sabato 3 novembre 2018

L'auto ecologica ( 1 )

Luigi Meneghello era figlio di un meccanico d'auto, gli piacevano (come a tanti italiani) le moto e le automobili. Quando si trasferì in Inghilterra, per insegnare all'Università di Reading, scoprì che la passione per le automobili non era altrettanto diffusa in quelle contrade. Meneghello lo spiega bene anche nell'intervista televisiva con Marco Paolini: per gli inglesi, l'automobile era solo un mezzo per andare da un posto a un altro, senza altri particolari significati; e di questo era rimasto deluso e sorpreso. Ho trovato molti di questi "rottami" anche nei libri di James Herriot, e in altri libri inglesi; e devo dire che ho trovato queste pagine divertenti e anche commoventi, perché in anni difficili (gli anni '30 per il veterinario Herriot, gli anni '40 del primo dopoguerra per Meneghello) si dava il giusto valore alle cose, almeno in Inghilterra, e l'automobile non era al primo posto in quella scala di valori.
Quando uscimmo, [il vicario] si offerse di portarmi intanto alla Hall in macchina. «I’ve got a car» mi disse, e nel verbo del possesso, e specialmente in quel “Ka” si sentiva l’orgoglio del padrone di un carro in quei tempi grami. Andammo a riprendere il Ka. Aveva accennato che era una berlina (saloon) nerastra (maroon). C’era qualcosa di distintamente volgare nel suo modo di proferire queste parole, e anche buona parte delle altre. Arrivammo al Ka, un manufatto molto deprimente. Appresi, in seguito, che un Ka non aveva le caratteristiche essenziali delle nostre automobili, la maggiore o minore bellezza delle forme per esempio, o l’agilità impetuosa del motore, presente o carente. Il Ka era un aggeggio utilizzabile per il trasporto delle persone e dei loro ammennicoli. E basta. Anzi si sarebbe detto che quanto più era brutto, vecchio, goffo, se possibile anche parzialmente sfasciato, tanto più risaltava la sua essenza pragmatica. Qui poi c’era un tratto negativo particolare. Il Ka del vicario era come lui, come la sua voce, era un po’ sguaiato. (...)
(Luigi Meneghello, Il dispatrio, pag.85 ed.BUR 2007)
 

Amo molto Meneghello, ma sulla questione delle auto e delle moto non sono mica tanto d'accordo con lui, e penso ogni giorno di più che bisognerebbe davvero cominciare a considerare l'automobile per quello che è, un mezzo di trasporto e non un giocattolo. So già che è una partita persa in partenza, fin da piccoli siamo condizionati dal "brum brum" delle macchinine e ci insegnano a guardare le moto con ammirazione (le moto grosse!). Insomma, l'automobile e la strada asfaltata ormai da tempo vengono vissute come se fossero il nostro ambiente naturale; sulla questione però ci sarebbe molto da dire, a cominciare dal fatto che l'asfalto non si mangia e dove c'è l'asfalto non cresce niente. Ci avevate mai pensato?
Siamo stati cresciuti, fin da piccoli, con il mito della formula uno, dei rallies, delle gare in moto, di Los Angeles e delle autostrade sopraelevate; il nostro immaginario ormai è quello e sarà difficile cambiarlo, ammesso che lo si voglia. Però ci si dimentica sempre di un dettaglio non da poco: a Los Angeles c'è il deserto. In un posto situato dentro il deserto, o ai suoi confini, si può ben costruire un'autostrada a cinque corsie per senso di marcia. Lo stesso capita a Las Vegas (il deserto del Nevada, dove facevano i test per la bomba atomica), o in Qatar e in Oman, paesi presi a modello dall'edilizia in questo inizio di millennio.
In Italia il deserto non c'è, ma c'è chi si impegna per crearlo e direi che siamo già a buon punto. Vrum vrum a tutti.

 
(le due foto erano su internet, purtroppo senza indicazioni sull'autore)
 

2 commenti:

  1. Doppiamente d'accordo con te, caro Giuliano: sulla bruttezza e pericolosità del mito dei motori, e dell'inculcare nei ragazzi la cul-tura del motor show anziché quella del motor SLOW (non seguo una gara da decenni, e quando al mare vedo tutti quei pecoroni che interrompono qualsiasi attività ludica o rilassante per assieparsi a tifare per gli imbecillotti che corrono in motoretta mi viene la nausea!) sia sulla grandezza di Meneghello: quando uno scrive da dio, per capirlo bastano poche righe come quelle che hai scelto tu qua sopra.

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    1. ho una grande ammirazione per ingegneri e meccanici, e anche un bel po' di invidia, però queste cose vanno dette. Non serve a niente dirle, ma vanno dette.
      Una cosa che mi ha impressionato di recente: la riduzione del rumore dei motori in formula uno. Loro si sono lamentati, "non è più bello così". Mah. Mi ricordo anche di quando portavo la macchina dal meccanico negli anni 80 e anche 90, io dicevo "esco perché mi danno fastidio i gas di scarico" e loro ridacchiavano, non è da uomini... Anni dopo, le stesse persone mi intimavano di spegnere il motore appena entrato: "un attimo, sto ancora facendo manovra..."

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