domenica 12 maggio 2019

Se le cicogne volano in basso



Escher, carta da parati

C’era una guerra contro i turchi. Il visconte Medardo di Terralba, mio zio, cavalcava per la pianura di Boemia diretto all’accampamento dei cristiani. Lo seguiva uno scudiero a nome Curzio. Le cicogne volavano basse, in bianchi stormi traversando l’aria opaca e ferma. - Perché tante cicogne? - chiese Medardo a Curzio, - dove volano? Mio zio era nuovo arrivato, essendosi arruolato appena allora, per compiacere certi duchi nostri vicini impegnati in quella guerra. S’era munito d’un cavallo e d’uno scudiero all’ultimo castello in mano cristiana, e andava a presentarsi al quartiere imperiale. - Volano ai campi di battaglia, - disse lo scudiero, tetro. - Ci accompagneranno per tutta la strada. Il visconte Medardo aveva appreso che in quei paesi il volo delle cicogne è segno di fortuna; e voleva mostrarsi lieto di vederle. Ma si sentiva suo malgrado, inquieto. - Cosa mai può richiamare i trampolieri sui campi di battaglia, Curzio? chiese. - Anch’essi mangiano carne umana, ormai, - rispose lo scudiero, - da quando la carestia ha inaridito le campagne e la siccità ha seccato i fiumi. Dove ci son cadaveri, le cicogne e i fenicotteri e le gru hanno sostituto i corvi e gli avvoltoi. Mio zio era allora nella prima giovinezza: l’età in cui i sentimenti stanno tutti in uno slancio confuso, non distinti ancora in male e in bene; l’età in cui ogni nuova esperienza, anche macabra e inumana, è tutta trepida e calda d’amore per la vita. - E i corvi? E gli avvoltoi? - chiese. - E gli altri uccelli rapaci? dove sono andati? - Era pallido, ma i suoi occhi scintillavano. Lo scudiero era un soldato nerastro, baffuto, che non alzava mai lo sguardo. - A furia di mangiare i morti di peste, la peste ha preso anche loro, - e indicò con la lancia certi neri cespugli, che a uno sguardo più attento si rivelavano non di frasche, ma di penne e stecchite zampe di rapace. - Ecco che non si sa chi sia morto prima, se l’uccello o l’uomo, e chi si sia buttato sull’altro per sbranarlo, - disse Curzio. 

I. Calvino, Il visconte dimezzato, ( in I nostri antenati ), ed. Einaudi

Qui  quache mia nota su Il visconte dimezzato

2 commenti:

  1. A che forte Escher! Che bella scelta che hai fatto. Sempre bello leggere o rileggere Italo Calvino. Buona domenica
    Un salutone

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  2. È una carta da parati splendida. Chissà se qualcuno la produce ancora...

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