Laggiù a casa, secondo l'uso d'un cento anni fa, molti soffitti erano di tela. Cioè, intendiamoci, erano ad antiche travate, ma rozze per lo più e irregolari; donde che, per coprire quelle brutture e d'altra parte risparmiare le spese di cassettatura ( bella parola in fede mia, non però peggiore di "evidenziazione" o dello scioglilingua "competitività" ), si ricorreva a tele, appunto; le quali poi, incartate, potevano venire più o meno vagamente dipinte. E, com'è ovvio, tale disposizione comportava una sorta di intercapedine tra le travi sbilenche e la faccia superiore della tela medesima. Col che siamo al punto che ci interessa.


Dopo di che, principiava una galoppata generale, che in particolari giorni molto umidi o troppo caldi poteva diventare frenetica: finchè non si spegneva, ritirandosi topi grandi e piccini pel sonno nei loro quartieri diurni, con qualche rumore inverso o antagonistico rispetto a quelli descritti.
Ecco, e tutto questo affascinava stranamente me bambino: quasi avessi presentito o meglio scoperto per mio conto il "corso topigno della vita " di cui un celebre poeta iperboreo.
Tommaso Landolfi
( da " La cavalleria dei topi" in Diario perpetuo ( qui ) ed. Adelphi pp. 334-335)
( topinho e topinha sono mamozzi di Giuliano )
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