia. Le croce rosse-bianche fanno uàu-dùm, uàu-dùm, uàu-dùm, le crocerosse-rosse fanno pìufit, pìufit, pìufit, le macchine della polizia uàng-uàng-uàng. Ho anche un autobus triste che passa qui sotto, il 43, sempre solo alle undici di sera, che mi scruta con le sue luci vuote di gente all’interno e mi prega di salire. Io lo guardo, lui aspetta. Non salgo, e allora tristemente, poiché l’orario é l’orario, si alza e si mette in moto con un gràu-toff e prosegue impacciato.
Quando c'è la neve i rumori sono più morbidi e lenti, se c'è il vento gli strilli delle moto che vanno a messa a S. Angelo sono accelerazioni insopportabili. Ma per fortuna a quest'ora non ci sono moto perché hanno paura della strada e rimane soltanto qualche vùm che passa. Una Panda, forse la Uno turbo, o una vecchia Ardea ristrutturata.
Io non posso dormire in campagna. Ho bisogno la mattina dei cigolii delle gru e delle raffiche del martello pneumatico, di un muratore che pesta una lamiera e di un corteo che grida. Anche se da casa mia non sento lo zing di una bicicletta non m’importa. Se lo sento vuol dire che c’è tramontana e che alzandomi vedrò il Monte Rosa.

(Giovanni Gandini, "Caffè Milano", Edizioni Scheiwiller / All'insegna del pesce d'oro, 1987 pag.68-70)

8 commenti:

  1. Pensa che negli anni '90 lavoravo in zona e dalle colonne di San Lorenzo (come lì nella foto che hai scelto) di giorno o di notte non ci andava nessuno e nessuno neanche si fermava da quelle parti. Oggi come oggi c'è la movida con tutto quello che consegue, ma è sempre stato un posto magico
    Un salutone e buona domenica

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    1. quando ho ritrovato la foto mi sono chiesto cosa ci facevo a quell'ora e in quel posto... però la donna con la sciarpa rossa e la borsa rossa è stata un invito alla fotografia
      :-)
      tanto più che è di spalle e lontana, privacy rispettata -è importante

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  2. In assenza di virgolette, per tutto il tempo della lettura, fino all'ultima riga, mi sono detta: accidenti, come scrive bene Giuliano!
    (Naturalmente Giuliano scrive bene, ma questo è un pezzo eccezionale...)
    Io vivo in provincia-provincia, ma in una zona rumorosa, e faccio la voglia di campagna, anzi, di un eremo.
    A proposito di ombrellai e cose perdute, non posso non citare un distico che mia madre ripeteva di tanto in tanto:
    Miseria e poverte ieren soreli:
    una la vindiva i stras, cletra agli ombreli.

    Buona domenica a voi milanesi

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    1. Gandini ha pubblicato altri libri, dopo questo; ma trovarli sarà dura. Conosci i primi anni di Linus, dal '65 a inizio anni '70? Io li ho recuperati sulle bancarelle, un po' alla volta, ma lo stile di Gandini si riconosce, basta un tocco, magari nella rubrica della posta. La sua libreria, Milano Libri, è di fianco alla Scala in via Verdi; ma non non passo più di lì da tanto di quel tempo che non so come sia ora.
      io sono comasco direzione sud :-)
      il tuo dialetto lo conosco bene, mia mamma è di Colorno

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  3. Quell'altro ramo del lago di Como?

    Della rivista Linus conosco solo il nome. Adoro i Peanuts, ma in generale non ho mai avuto un gran interesse per i fumetti, a parte Topolino quando ero piccola. La rivista Linus mi faceva soggezione, ci capivo poco e mi sembrava una cosa per gente molto diversa (più introdotta, cittadina, culturalmente parlando con la puzza sotto il naso). Quel che mi è capitato di vedere di Crepax lo trovavo sconcio. Più tardi Andrea Pazienza mi è sembrato nocivo tanto era tremendo. Purtroppo non sono un tipo da fumetti, già l'ordine delle bolle mi manda in confusione, dev'essere un problema degli emisferi cerebrali.

    Io sono della riva destra dell'Enza (Arsan testa quèdra)

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    1. qui il lago è lontano, una ventina di chilometri.
      Su Linus c'erano tanti fumetti piccoli e simpatici, come Pogo; molti non piacevano neanche a me, ma piacevano alla redazione (Li'l Abner, Dick Tracy). Crepax disegnava magnificamente, ma le sue storie non mi hanno mai detto niente; però era amico e compagno di scuola di Claudio Abbado, si racconta che Crepax disegnava i soldatini e poi giocavano insieme (il papà di Crepax era un violoncellista). Pazienza è lontano dai tempi di Gandini... più che a Linus apparteneva ad altre riviste (Frigidaire, Cannibale).

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  4. Anch'io mi ricordo il grido degli ombrellai e degli straccivendoli, ascoltati dal balcone di casa mia quando ero bambina. Siccome non riuscivo a vederli, erano anche più misteriosi. E ho un ricordo nitidissimo dei colpi dei dadi: i giocatori si radunavano di notte sotto il lampione, in una vietta dietro casa nostra.

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    1. il giocatori di dadi da me non arrivavano, mi ricordo bene anch'io l'arrotino (che gridava una cosa come "fresinone", non ho mai capito bene). Un ombrellaio passa ancora ma raramente, su un furgoncino; ma per gli ombrelli vale il discorso che fa Gandini qua sopra, se si rompe se ne compera uno nuovo...(siamo all'usa e getta). Lo straccivendolo, il rutamàt, è un altro ricordo comune :-) però qui passavano di casa in casa, erano una presenza nota e costante - prima della plastica, e della raccolta differenziata, che è venuta molti anni dopo.

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