" Verso il primo doppopranzo del 20 giugno del 1670, mentre stava a spaccare ligna con l'accetta, Filònia, da una fitta più forte delle altre, capì che il mumentu era arrivato. La gnà Gesuina Palillo, una della truppa, matre di quattordici figli, le aveva spiegato quello che c'era da fare nell'occasioni. Non volle trasire in casa, che la teneva pulita come uno specchio, avrebbe allordato tutto. Perciò radunò tanticchia di paglia vicino al pozzo, si spogliò nuda, vi si stese sopra. Era sula: Gisuè era andato a Vigàta con l'asino, lo scecco, e aveva voluto portarsi appresso Pippìno, che ora aveva tre anni passati e dava già una mano al patre.
Tutt'insemmula, a una spinta più forte, si vagnò in mezzo alle gambe, erano le acque che ora aiutavano la criatura, la sua testa, a nesciri fora. Il dolori era forte e Filònia si mise a fare voci, tanto era sola. A questo punto a lei s'avvicinò tutto l'armalume che consisteva in un cane randagio che s'era allocato in casa e che tutti chiamavano, senza fantasia, u cani, in una capra girgentana, alta e grossa, di lungo pelame marrò, con due corna di liocorno e grandi minne scure, in quattro galline bianche. Il gallo nero invece si mise a passiare nervosamente davanti e narrè. Quando finalmente la criatura niscì tutta, Filònia vide che aveva fatto un figlio màscolo, un altro doppo Pippìno, e se ne arricreò. Ah li figli màscoli, fortuna di la famiglia, ricchizza della casa! Ah petti forti, spalle larghe, vrazza nerborute, minchie per fare figli e figli!
Michele era nasciuto: Il nome l'aveva stabilito con Gisuè: se era màscolo, Michele, come il patre di Filònia ( a Pippìno avevano già dato il nome del patre di Gisuè ), se disgraziatamente era fìmmina, si sarebbe chiamata Concetta, come la matre di Gisuè. Si portò il cordone all'altezza della vucca, lo tagliò di netto con una dentata, l'annodò. Quindi pigliò MIchele per li pedi, come le aveva detto di fare la gnà Gesuina, lo mise a testa sutta e gli diede una manata sulla schina. Allora capitò una cosa. Alla botta, Michele raprì gli occhi, taliò sua matre e, invece di mittirisi a piangere, come sarebbe stato di natura, arridì. Filònia dapprima non ci credetti, poi dovette farsene pirsuasa: suo figlio stava ridendo, a gola piena, come un omo granni.
Stanca, la fimmina mise il piciliddro allato, sulla paglia, e allargò le vrazza per respirare meglio. Sulla mano mancusa le cadì una cosa cavuda e tonda, era un ovo che una gaddrina le stava regalanno. A occhi chiusi Filònia ci face un pirtuso con una pietra nica e se lo sucò. Poi sentì che il sole le scompariva dalla faccia. Raprì gli occhi: la capra girgentana gli si era messa supra e teneva le minne all'altezza della sua vucca. Filònia isò le mani, la mungì, e il latte cavudo cavudo le trasì dritto nella gola. Quando la capra sinni andò, vide che u cani aveva leccato il picciliddro e l'aveva puliziato tutto. Ebbe un'altra contrazione e le venne fora a mamma , la placenta. U cani se la mangiò."
Andrea Camilleri, Il re di Girgenti, ed. Sellerio
Illustrazioni di Gala Pont
Dico che è SUBLIME. Non saprei come altro definire questo estratto da un romanzo che è nella mia lista di acquisti imminenti. Voglio scoprire Camilleri e comincerò proprio da Il re di Girgenti.
RispondiEliminaLo sto leggendo in questi giorni. Zosimo, il personaggio principale, è molto riuscito ma Il re di Girgenti è anche e soprattutto un romanzo corale e storico. Ci sono anche riferimenti al mito e a situazioni di opere note. È una sorta di “summa” letteraria
RispondiEliminaMi interessa sempre di più.
EliminaGli animali sono sublimi. Generalmente ci rimangono indicibili, ma Camilleri se la cava piuttosto bene!
RispondiEliminaE' una bella pagina:-)
Elimina(Ho visto che nel blog manca la mangusta Rikki-Tikki-Tavi, la mia preferita. Tu o Giuliano dovreste intervenire! :-) )
RispondiEliminaDi Rikki-Tikki-Tavi non so che quello che ho letto or ora su Wikipedia. Grazie per lo spunto di lettura, anche perchè conosco poco Kipling. Magari Giuliano ne sa più di me...
RispondiElimina:-)