lunedì 2 settembre 2019

Una stanza

                                                                                     Da L'invenzione della solitudine* di Paul Auster

 
Pensa (...)  alle donne di Vermeer, sole nelle loro stanze, con la viva luce del mondo reale che penetra da una finestra ( a seconda dei casi aperta o chiusa ), e alla profonda fissità di quelle solitudini, evocazione quasi atroce del quotidiano e delle sue varianti domestiche. Pensa, in particolare, a un dipinto visto durante il viaggio ad Amsterdam, Donna in blu, la cui contemplazione, al Rijksmuseum, quasi lo paralizzò. Come ha scritto un critico:
" La lettera, la mappa, la gravidanza della donna, la sedia vuota, la scatola aperta, la finestra che non si vede: tutte sono allusioni o simboli naturali dell'assenza, del non veduto, di altri spiriti, altre volontà, altri tempi e luoghi, del passato e deel futuro, della nascita e forse della morte. In generale di un mondo che trascende i confini della cornice, e di orizzonti più vasti, più ampi che si chiudono dando di cozzo nella scena
sospesa davanti ai nostri occhi. Ed è tuttavia sulla pregnanza e sull'autosufficienza dell'attimo che insite Vermeer; con convinzione tale che la sua capacità di orientare e contenere si carica di valore metafisico ". 

Ancor più degli oggetti elencati, è la qualità della luce che entra dalla finestra non vista che lo persuade a volgere l'attenzione verso il difuori, al mondo oltre il dipinto. A. fissa attentamente il volto della donna, e a poco a poco riesce quasi a udirne la voce interiore mentre legge la lettera che ha tra le mani. Quella donna così avanti nella gravidanza , così tranquilla nell'imminenza deella maternità, con la lettera estratta dalla scatola, sicuramente già letta cento volte; e lassù, appesa al muro alla sua destra, una mappa del mondo che è immagine di tutto quanto esiste fuori dalla stanza: quella luce, che scende dolcemente sul suo volto e si riflette sul grembiule blu, il ventre gonfio di vita il cui blu è immerso nella luminosità, in una luce così pallida da essere quasi bianca. (...)

"La pregnanza e l'autosufficienza dell'attimo presente".






*   L'invenzione della solitudine è un libro autobiografico ma Paul Auster sceglie di parlare di sè ( A. ) in terza persona.
("... A. comprende che, mentre seduto in quella stanza scrive Il libro della memoria, sta parlando di sè come se fosse un altro per raccontare la propria storia. Deve assentarsi per essere presente. E così dice "A"., anche se intende "Io". Perchè la storia della memoria è una storia di sguardo; e rimane una storia di sguardo anche se le cos che si devono vedere non ci sono più " )

4 commenti:

  1. E' una solitudine senza paura quella che Paul Auster legge nella donna di Vermeer, una solitudine riempita dalla "pregnanza e autosufficienza dell'attimo presente", in cui le cose "debordano" e inondano con la loro essenza ciò che potrebbe altrimenti facilmente trasformarsi in un vuoto. Anche Proust era un grandissimo ammiratore di Vermeer: vedeva in lui la capacità di far parlare non la propria "personalità", ma l'essenza delle cose (come anche Chardin, non a caso un pittore soprattutto di nature morte). Vermeer ha qualcosa di magico, che pittori fiamminghi più celebri (e forse più importanti per la storia dell'arte) non hanno.

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    1. La stanza chiusa è il luogo intimo in cui, almeno fino al secolo scorso, un autore scriveva testi, lasciando che tale luogo venisse animato da pensieri, memorie legate a un tempo diverso da quello vissuto durante l’ideazione e la scrittura. Il testo scritto è un po’ come la stanza di Vermeer, una dimensione circoscritta in grado di contenere ben più di ciò che sembrerebbe possibile. Una magia! In Auster le stanze- di solito vuote o con poche suppellettili- costituiscono un elemento ricorrente e sono visitate e occupate da una persona sola intenta a pensare, ricordare....e scrivere.

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  2. Aldilà della bellezza del quadro e della descrizione dell'autore, ho qualche perplessità sulla "forzatura" fatta da Auster circa la presunta tranquillità della donna.
    La personale impressione è di imperscrutabilità del suo volto, ma qui sta probabilmente la bravura di ogni artista, sia pittore o scrittore: quella cioè di suscitare reazione ed emozione.

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  3. In effetti forse la parola “concentrazione” sarebbe più appropriata. La tua lente da giallista non perdona!:-)

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