L'altro giorno ho chiesto a una mia vicina di casa, italiana cresciuta in Argentina, se è facile comprendersi con gli altri americani parlando spagnolo. Mi ha risposto di sì, che ci si capisce bene un po' con tutti, anche con colombiani, messicani e salvadoregni; l'unico problema è con le cose da mangiare perché hanno quasi tutte nomi diversi in ogni Paese.
La risposta mi è piaciuta, mi ha fatto
sorridere e le ho risposto che è più o meno così anche da noi,
parliamo tutti italiano ma spesso basta fare pochi chilometri per
veder cambiare il nome delle cose che mangiamo. Un esempio: il
prezzemolo. In Lombardia, e se non ricordo male anche in Veneto, il
prezzemolo è di solito erborìn; però non in tutta la Lombardia, in
alcune zone prevale prédessée. Da mia mamma, a Colorno (pochi
chilometri da Parma, ma diverso da come si parla a Parma città), il
prezzemolo diventa borgnaerbi (bor-gnerbi con la ä dei tedeschi e la
gn di gnomo: ma se non siete nati lì non riuscirete mai a
pronunciarlo come si deve). Sempre a Colorno, i piselli sono riviòot
(ma, anche qui, la pronuncia...), il finocchio è "scartocén" e i pomodori "tumaki"; a proposito di piselli, in Veneto si
chiamano bisi e "risi e bisi" è una ricetta molto famosa.
A questo punto mi sono incuriosito e ho
chiesto a Giacinta come si chiama il prezzemolo a Matera: mi ha
risposto ptrsn. Poi, per telefono, mi ha anche fatto sentire come si
pronuncia e ho cominciato a capirne qualcosa di più: la soluzione
della crittografia è "petrosino". Petrosino rimanda a
Pietro (che sia san Pietro?) ma anche alla pietra (però il
prezzemolo non cresce fra le pietre) ed è inoltre il nome comune del
prezzemolo anche in altre parti d'Italia (ad Amalfi, "petrosillo").
E qui arriva il colpo di scena: "Petroselinum crispum" è
infatti il nome scientifico del prezzemolo.
Credo proprio che rinuncerò a parlare
il materano, ma intanto la curiosità è rimasta: come si chiama il
prezzemolo dalle vostre parti?
(da "Guida alle piante di uso comune", editore Muzzio)
PS: A Livigno, le carote sono gnif e
la patate tartùfol ; a Caserta le melanzane si chiamano molignani e i
cachi diventano "cachisse"; nel comasco la valeriana (insalata)
passa al maschile e diventa "acciarìtt", ma a pochi passi
da qui, verso Milano, gli acciarìtt diventano laccìtt. (Chi volesse
continuare, è più che benvenuto.)
Ogni regione ha le sue particolarità. So che nel varesotto una mia amica le fragole le chiama "magioster".
RispondiEliminaAnche dalle mie parti in Liguria ci sono tante parole strane. Però nell'estremo ponente ligure parlano un dialetto misto fra il corso, l'antico francese con influenze sarde (quindi non parlano ligure).
In questo momento non mi viene niente in mente, nel caso tornerò sul tuo post
Un salutone
sì, magioster lo dicono anche qui da me (ma sempre meno). Il nome implica il mese di maggio, ma ormai le fragole sono di serra e si trovano tutto l'anno...
Eliminaaggiungo che anche qui, a nord di Milano, i pomodori sono "tumatis", come i tumaki di Parma (un'influenza anglo-americana?) E poi i vecchi milanesi dicono ancora "pom de tèr" per indicare le patate, come i francesi.