Una farfalla tra le più comuni: il
bruco mangia le foglie delle verze, dei cavoli, che ancora molti
tengono negli orti. Fa parte della famiglia delle Pieridi, che vanta
numerose altre specie di grande semplicità e bellezza, come la
cedroncella che è simile alla cavolaia ma più colorata.
La poesia di Gozzano è di 134 versi, e
riserva più di una sorpresa. La prima parte è infatti dedicata a un
parassita del bruco della cavolaia, un imenottero (parente delle
vespe) che depone le sue uova pungendo il bruco. Il bruco fa poi la
sua vita normale, diventa addirittura crisalide, ma poi dalle
crisalide nascono le vespine: il bruco è stato divorato.
Gozzano osserva questa sequenza
sconcertante, ed è il punto (dal verso 45) che mi interessa
sottolineare:
Non divina e perfetta, ma potenza
maldestra, spesso incerta, ...per non perder pietà si fa spietata.
è il Paradiso di Dante, IV 105: per
non perder pietà si fè spietato
Come in questa vicenda e in altre
molte,
la Natura, che i retori vantarono
perfetta ed infallibile, si svela
stretta parente col pensiero umano!
Non divina e perfetta, ma potenza
maldestra, spesso incerta, esita, inventa,
tenta ritenta elimina corregge.
Popola il campo semplice del Tutto
d'opposte leggi e d'infiniti errori.
Madre cieca e veggente, avara e prodiga,
grande meschina, tenera e crudele,
per non perder pietà si fa spietata.
E quando vede rotta l'armonia
riconosce l'errore, vi rimedia
con nascite novelle ed ecatombi.
Essa accenna alla Vita ed alla Morte;
e le custodi appaiono, cancellano,
ritracciano la strada ed i confini.
(pag.266-67)
Il resto della poesia è pura
descrizione, ma questo frammento sembra tratto dal Leopardi delle
Operette Morali.
(le fotografia vengono dal sito di Luciana Bartolini, che è di quelli da non perdere)
(le fotografia vengono dal sito di Luciana Bartolini, che è di quelli da non perdere)
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