Le lucertole, con le loro codine
intelligenti e con i loro occhietti penetranti, mi hanno raccontato
cose meravigliose mentre mi arrampicavo solitario tra le rocce
dell'Appennino. Infatti ci sono cose tra cielo e terra che non solo i
nostri filosofi, ma nemmeno il più semplice degli sciocchi può
arrivare a comprendere. Le lucertole mi hanno raccontato che tra le
pietre circola una leggenda secondo la quale Dio un giorno si farà
pietra per salvarle dalla loro durezza. Una vecchia lucertola era
però dell'opinione che questa petrificazione sarebbe avvenuta solo
dopo che Dio si fosse incarnato in ogni specie animale e vegetale e
le avesse redente tutte. Solo poche pietre sono capaci di sentimento,
ed esse respirano solo al chiaro di luna. Queste pietre si rendono
conto della loro condizione e sono terribilmente infelici. Gli alberi
sono più fortunati: possono piangere. Gli animali sono più
fortunati ancora perché possono parlare, ognuno a suo modo, e gli
uomini meglio di tutti gli altri. Un giorno, quando il mondo intero
sarà redento, anche a tutte le altre creature verrà concesso di
parlare, come in quelle epoche remotissime cantate dai poeti.
Le lucertole sono una razza ironica e si beffano volentieri degli altri animali. Ma con me furono gentilissime, sospirarono con sincerità e mi raccontarono la storia dell'Atlantide, che io trascriverò un giorno ad edificazione del mondo intero. Si stabilì una grande dimestichezza tra me e quelle bestiole che sono quasi gli archivisti degli annali segreti della natura. Forse esse sono famiglie di sacerdoti stregati, come quelle dell'antico Egitto che vivevano come le lucertole in grotte labirintiche spiando i segreti della natura. Sulle loro testoline, sui piccoli corpi e sulle code fioriscono segni meravigliosi come sugli egizi berretti fitti di geroglifici e sulle vesti degli ierofanti.
I miei piccoli amici mi hanno insegnato
un linguaggio mimico per mezzo del quale posso parlare con la natura
muta: e questo mi solleva spesso l'anima, specie verso sera quando i
monti sono avvolti di ombre dolci e paurose e le cascate scrosciano e
tutte le piante mandano i loro profumi, e intorno guizzano rapidi
lampi. Natura, vergine muta! Capisco il tuo lampeggiare, il vano
tentativo di parole che trema sul tuo bel viso, e tu mi commuovi così
profondamente da farmi piangere. Ma anche tu mi capisci, ti rassereni
e mi sorridi con i tuoi occhi dorati. Vergine bella, io capisco le
tue stelle e tu capisci le mie lacrime.Le lucertole sono una razza ironica e si beffano volentieri degli altri animali. Ma con me furono gentilissime, sospirarono con sincerità e mi raccontarono la storia dell'Atlantide, che io trascriverò un giorno ad edificazione del mondo intero. Si stabilì una grande dimestichezza tra me e quelle bestiole che sono quasi gli archivisti degli annali segreti della natura. Forse esse sono famiglie di sacerdoti stregati, come quelle dell'antico Egitto che vivevano come le lucertole in grotte labirintiche spiando i segreti della natura. Sulle loro testoline, sui piccoli corpi e sulle code fioriscono segni meravigliosi come sugli egizi berretti fitti di geroglifici e sulle vesti degli ierofanti.
(Heine ironizza sul concetto di Schelling che la Natura sia "intelligenza pietrificata")
Heinrich Heine, da "La città di Lucca", tratto da "Reisebilder - Impressioni di viaggio", ed. De Agostini 1981, traduzione di Vanda Perretta)
(la lucertola, secentesca, è opera di Giovanna Garzoni)
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