venerdì 23 dicembre 2016

Il cammello nel presepio


Il cammello ha due gobbe, il dromedario ne ha una sola. Questo lo sanno tutti, o forse no, non lo sanno davvero tutti, molti se ne dimenticano, altri se ne infischiano, come dar loro torto. In fin dei conti, non è che tutti i giorni ci capiti di incontrare un cammello (o dromedario che sia). A dirla tutta, vengono chiamati "kamel" o "camel" entrambi, un po' in tutte le lingue. Vivono in due posti molto diversi: il cammello a due gobbe è asiatico, per sua natura lo si trova dalle parti dell'Afghanistan o dell'Iran; è peloso, ha una lana lunga che è poi quella dei cappotti di cammello (si usano ancora?). Il dromedario vive in Egitto e in tutto il Sahara: ha una gobba sola e il pelo è corto, quindi il cappotto di dromedario ce lo possiamo dimenticare. Una volta l'ho detto a un collega sul posto di lavoro, che mi ha risposto "io sono stato in Egitto e ci ho visto il cammello con due gobbe"; se è per questo (ma non gli ho risposto, ho sospirato e ho lasciato perdere) io i cammelli li ho visti a Como, non distanti dal lago, al confine con la Svizzera: ero allo zoo, da bambino. Li ho visti anche e duecento metri da casa mia, dromedari e cammelli ed elefanti: al circo, allora si usava. I dromedari sono anche in Australia, numerosissimi: ce li hanno portati nell'800, non sono più andati via, l'Australia è piena di deserti e i dromedari ci si trovano benissimo. Sono due specie molto vicine, lo si vede dal nome scientifico: Camelus dromedarius e Camelus bactrianus; questo significa che possono incrociarsi e fare figli insieme. Non in natura, ma negli zoo e nei circhi, in cattività.

 
Detto questo, arrivo a parlare del presepio: nel presepio, a Natale, però ci sono tutti e due: dromedari e cammelli. Gli esperti del presepio lo sanno: i dromedari sono nel presepio così come ci sono le pecore, non sarebbero necessari alla narrazione (le pecore invece sì) ma fanno colore locale. I cammelli, quelli lanosi e con due gobbe, spettano invece ai Re Magi.


« (...) Ai Magi, i protagonisti dell'Epifania, cioè della rivelazione gloriosa di Cristo bambino alle nazioni, la tradizione si è dedicata con passione e lo fa ancor oggi con le rappresentazioni che si svolgono in molte città come accade anche a Milano che, con Colonia, conserva le ipotetiche reliquie dei Magi. Eppure chi ce ne ha parlato per primo, l'apostolo Matteo nel capitolo 2 del suo vangelo, a loro riguardo era stato molto sobrio: "Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: Dov'è il re dei giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo".
Seguiva poi un racconto delizioso, non privo di colpi di scena ma - come fanno osservare gli studiosi - tutt'altro che infantile o fiabesco, denso com'è di rimandi e allusioni bibliche e teologiche. Subito, però, la tradizione si era gettata su quelle prime righe e aveva iniziato una creazione fantasmagorica. Prima di tutto, a causa dei tre doni offerti (oro, incenso e un profumo raro orientale, la mirra) aveva contato i Magi in tre; poi li aveva fatti re sulla base di un salmo messianico che faceva prosternare tutti i sovrani davanti al Messia; poi aveva attribuito loro le tre origini razziali principali (bianca, nera, gialla) (...) Ma, al di là delle coreografie apocrife, proviamo ad interrogarci su due questioni storiche: da dove provenivano i Magi e qual era la loro stella?
Matteo alla prima domanda aveva risposto molto sbrigativamente: "giunsero da Oriente" ed erano magoi, termine che era applicato ad astronomi ed astrologi, ad aruspici e maghi secondo quella mistura di scienza e fantasia che caratterizzava l'antica sapienza.
Nella Bibbia "i figli d'Oriente " erano spesso gli Arabi del deserto arabico o siro o nabateo le cui carovane commerciavano in incenso, oro e aromi. Ben quattro tribù arabe arcaiche portavano il nome di altrettante stelle. Ma nel libro biblico di Daniele i magi sono i sapienti di Babilonia, antica sede di studi astronomici e astrologici. Un apocrifo popolare, il Vangelo arabo dell'infanzia (V-VI sec) li considerava, invece, discepoli di Zaratustra, il profeta della religione iranica, e immaginava un curioso prodigio realizzato, in occasione della festa persiana del fuoco sacro, con una fascia del piccolo Gesù, donata loro da Maria: gettata nel falò liturgico, essa era emersa intatta. "Presero, allora, a baciarla e a imporsela sulla testa e sugli occhi". (...)
In realtà l'evangelista li ha intenzionalmente fatti emergere da un orizzonte vago perché a lui premeva non il dato storico preciso ma il segno. Nella piccola processione dei Magi verso Cristo, Matteo vedeva in filigrana la processione planetaria annunziata da Gesù: "Molti verranno da Oriente e da Occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli ... " (8, 11). (...)
»
( monsignor Gianfranco Ravasi, dal Corriere della Sera 5 gennaio 1996 )



Insomma, i cammelli sono cammelli (e non dromedari) perché li hanno portati i Re Magi, dall'Iran e da altri posti lontani, dall'Oriente. Hanno seguito la Stella; Magi e non maghi, devoti a religioni considerate precorritrici del Cristianesimo. Gesù Bambino è l'immagine della convergenza delle religioni precedenti, una rivelazione ecumenica, tutt'altro che violenta o prevaricatrice (anzi, il contrario) che però l'umanità ha poi travisato e dimenticato. Forse sarebbe il caso di tornare a fare attenzione alle immagini che usiamo, ai segni e simboli di pace, soprattutto. E se può tornare utile il Cammello della Battriana, eccolo qui: speriamo che serva, il futuro è difficile e abbiamo bisogno di tutti.


(i disegni sono di un libro della seconda metà dell'800, purtroppo non ben specificato. La foto del piccolo presepio è mia.)

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