giovedì 13 dicembre 2018

I quattro veli di Kulala



In un villaggio sul fiume Yuele viveva un uomo che si chiamava Doruma ed era molto fortunato. Aveva una bella moglie, due figli sani e un campo fertile. Era un buon cacciatore e nel villaggio non aveva nemici. Fu così che Shabunda, il diavolo del bosco, vedendolo cantare e fumare davanti alla capanna come il più felice degli uomini, ne ebbe invidia. E per dispetto una notte entrò nella capanna, gli infilò le unghie adunche nei capelli e da lì gli sfilò via il sonno. Doruma si svegliò di colpo, destò la moglie Oda e le disse che un’ombra maligna l’aveva sfiorato. – È stato solo un brutto sogno – disse Oda – torna a dormire.
Ma Doruma non dormì né quella notte, né la notte dopo, né tutte le notti di quella luna. Anche se per tutto il tempo lavorava e cacciava, così da tornare a casa stanco da non reggersi in piedi, il sonno non veniva. Provò a farsi accarezzare con la coda di un ghiro

Chaqui, a bere l’erba Terené che fa inginocchiare anche gli elefanti, cercò di dormire sulla terra e sugli alberi e sulle pietre del fiume, ma non ci fu nulla da fare.
Venne lo stregone del villaggio e vide in che stato si trovava. Disse che il diavolo Shabunda gli aveva rubato il sonno, e non c’era magia che potesse ridarglielo; così sarebbe morto entro breve tempo. Poteva salvarlo solo Kulala, lo spirito del sonno, la cui dimora era al di là delle montagne. Egli aveva sicuramente molti sonni, poiché era lui che li costruiva per Yumau, il creatore. Ma Doruma era troppo debole per fare il viaggio.

Allora Oda, la moglie, disse: andrò io da Kulala lo spirito del sonno. E poiché era una donna coraggiosa prese una zucca d’acqua, un po’ di cibo e un bastone, e partì per le montagne. Camminò molti giorni, quasi senza riposare. Scalò le montagne blu di Alowa e arrivò nella valle del bosco sacro di Kulala.
Sul limitare del bosco gli uccelli cantavano, le scimmie urlavano e il vento scuoteva gli alberi. Ma appena Oda si inoltrò nell’ombra un grande silenzio la avvolse. Nel bosco del sonno non una foglia si muoveva, gli uccelli erano muti e si vedevano strisciare solo i serpenti silenziosi. Oda camminò a lungo e le foglie non frusciavano sotto i suoi passi. Il bosco era sempre più fitto e oscuro, finché giunse davanti a un grande albero cavo, la casa di Kulala. Oda entrò e vide lo spirito che dormiva su un’amaca. Rimase in attesa che si svegliasse. Kulala dormì per un quarto di luna, e quando si destò vide la piccola donna nell’angolo della sua casa.
– Chi sei e perché sei venuta? – urlò adirato.
– Kulala, spirito del buio che ristora, io ti prego. Un diavolo maligno ha rubato il sonno a mio marito ed egli morirà se non gli porto un sonno nuovo.
– E perché mai dovrei dartelo?
– Perché ho camminato per molto tempo, i miei piedi sono feriti e sono stremata, eppure quando ti ho visto dormire non ti ho svegliato, ma ho atteso con pazienza.
– E sia – disse Kuala – là su quel tavolo ci sono i pezzi del sonno di un uomo. Ogni sonno è fatto di quattro veli. Se tu saprai riconoscerli, potrai portarli a tuo marito ed egli riavrà il sonno perduto. Ma sta’ attenta a scegliere i veli giusti, o la tua sorte sarà tremenda.
– Non ho paura – disse Oda.
Allora Kulala la condusse davanti a una pietra dove erano stesi i veli.
– Ecco due veli bianchi – disse. – Uno è quello del silenzio, l’altro è quello dei rumori della notte. Scegli.
Oda guardò i due veli e le sembrarono uguali. Ma una mosca volò sopra di essi. Ronzò sopra il primo, ma no fece alcun rumore quando volò sull’altro. Oda prese il secondo e se lo mise sul capo.
– Hai indovinato – disse Kulala. – Ora guarda questi due veli colorati. Uno è quello dei sogni e l’altro è quello dei fantasmi della notte. Se prendi quello sbagliato tutti i demoni e gli incubi balzeranno su di te e ti uccideranno.
Oda li guardò e li trovò uguali. Allora prese un piccolo ragno e lo mise tra i due veli. Da uno sbucò un orribile ramarro con tre teste che mangiò il ragno. Oda prese l’altro.
– Sei astuta, donna del fiume – disse Kulala – ora ecco due veli neri. Uno è quello del buio e l’altro è quello della luce di fuoco. Uno porta il sonno, l’altro acceca.
Oda li guardò. Poi prese da una foglia due gocce d’acqua e le lasciò cadere sui veli. Una di esse evaporò per il calore della luce. Oda prese l’altro velo.
– Brava, donna del fiume – disse Kulala – ma ora ti attende la prova più difficile. Ecco due veli rossi. Uno è quello del sonno, che insieme agli altri tre ridarà la pace alle notti di tuo marito e alle tue. L’altro è il velo del sonno eterno, la morte. Se lo toccherai, morirai.
Oda stavolta non esitò e ne scelse subito uno. Era proprio quello del sonno. Lo mise sul capo e subito cadde addormentata. Quando si svegliò, Kulala la guardava sorridente e le porgeva una tazza di hakarà caldo.

– Mi hai sorpreso, donna del fiume. Con quale magia hai riconosciuto il velo del sonno, il più misterioso di tutti?
– Nessuna magia – disse la donna – ho lavato per tanti anni i panni del fiume, e so riconoscerli. Il velo del sonno era più consumato perché viene usato per tante volte e tante notti. Il velo della morte era più nuovo, poiché si usa una volta vola.
Kulala rise e con un soffio la fece volare fino alla soglia della sua capanna. Oda mise i quattro veli sulla testa del marito e quello finalmente dormì, e fu salvo.

(S. Benni, Il bar sotto il mare, Feltrinelli, Milano 1987)
( le immagini sono dipinti di Carlo Levi )

5 commenti:

  1. Bellissimo racconto che insegna come il ragionamento, la deduzione e infine lo spirito di osservazione siano importanti (e non solo per chi abita in un villaggio sul fiume Yeule.

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  2. Sì, aggiungerei la generosità al già significativo elenco che hai stilato tu. È un racconto che ho trovato nell’antologia che ho adottato perla classe prima. La storia è piaciuta molto anche ai ragazzi. Un caro saluto, gemellina:-)

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  3. e' una citazione, come si può evincere dal riferimento posto alla fine del racconto, da S. Benni, Il bar sotto il mare. Ci sono problemi? Se sì, quali?

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