|
(Herman Rountree, 1932) |
Il Paranà è pieno di isole che vanno
soggette a un ciclo costante di distruzione e di rinnovamento. A
memoria del capitano, ne erano scomparse parecchie grandi e altre se
ne erano formate, coperte di vegetazione. Esse sono composte di
sabbia fangosa, senza nemmeno il più piccolo ciottolo, ed erano alte
allora circa un metro e venti sul livello del fiume. Durante le
inondazioni periodiche peraltro vengono completamente sommerse. Tutte
hanno un carattere comune: numerosi salici e alcuni altri alberi sono
legati fra di loro da una grande varietà di piante rampicanti, in
modo da formare una densa giungla; e queste macchie offrono un riparo
ai capibara e ai giaguari. Il timore di quest’ultimo animale toglie
completamente qualsiasi piacere di passeggiare attraverso i boschi.
Quella sera non avevo fatto cento metri che trovai segni indubbi
della presenza della tigre e fui costretto a tornarmene indietro. Su
ogni isola vi erano tracce e come nell’escursione precedente «el
rastro de los Indios» era stato il soggetto della conversazione, in
questa lo fu «el rastro del tigre».
Le rive boscose dei grandi fiumi
sembrano essere il luogo di soggiorno preferito dai giaguari, ma mi
fu detto che a Sud della Plata essi frequentano i canneti che bordano
i laghi; ma ovunque siano sembrano aver necessità dell'acqua. La
loro vittima usuale é il capibara, tanto che si dice generalmente
che dove i capibara sono numerosi vi è poco pericolo da parte del
giaguaro. Il Falconer asserisce che sul versante meridionale
dell’estuario della Plata vi sono molti giaguari e che essi si
nutrono soprattutto di pesci e anch’io ho avuto più volte questa
informazione. Sul Paranà essi hanno ucciso parecchi boscaioli e sono
persino saliti sulle navi durante la notte. Vi è un uomo, che vive
ora a Bajada, che salendo in coperta quando era buio, fu afferrato
alle spalle; riuscì tuttavia a salvarsi perdendo l'uso di un
braccio. Quando le inondazioni scacciano dalle isole questi animali,
essi diventano molto più pericolosi. Mi fu raccontato che pochi anni
fa un grande giaguaro entrò nella chiesa di Santa Fè; i due
sacerdoti, entrando uno dopo l'altro, furono uccisi e un terzo che
veniva per vedere di che cosa si trattasse, riuscì a fuggire con
difficoltà. La bestia fu uccisa a fucilate da un angolo del
fabbricato, che non aveva tetto. Nel caso d’inondazioni essi
compiono anche grandi stragi fra il bestiame e i cavalli e si dice
che uccidano la vittima spezzandole il collo. Se sono scacciati da
una carcassa raramente vi ritornano. I gauchos dicono che quando il
giaguaro gira di notte è molto tormentato dalle volpi che lo seguono
guaendo. Ciò coincide stranamente con l’usanza, generalmente
riscontrata, degli sciacalli che accompagnano in simile modo regolare
la tigre delle Indie orientali. Il giaguaro é un animale rumoroso,
che ruggisce molto di notte, specialmente prima del cattivo tempo.
Un giorno, mentre cacciavo sulle rive
dell'Uruguay, mi furono mostrati certi alberi sotto i quali questi
animali vanno regolarmente allo scopo, come mi fu detto, di affilare
i loro artigli ai tronchi.
Vidi tre notissimi alberi;
anteriormente la corteccia era diventata liscia come se fosse stata
sfregata dal petto dell’animale e da entrambi i lati vi erano
profonde scalfitture, o meglio solchi, che si estendevano in
direzione obliqua ed erano lunghi circa un metro. Queste scalfitture
erano di diverse età. Un mezzo abituale per assicurarsi se vi sia un
giaguaro nelle vicinanze è quello di esaminare questi alberi.
Immagino che questa abitudine del giaguaro sia esattamente simile a
quella che si può osservare ogni giorno nel gatto comune quando con
le zampe tese e le unghie aperte graffia le gambe di una seggiola. Ho
sentito inoltre parlare di un giovane albero da frutto in un frutteto
in Inghilterra, che era stato molto danneggiato in modo analogo.
Un’abitudine quasi simile deve essere comune al puma, perché sul
terreno nudo e duro della Patagonia ho visto frequentemence dei
solchi così profondi che non potevano essere stati fatti da nessun
altro animale. Credo che lo scopo di questa pratica sia quello di
eliminate i punti scheggiati dei loro artigli e non, come credono i
gauchos, di affilarli. Il giaguaro viene ucciso senza molta
difficolta con l’aiuto di cani, che abbbaiando lo spingono su un
albero, dove viene spacciato a fucilate.
(Charles Darwin, Viaggio
di un naturalista intorno al mondo, pag.171 ed.Giunti 2002,
traduzione Mario Magistretti)
Nessun commento:
Posta un commento