Ho sempre ammirato la disinvoltura dei
cani che entrano in un salotto, in pieno ricevimento. Il contegno dei
più abituali frequentatori di riunioni mondane è goffo e impacciato
al paragone con l'entrata semplice e sicura di un cane in un salotto.
L'animale, per nulla intimidito dalla presenza di tante belle e
importanti persone, entra, va difilato di qua e di là, ha l'aria di
credere che non si aspetti che lui, e questo non lo turba affatto.
(...)
Ieri sera, mentre prendevo il fresco
sulla via che porta al paese, (...) questa bestiaccia s'azzuffa con
un minuscolo cagnolino e vedo una bellissima signorina che se la
prende con me: « Quando si ha una belva, invece d'un cane, -
strepitava - non si porta in giro». E si teneva in braccio il suo
cagnolino, che continuava ad abbaiare con fare provocatorio (...)
«Ma anche quel microbo - osservai - non scherza. » « Microbo! E'
bello quel suo cavallo!» (...) « Via, - dissi - non si riscaldi.
Per farle piacere, darò quattro calci al mio cane.» «Lui non ha
colpa. La colpa è del padrone, che dovrebbe badarci.» «Va bene -
dico - darò quattro calci a mio zio, che è il padrone.» Intanto
camminavamo insieme.
(Achille Campanile, da "In
campagna è un'altra cosa", pag.25 ed.Rizzoli 1980)
(la foto era su internet, purtroppo non era indicato l'autore)
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