giovedì 7 febbraio 2019

Quel luogo, quel tempo


fotogramma del film Dgis Bolomde
di Anna Sarukhanova

Io stavo sulla piazzetta, che vedevo da alcune finestre, e di quella la cosa importantissima è il fracasso infernale che veniva da una bottega di fabbri: In ogni stagione il rumore era eterno e assorbe ogni mia sensazione di quel luogo e di quel tempo.
Se quelle finestre mi tenevano ancora dentro la città, nella stessa casa avevo una terrazza grandissima che era già in campagna. Ricordo i liberi voli delle rondini che si frangevano contro quella terrazza sospesa sul vuoto di quel panorama.

                                                  Sandro Penna, "Un po' di febbre "

3 commenti:

  1. In questo recupero di un ricordo, mi ha colpito la presenza di due verbi al presente che fanno oscillare la scena dal passato in cui ha luogo al presente della riattualizzazione. Questo secondo me dà un piccolo brivido.

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  2. Sono d'accordo col commento di Elena: a una prima lettura la mia sensazione è stata di qualcosa di sgrammaticato, una visione spazio-temporale non coerente. Poi ho compreso e ho pensato che, magari senza volerlo, Penna ha scritto a modo suo di una sua privata saudade.

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  3. @Elena, Nela
    Si, avrei dovuto intitolare il post in altro modo, magari “quel luogo, questo tempo”. Penna sta descrivendo una delle case in cui ha abitato a Perugia e effettivamente ,usando in modo insolito i tempi verbali , chiarisce quanto un suono possa durare nella memoria. Può essere un punto di partenza per spiegare ai ragazzi la concezione del tempo bergsoniana:-)

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