Due frammenti di autori diversi, che colpiscono per le descrizioni di qualcosa di apparentemente anomalo. C'è ancora qualcuno, oggi, che usa questi metodi in agricoltura?
1.
Kòvrin arrivo da Pesòckij alle dieci di sera. Trovò Tànja e sua padre, Egòr Semënič, in grande agitazione. Il cielo chiaro, stellato, e il termometro preannunziavano il gelo per la mattina dopo, e intanto il giardiniere Ivan Karlyč era andato in città e non c’era altri di cui fidarsi. A cena si parlò solo del gelo della mattina seguente e fu deciso che Tanja non si sarebbe coricata e all’una sarebbe andata in giardino a vedere se tutto fosse in ordine, ed Egòr Semënič si sarebbe alzato alle tre ed anche prima. Kòvrin passò con Tanja tutta la sera e dopo mezzanotte andò con lei in giardino. Faceva freddo. Nella corte si sentiva già un forte odore di bruciato. Nel frutteto, che era chiamato il giardino commerciale e che dava ad Egòr Semënič migliaia di rubli di prodotto netto ogni anno, si stendeva, proprio a livello della terra, un fumo nero, denso e pungente che, avvolgendo gli alberi, salvava queste migliaia di rubli dal gelo. Gli alberi erano lì in ordine come su di una scacchiera e le loro file erano diritte e regolari come ranghi di soldati; questa regolarità pedantesca e il fatto che tutti gli alberi erano della stessa altezza e avevano corone e rami del tutto eguali rendevano il quadro uniforme e perfino noioso. Kòvrin e Tànja andavano tra le file degli alberi, dove bruciavano delle piccole cataste di letame, di paglia e di ogni specie di rifiuti, e di tanto in tanto incontravano operai che vagavano nel fumo come ombre. Erano fioriti soltanto i susini e alcune specie di meli, ma tutto il giardino affondava nel fumo e solo nei pressi della serra Kòvrin poté respirare a pieni polmoni.
«Già quando ero ragazzo starnutivo qui per il fumo, » disse scrollando le spalle. « Ma ancor oggi non ho capito come questo fumo possa salvare dal gelo. »
«Il fumo sostituisce le nuvole quando mancano, » rispose Tànja.
«E a che servono le nuvole? »
« Col tempo scuro e nuvoloso non si produce il gelo della mattina. »
«Ah , capisco! »
Anton Cechov, da "Il monaco nero" (1894), dal secondo volume dei Racconti nell'edizione tascabile Garzanti, traduzione di Ettore Lo Gatto
2.
E c’era anche un sentiero di terra nera, ben battuto, che si addentrava in mezzo agli alberi. Quando Tiburius vi mise piede, non poté non pensare a quel pazzo del piccolo dottore, che un terriccio così per i suoi rododendri e la sua erica doveva ricavarlo dalla combustione di sostanze diverse, mentre lì si trovava già in natura; senza contare poi che in quel luogo, ai piedi degli alberi, vedeva fiorire un’erica molto più bella di quella coltivata dal dottore nei suoi vasi. Si ripromise di parlargliene, una volta tornato a casa.
Adalbert Stifter, Il sentiero nel bosco, pag.50 ed.Adelphi, traduzione di Margherita Belardetti
(fermo immagine da "Lo specchio" di Andrej Tarkovskij) |