Quella mattina faceva caldo, si preparava un temporale. Le finestre della classe erano aperte. Lontano, la città ronzava, sempre sulla medesima nota, come api nell'alveare.
Dal cortile giungevano grida di bambini che giocavano. L’odore d'erba della terra e dei virgulti novelli appesantiva la testa, come il giovedì grasso l'aroma di vodka e di frittelle. L'insegnante di storia parlava della spedizione di Napoleone in Egitto. Quando arrivò allo sbarco a Fréjus, il cielo si oscurò e, squarciandosi, ruppe in fulmini e tuoni; insieme all'odore fresco di terra, invasero l'aula nugoli di sabbia e di polvere.
Due alunni zelanti si lanciarono servizievolmente nel corridoio a chiamare il bidello perché chiudesse le finestre, e, quando spalancarono la porta, una corrente d'aria sollevò e fece volar via dai banchi le carte assorbenti dei quaderni. Le finestre furono chiuse. Venne giù uno sporco acquazzone cittadino, mischiato di polvere. Lara strappò un foglio dal taccuino e scrisse alla sua vicina di banco, Nadja Kologrivov (...)
(immagini da "L'ultima onda" di Peter Weir) |
"L'ultima Onda" (1977) di P. Weir è uno di quei film che hanno anticipato la realtà dei problemi del nostro pianeta. Volevo vederlo all'epoca ma non ho avuto modo, l'ho qualche anno dopo ed è un bel film. Il legame che hai creato con Pasternak è interessante
RispondiEliminaUn salutone
in realtà c'è una forzatura, perché nel film di Weir il temporale arriva senza nuvole, d'improvviso, misterioso e potente. Quello di Pasternak è un temporale "normale" ma i temporali sono sempre inquietanti.
Elimina"L'ultima onda" mi ha aperto il mondo degli aborigeni australiani, e ha cancellato i luoghi comuni che avevo seguito fin lì. Solo qualche anno dopo avrei letto Le vie dei canti, la prima volta che vidi il film di Weir fu una specie di shock culturale e penso che nel '77 quasi tutti fossero nella mia condizione, in Italia. (è anche un gran bel film, appassionante, da vedere anche senza pensarci troppo)