domenica 28 ottobre 2018

L'albero più alto di Milano


( Toni Demuro )
Una vecchina nera nera in piazza Firenze guardava gli alberi. «Che alberi sono?» domandai, visto che li osservava con tanto interesse. «Noi ci dicciamo àlberi» rispose, e capii dall’accento che era sarda, probabilmente gallurese. Ma la sua scarsa conoscenza delle specie era compensata dalla curiosità che sprigionava quel suo visino grinzoso e simpatico, tutto teso a guardare in su. «Perché vvoglio vvedere chi è più alto. Noi a Luras le abbiamo più basse le sughere...».
Trattenendo il desiderio di spiegarle che a Milano querce da sughero non ce ne sono, mi allontanai con l’idea fissa di sapere qual é l’albero più alto della città. Quale sarà, dove, chi l’ha visto, chi lo vede, chi lo racconta?
Lontano la donnina sarda guardava sempre in su e pareva dicesse «più alto, più alto...» come in «Miracolo a Milano » di De Sica, nella tenda della maga chiromante. All’angolo di via Procaccini avevo deciso che l’albero più alto di Milano è un certo platano antico dell’ex Giardino Perego, in via dei Giardini. Un albero che da ragazzo tenevo di mira dal settimo piano di via Annunciata con un Flaubert a piombini, cercando di beccarne i frutti, tondi, ispidi, simili a corbezzoli.
Ma dove trovare in realtà l’albero più alto? La ricerca non deve limitarsi ai Navigli ma estendersi a tutto il territorio comunale. Chi riuscirà a individuare e descrivere una pianta quasi sconosciuta che magari è in piazza Piola o in Mac Mahon? Personalmente punto sui Giardini Pubblici, su un vecchio faggio rosso o una magnolia con le foglie a barca. O un Taxodium Distichum della Florida, di quelli con le radici nell'acqua. Non ricordo pioppi piramidali, anche perché il vento li abbatte prima che raggiungano record di altezza.
Il Parco Sempione è misterioso. Sicuramente privo di noci americani e di sequoie, può contare soltanto su cedri del Libano e su betulle che si sono montate la testa. Abeti dove? Gli aceri contano solo per la chioma e per i frutti fatti a elicottero che pirlano quando cascano. I Giardini Ravizza e Guastalla sono stati abbassati dallo smog, il Parco Lambro è di recente formazione e, schiacciato com'è fra Milano 2 e gli aeroplani, non può sicuramente candidare l'albero vincente. Spero in rari giardini privati ancora esistenti, querce secolari nutrite da antichi principi che telefonano direttamente alla forestale e in caso di necessità chiedono perfino aiuto a «L’Airone». I tigli di via Marina, i frassini misteriosi della Villa Reale, l’olmo del Petrarca, chi vince? Chiunque mi aiuterà a scoprire gli alberi più alti, e forse più nobili della città avrà la mia gratitudine.


Giovanni Gandini, da "Caffè Milano". Edizioni Scheiwiller / All'insegna del pesce d'oro, 1987




4 commenti:

  1. Andiamo a cercare sempre il più quando dovremmo rivolgerci al meno
    che sia albero o cristiano non fa differenza
    Qual'è l'albero più malato della città che vò a portargli un po' di concime.
    Però le cose che si raccontano se sono scritte bene dà gusto leggerle
    e sto Gandini qui si capisce che sa scrivere.

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  2. io so quale è l'albero più basso del mio paese :-) è venuto su da solo, probabilmente un pesco - spero che passi l'inverno. Per adesso, sui dieci centimetri.
    Giovanni Gandini è stato il fondatore di Linus, nel 1965, e direttore fino alla cessione alla Rizzoli nei primi anni '70 (poi è arrivato Oreste Del Buono). Gandini era libraio ed editore, Milano Libri Edizioni.

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  3. La mia ignoranza in fatto di nomi di alberi è secolare (aggettivo spesso accompagnato a molti di loro) eppure, ultimamente, resto a bocca aperta nel vederne di grandi, alti o addirittura estesi. Come il Cedro-do-Buçaco (Cupressus lusitanica) nei giardini del Principe Real a Lisbona: le sue fronde hanno 20 metri di diametro, sotto le quali graziose panchine permettono di sedersi a vedere quella meraviglia.

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    1. anch'io dimentico sempre i nomi degli alberi...
      qui a Milano un botanico esperto (purtroppo non ne ricordo il nome) qualche anno fa, dopo giornate come quelle di oggi (vento e pioggia) spiegò che prima della metropolitana le radici potevano espandersi per molti metri, oggi invece trovano il cemento armato dopo solo due o tre metri. Di conseguenza, sono più fragili ed è più facile che cadano.

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