A Torino, metà novembre, c'è stata la
"marcia dei trentamila" per dire sì alla TAV; l'altro
ieri, sempre a Torino, una folla forse anche superiore per dire di no
alla TAV. Se ne è parlato molto ma secondo me manca nei commenti un
dettaglio fondamentale. Si tratta, di fatto, di un contrasto fra
città e campagna, o città e montagna. Non c'è dialogo: gli
abitanti della Val di Susa e delle altre zone interessate dai lavori
vorrebbero difendere l'ambiente in cui vivono (il cantiere durerà
vent'anni), i cittadini ribattono che le infrastrutture, lo sviluppo,
eccetera. Dato che di mezzo c'è il cemento, vincono senz'altro i
cittadini che nel cemento vivono fin dalla nascita e non conoscono
altro modo di vivere (tranne la domenica, il week end quando si va a
sciare, a fare il pic nic, o al mare). Oltretutto, il cemento rende
soldi, l'ambiente intatto no. Mi piacerebbe che si parlasse di queste
cose, invece si risponde sempre con questioni puramente economiche.
Mi metto nei panni di uno della mia età che abita in Val di Susa: il
cantiere durerà vent'anni, e si sa che vent'anni in Italia possono
diventare anche trenta o quaranta. Esistono anche opere incompiute e
lasciate lì come sono, gli esempi purtroppo sono tanti. In queste
condizioni, una persona sopra i cinquanta difficilmente potrà
tornare a fare una passeggiata in quelle zone.
Due altre considerazioni prima di
chiudere: in questo ambito possono rientare anche i "gilet
gialli" francesi, perché la loro protesta (clamorosa) nasce da
tasse sull'automobile e la benzina. Guai a toccare l'automobile,
insomma. Su un mio piano strettamente personale, la marcia dei 30
mila mi ricorda quella dei 40mila della Fiat, sempre a Torino, che di
fatto pose fine al potere contrattuale degli operai; prima contro gli
operai, oggi contro l'ambiente. Come finì quella marcia, degli anni
'70? Quali furono i risultati? Oggi a Torino di fatto la Fiat non c'è
più. Chiusa Mirafiori, chiuso il Lingotto, la nuova FCA ha sede in
Olanda. Ma molti di quei quarantamila fecero in tempo ad andare in
pensione, beati loro. E chissà come sarà la Val di Susa, fra
quarant'anni.
(nell'immagine, dal Saint Louis Dispatch del 1910, una previsione sul futuro - cioè oggi)
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