giovedì 15 novembre 2018

Il fiore non è cresciuto


Mentre Settimio era così occupato s'inoltrò l'estate e con essa apparve il nuovo personaggio che si fa avanti tra queste pagine. Era una pallida ed esile giovane che Settimio fu stupito di trovarsi dinanzi allorché salì il suo poggio per fare la consueta passeggiata avanti e indietro sul solito sentiero che ormai aveva segnato profondamente a forza di calcarlo. Cosa ancor più strana: ella sedeva vicinissimo al sepolcro che soltanto lui ed il pastore sapevano essere una tomba, al tumulo che egli aveva un poco spianato piantandoci vari fiori e arbusti: l’estate li aveva resi lussureggianti ed il povero giovane sottoterra aveva contribuito quanto aveva potuto, tentando di renderli il più possibile vezzosi a ricordo della propria bellezza.
Settimio desiderava celare il fatto che quella fosse una tomba: non che lo tormentasse un senso di colpa per aver sparato al giovane, avendolo fatto in aperta e leale battaglia, ma tuttavia aver steso una bella creatura così adatta a godersi la vita su quel punto del terreno dove forse sarebbe stato meglio celare il suo volto cupo ed il suo petto turbato, questo non era il più piacevole dei pensieri. (Forse potrebbero talvolta esservi dei tratti fantasticamente briosi nel linguaggio e nel comportamento della ragazza).
Bene: ma sopra la tomba camuffata con fiori e arbusti sedeva questa figura femminile, una sconosciuta dalla grazia esile, pallida e malinconica, semplicemente vestita d’un abito nero portato con grande negligenza. D’acchito Settimio pensò che potesse essere Rose, ma uno sguardo bastò a farlo ravvedere; questa figura era diversa dalla bellezza vigorosa benché lieve e scattante di Rose, essendo di una grazia stanca, e quand'egli fu abbastanza vicino da ravvisarne il volto s'accorse che gli occhi vasti, scuri e malinconici che lo fissavano non avevano mai incontrato i suoi prima d'allora.


«Buondì, bella donzella » disse Settimio, con quanta cortesia seppe usare (a dir vero dl una qualità rustica, avendolo la vita messo assai poco in contatto con la società femminile). «Quassù in cima spira una bell'arietta, questa mattina che da basso è così afosa! » Mentre parlava seguitava a guardare con stupore la strana giovinetta, quasi fantasticando che ella avrebbe potuto essere spuntata dal sepolcro, talmente era inattesa, così dissimile da tutto quanto c'era stato in precedenza in quel luogo.
La giovane non gli parlò, ma, seduta accanto al sepolcro, continuò a ripulirlo dalla zizzania, dalle bianche lame di stinta erba autunnale e dagli aghi di pino che s'erano confitti nel suolo come a esplorarne la natura e la flora: invero parevano crescervi varie specie di fiori, gli astri ed i crisantemi delle biade che l'autunno largisce in abbondanza. Ella sembrava alla ricerca di qualcosa e sovente strappava una foglia esaminandola attentamente, poi la gettava in terra scuotendo il capo.
Alla fine levò il pallido viso e fissando gli occhi tranquillamente su Settimio disse: «Non è qui ».
Era una voce dolce, lamentosa e bassa, ed ella parlava a Settimio come se egli le fosse familiare, come avendo qualcosa in comune con lui. Egli era molto interessato, non riuscendo a figurarsi chi fosse quella strana ragazza o di dove ella giungesse e quale potesse essere il motivo per cui veniva a sedersi accanto alla tomba, come in una spedizione botanica alla ricerca di qualche pianta speciale.
«State cercando fiori? » domandò Settimio. « Questo è un sito desolato e non è neanche la buona stagione. Nei prati e sulla riva dei ruscelli, potrete trovare adesso la genziana frangiata. Nei boschi ci sono parecchi fiori graziosi, saracenie, anemoni e violette vi abbondano di primavera e inazzurrano tutto il colle. Ma questa cima, col suo scarso terriccio sparso sopra una distesa di ciottoli, non è un luogo propizio ai fiori.»
« Il suolo sarebbe adatto » disse la donzella, «ma il fiore non è cresciuto»,
«Di qual fiore state parlando? » domandò Settimio.
« Di uno che qui non si trova » disse la ragazza pallida. « Non importa. Tornerò a cercarlo la primavera prossima ».
« Dunque abitate da queste parti? » domandò Settimio.
« Certo » disse la giovane con faccia sorpresa. « e dove dovrei abitare? La mia dimora è su questa cima.»
Settimio rimase un poco sbalordito, si può ben immaginare, di scoprire che il suo retaggio da parte di padre, di cui i suoi avi erano stati i proprietari esclusivi dagli albori del mondo, dato che lo tenevano in forza d’un contratto indiano, era rivendicato come casa e dimora da questa vezzosa pallida donzella dallo strano comportamento, la quale parlava come se le spettassero dei diritti sul luogo, neanche fosse spuntata su dalla terra come uno dei selvatici fiori indigeni che aveva or ora contemplate e colto. Comunque fosse, ora pareva in procinto di partire: s’era alzata e aveva fatto un cenno d’addio al tumulo verdeggiante che sembrava illeggiadrito dalle sue cure.
«State per partire?» disse Settimio, guardandola esterrefatto.
«Per qualche tempo » ella rispose.
«E vi rivedrò? » egli domandò.
«Certo » disse la donzella, « questo è il mio passeggio, torno torno al ciglio del colle ».
Ancora una volta Settimio provò uno strano brivido di sorpresa scoprendo che il sentiero da lui stesso tracciato a furia di calcarlo e spianarlo, dai tempi in cui l'erba folta ne rendeva irregolari i margini fino ad adesso che era ben visibile, come un viottolo in mezzo a un bosco o attraverso ad un campo quotidianamente percorso da molti viandanti, scoprendo che questo sentiero, incarnazione dei suoi pensieri, progetti e sentimenti più segreti, che questa scrittura tracciata dal suo corpo sospinto dalla guerra e dall’agitazione dell'anima, veniva rivendicata da una strana ragazza con degli occhi e con una voce pervasi di malinconia, che pareva legata a lui da una così mesta familiarità.
«Siete la benvenuta» egli disse, tentando di ribadire almeno quel tanto di proprietà che era implicito nel fatto di offrirla ospitalmente ad un’altra persona.
« Sì » disse la ragazza « si dovrebbe essere sempre benvenuti sul proprio».


Nathaniel Hawthorne, "Settimio Felton" pag.68-71ed. Garzanti 1998, traduzione di Elemire Zolla

(il disegno è di Beatrix Potter, la fotografia era in rete senza indicazioni)


2 commenti:

  1. Non conoscevo affatto questo libro di Hawthorne. Certo che incuriosisce.

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  2. è un romanzo incompiuto, nel senso che molti capitoli sono abbozzati anche se la storia è completa. Non è facile da seguire, ma ne vale la pena. (la tomba è di un soldato ucciso durante la guerra di secessione)

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