Era una mattinata calda, subito prima della Pentecoste. Nell’orto di Ester apparivano già verdi germogli. Yasha aprì la porta della stalla ed entrò. (...) A volte gli accadeva di tornare da un viaggio e di constatare che uno dei suoi beniamini se n’era andato, ma questa volta nessun animale era morto. Si sentiva di buon umore e si aggirò senza meta per la sua proprietà. L’erba nell’aia era verde e vi crescevano molti fiori: boccioli gialli, bianchi, variegati, e fiori piumati che si disperdevano ad ogni brezza. Arbusti e cardi arrivavano sin quasi al tetto della capanna. Farfalle svolazzavano qua e la, e api ronzavano di fiore in fiore. Ogni foglia ed ogni stelo avevano i loro abitatori: un bruco, un insetto, un moscerino, creature a malapena discernibili ad occhio nudo. Come sempre, Yasha si meravigliò della loro presenza. Da dove venivano? In che modo esistevano? Che cosa facevano durante la notte? In inverno morivano, ma con l’estate gli sciami tornavano, Come accadeva tutto ciò?
Quando si trovava nella taverna, Yasha recitava la parte dell’ateo, ma in realtà credeva in Dio. La mano di Dio appariva evidente ovunque. Ogni frutto, ogni ciottolo, ogni granello di sabbia ne proclamavano l’esistenza. Le foglie dei meli erano roride di rugiada e scintillavano come candeline alla luce mattutina. La sua casa si trovava ai margini della città, ed egli vedeva vasti campi di frumento, per il momento verdi, ma che di lì a sei settimane sarebbero stati di un giallo dorato, pronti per la mietitura. Chi creava tutto ciò? si domandava Yasha. Il sole, forse? In questo caso, chissà, il sole era Dio. Yasha aveva letto in qualche sacro testo come Abramo avesse adorato il sole prima di credere all’esistenza di Jehova. No, non era ignorante, Suo padre era stato un uomo dotto, e Yasha aveva studiato persino il Talmud da ragazzo. Dopo la morte del padre gli avevano consigliato di continuare gli studi, e invece era entrato a far parte di un circo viaggiante. Per metà ebreo, per metà gentile... non si considerava né ebreo né gentile. Aveva elaborato una propria religione: esisteva un Creatore, che però non si rivelava a nessuno e non lasciava capire in alcun modo che cosa fosse permesso o proibito. Coloro i quali parlavano in suo nome erano mentitori.
(Isaac B. Singer, Il mago di Lublino,
pag.11-12 ed. TEA-Longanesi, trad.Bruno Oddera)
(quando voglio farmi del bene, leggo
Isaac B. Singer)
(i due dipinti sono di Marc Chagall)
[quando...] Siamo in due :)
RispondiEliminaIl mago di Lublino è una storia bellissima, ma io penso spesso a Lo schiavo: il confronto fra le religioni, nel contesto di una storia d'amore che ha pochi uguali. Poi tanti altri scrittori (e scrittrici) più celebrati finiscono per sembrare banali...
RispondiElimina:-)
O. T. Giacinta e Giuliano, c'è un premio per voi, da me. :)
RispondiEliminaGiacinta non c'è, per intanto ringrazio io :-)
RispondiEliminaQuando e se volete rispondete a quelle domandine !!! :-)
Eliminarisponderemo, :-)
Eliminama devo aspettare Giacinta e ci vorrà un po'