venerdì 3 marzo 2017

Il cane dello zio


Ho sempre ammirato la disinvoltura dei cani che entrano in un salotto, in pieno ricevimento. Il contegno dei più abituali frequentatori di riunioni mondane è goffo e impacciato al paragone con l'entrata semplice e sicura di un cane in un salotto. L'animale, per nulla intimidito dalla presenza di tante belle e importanti persone, entra, va difilato di qua e di là, ha l'aria di credere che non si aspetti che lui, e questo non lo turba affatto. (...)
Ieri sera, mentre prendevo il fresco sulla via che porta al paese, (...) questa bestiaccia s'azzuffa con un minuscolo cagnolino e vedo una bellissima signorina che se la prende con me: « Quando si ha una belva, invece d'un cane, - strepitava - non si porta in giro». E si teneva in braccio il suo cagnolino, che continuava ad abbaiare con fare provocatorio (...) «Ma anche quel microbo - osservai - non scherza. » « Microbo! E' bello quel suo cavallo!» (...) « Via, - dissi - non si riscaldi. Per farle piacere, darò quattro calci al mio cane.» «Lui non ha colpa. La colpa è del padrone, che dovrebbe badarci.» «Va bene - dico - darò quattro calci a mio zio, che è il padrone.» Intanto camminavamo insieme.
(Achille Campanile, da "In campagna è un'altra cosa", pag.25 ed.Rizzoli 1980)


(la foto era su internet, purtroppo non era indicato l'autore)

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