martedì 2 ottobre 2018

Il giardino indifeso

Ci si va calpestando il pietrisco, i calcinacci, i mattoni in cocci, scavalcando i binari della decauville. C'era qui, appena un mese fa, il Vecchio Ospedale Fatebenefratelli. Oggi è demolito. Ai margini, laggiù, lungo un alto muro glabro, è venuto a nudo un giardinetto che prima era chiuso in qualche cortile interno dell’ospedale. Le piante, arse e impolverate, ti danno un senso di timidezza, di pudore violato, paion raccogliersi in gruppo per non farsi veder dalla gente, non sono state abituate al chiasso della città; i rumori giungevano a loro spenti. Sotto questi rami... bisbigli di suore, passi di infermieri, soste di convalescenti e null’altro.Avvicinandosi ai giardini ci si accorge che è un piccolo bosco. C’è una scala a pioli appoggiata a un tronco. Statue mozze, raccolte in un angolo, per qualcuno che le esamini se convenga tenerle o buttarle via. A sfondo, c'è il muro di un caseggiato messo a nudo lui pure da poco e che presenta i soliti rettangoli di tappezzeria a mezza aria di locali che furon stanze abitate. Mi par di scorgere per terra i segni di sedili di pietra divelti. Gli operai son venuti sin qui ma hanno risparmiato il bosco non avendo ordini. Ma così queste piante non possono stare, avevano una cintura di muraglie un tempo che era per esse come un abito ed ora si vedon nude in faccia a tutti. Come potranno utilizzarle lasciandole in piedi? L'area su cui campano vale ben più della loro vita. Le abbatteranno. Il fogliame è spesso, l’ombra è cupa qua sotto e non c'è aria. Il riverbero acre del pietrame morde gli occhi. Si può essere sfrattati rimanendo al proprio posto? Sì, quando la casa se ne va e tu resti.
Non guardatele troppo le povere piante, aspettano la notte che le fasci, che le isoli, potranno ancora illudersi d’esser a casa loro, nel loro cortile segreto; riudranno in sogno i passi cauti nelle sale, le voci sommesse nei corridoi. Qualche lume si spegnerà... ma due... tre... rimarranno... vegliando sempre. In una corsia... un lamento... Ma il vecchio ospedale è morto e le sue piante son come suore di clausura cui abbian tolto i voti colla violenza.

Delio Tessa, da "Ore di città" (1938-39), ed Scheiwiller 1984, pag.48

( il dipinto è di Camille Pissarro )

4 commenti:

  1. Delio Tessa è uno dei più grandi poeti italiani del '900 :-)

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  2. Non l'avevo nemmeno mai sentito nominare (ma è vero che io la poesia la bazzico poco). Il pezzo qua sopra è una meraviglia.

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    1. era un avvocato milanese, antifascista. Gli ho dedicato il mio blog precedente De là del mur. Leggere il dialetto milanese non è mai facile, ma ne vale la pena: ci sono due bei volumi Einaudi doc

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