mercoledì 27 giugno 2018

Così vicino, così lontano

Da "Paradiso e Inferno " di Aldous Huxley ed. Mondadori
traduzione di Lidia Sautto


Ricordo - molto vividamente, sebbene avesse luogo molti anni fa - una conversazione con Roger Fry. Discorrevamo dei "Gigli d'Acqua" di Monet. Non era giusto, continuava a insistere Roger, che fossero così sfacciatamente disorganizzati, così completamente privi di una struttura di composizione. Erano tutti sbagliati artisticamente parlando. Eppure, egli dovette ammettere, eppure... Eppure, come direi ora, essi trasportavano. Un artista dalla straordinaria virtuosità aveva scelto di dipingere un primo piano di oggetti naturali visti nel loro contesto e senza riferimento alle nozioni meramente umane di ciò che è, o di ciò che dovrebbe essere. L'uomo, amiamo affermare, è la misura di tutte le cose. Per Monet, in quell'occasione, i gigli d'acqua furono la misura dei gigli d'acqua; e così li dipinse.

particolare di un dipinto di Monet




Lo stesso punto di vista non-umano deve essere adottato da ogni artista che cerchi di rendere la scena a distanza. Come sono minuscoli, nella pittura cinese, i viaggiatori che passano lungo la valle! Com'è fragile la capanna di bambù sul declivio soprastante! E tutto il resto del paesaggio è vuoto e silenzioso. Questa rivelazione del deserto, che vive la propria vita secondo le leggi del proprio essere, trasporta la mente verso gli antipodi; poichè la Natura primitiva ha una strana somiglianza con quel mondo interiore dove non si tien conto dei nostri desideri personali e neppure degli interessi durevoli dell'uomo in generale.
Solo la media distanza e ciò che può chiamarsi un primo piano più remoto sono rigidamente umani. Quando guardiamo molto vicino o molto lontano, l'uomo o svanisce del tutto o perde la sua supremazia. L'astronomo guarda ancora più oltre a distanza del pittore Sung e vede ancora meno di vita umana. All'altro estremo il clinico, il chimico, il fisiologo si occupano del primo piano della cellula, della molecola, dell'atomo, del subatomo. Di cose che, viste e considerate alla distanza di qualche metro, e anche meno, non lasciano traccia.
Qualcosa di analogo accade all'artista miope e all'amante felice. Nell'amplesso nuziale la personalità si dissolve; l'individuo ( è il tema che ricorre nelle poesie e nei romanzi di Lawrence ) cessa di essere se stesso e diventa parte del vasto impersonale universo.
E' così è per l'artista che preferisce fermare gli occhi al punto più vicino. Nell'opera di lui l'umanità perde la sua importanza, e finanche scompare completamente. Invece di uomini e donne nell'espressione delle loro caratteristiche di fronte all'immensità del cielo, siamo chiamati a considerare i gigli, a meditare sull'altraterrena bellezza delle "mere cose", quando siano isolate dal loro contesto utilitario e rese come sono, in se stesse e per se stesse.

dipinto di Vuillard

6 commenti:

  1. Molto bello e molto profondo questo brano di Huxley. Solo sull'"in se stesse e per se stesse" avrei qualcosa da dire. Anche le "mere cose" presuppongono un osservatore e un utilizzo, in questo caso un utilizzo estetico, quindi se vogliamo più "nobile". Al di fuori dell'utilizzo estetico la reazione umana di fronte al (disumanamente) piccolo e al (disumanamente) grande è la paura (per citare liberamente Pascal).

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    1. Si, è un timore simile a quello che si prova quando ci fissiamo a lungo allo specchio perdendo nozione di quella che chiamiamo identità. C'è paura ma anche sorpresa, curiosità quella di trovarsi per un attimo distanti da se stessi, estranei e di vedersi come per la prima volta .

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  2. Senza la presunzione di dissertare sulle tecniche artistiche, vorrei poter porre a Roger una piccola domanda: "In fondo cos'è l'arte? La pedissequa ripetizione del reale, (ormai nemmeno più seguita in fotografia, che viene anch'essa manipolata), o il sentimento dell'artista in quell'opera e di colui che di quella ne fruisce con i suoi sensi?" In quest'ultimo caso, comunque, credo che i nostri occhi si possano posare anche su un solo dettaglio dell'opera, influenzati dalle nostre esperienze, gusti, sentimenti del momento. Sbaglio?

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  3. No, non sbagli. Penso che la sorpresa di Fry confermi proprio la tua supposizione.
    :-)

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  4. Un brano che fa riflettere.
    Il vero artista non dipinge un'imitazione della realtà per così dire mettendola in mostra.
    In particolare i pittori realisti ne hanno invece colto l'essenza. Che poteva anche escludere la bellezza.

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  5. Huxley, l'autore del passo che ho riportato, è interessato non tanto alla bellezza o alla fedeltà della rappresentazione quanto alla possibilità che offre a chi guardi di avere una visione "illuminante", che consenta di vedere qualcosa come per la prima volta. Il testo da cui ho tratto il passo esamina le diverse possibilità che sono date all'uomo di avere una percezione della realtà meno ristretta, meno condizionata dalla nostra mentalità utilitaristica. Huxley sostiene che siamo strutturati in modo tale da avere visione limitata; ciò ci aiuterebbe nella lotta per la sopravvivenza; se avessimo una percezione diversa della realtà, probabilmente saremmo portati verso l'inazione, una sorta di estasi ( ...molto simile all'incanto prodotto dalla visione di certe opere d'arte )

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