Quando il mare era già mare, la terra
non era altro che nuda roccia. I licheni, venuti dal mare, fecero le
praterie. Loro invasero, conquistarono e inverdirono il regno della
pietra. Questo accadde nella notte dei tempi, e continua ancora ad
accadere. Dove non vive nulla, vivono i licheni: nelle steppe gelate,
nei deserti ardenti, nella parte più alta delle montagne più alte.
I licheni vivono fintanto che dura il matrimonio fra le alghe e i
loro figli, i funghi. Se il matrimonio si disfa, si disfano i
licheni. Talvolta le alghe e i funghi divorziano, per liti e
discussioni. A detta delle alghe, i funghi le tengono al chiuso e non
gli lasciano vedere la luce. A detta dei funghi, le alghe li nauseano
con tutto lo zucchero che gli danno giorno e notte.
( Eduardo Galeano, da "Le labbra
del tempo" pag.4 ed. Sperling & Kupfer 2004, traduzione di
Marcella Trambaioli )
Gli incospicui e negletti licheni, a salutarli a vista per nome, pare di aiutarli ad esistere...
Così dichiarava Camillo Sbarbaro, che visse tutta la vita studiandoli. E
ne scoprì nuove specie diventando uno specialista di fama
internazionale. Questo suo amore segreto e scabro, che riesce a
vivere nell'aridità più totale e nell'indifferenza della roccia, è
anche il paesaggio della sua terra; il deserto - poi - della sua
poesia tesa e aspra. Il distacco e il disaccordo col mondo
costituiscono il trucco di cui si veste la sua opera (che per i temi
mi è così tanto cara...). Così la sua vita tanto ricca di energia
e di pathos si fa tanto più essenziale e dimessa nel suo
linguaggio lirico.
E i titoli delle sue raccolte poetiche ben
rispecchiano l'effimero della sua vita nell'arte: Pianissimo,
Trucioli, Scampoli, Bolle di sapone, Rimanenze...
Ma credersi
effimeri non vuol dire esserlo; Sbarbaro non lo era affatto e, a
quarant'anni dalla sua morte, le sue poesie resistono bene al passare
del tempo.
La bambina che va sotto gli alberi / non ha che
il peso della sua treccia, / un filo di canto in gola. / Canta sola /
e salta per la strada; ché non sa / che mai bene più grande non
avrà / di quel po' d'oro vivo per le spalle, / di quella gioia in
gola.
A noi che non abbiamo / altra felicità che di parole, / e non l'acceso fiocco e non la molta / speranza che fa grosso a quella il cuore, / se non è troppo chiedere, sia tolta / prima la vita di quel bene.
( da Rimanenze ora in Camillo Sbarbaro - L'opera in versi e in prosa )
A noi che non abbiamo / altra felicità che di parole, / e non l'acceso fiocco e non la molta / speranza che fa grosso a quella il cuore, / se non è troppo chiedere, sia tolta / prima la vita di quel bene.
( da Rimanenze ora in Camillo Sbarbaro - L'opera in versi e in prosa )
( le foto dei licheni sono di Amadée Ricketts, un fotografo straordinario )
Giuliano caro, quanto tempo! Questa nostra mania di aprire blog non scompare mai. :)
RispondiEliminaCiao, a presto!
-Mat
Pensa che ho appena ritrovato i tuoi commenti a E la nave va...
RispondiElimina:-)
ma qui il merito è tutto della professoressa Giacinta.
Hai ancora la mia mail?
E' un film che vorrei rivedere a breve, infatti. :) Così come "La voce della luna". Spesso, non so perché, inizio a pensare a uno dei miei film che ho visto & rivisto: può passare anche un mesetto, prima che effettivamente vada a rivedermelo per la centesima volta.
RispondiEliminaLa tua mail... quella col tuo nome e cognome non più, purtroppo. Ho questa con la quale accedi ai blog. La mia è sempre la stessa, la trovi anche su Immagine Pubblica.
bene, allora prima o poi una mail ti arriva :-)
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