domenica 9 dicembre 2018

Neve a Parigi, inverno 1940



( fonte )

La terrazza dei Corte, quell'inverno, era coperta da uno spesso strato di neve in cui si manteneva in fresco lo champagne. Corte scriveva vicino a un fuoco di legna che non riusciva a sostituire il calore ormai inesistente dei termosifoni. Aveva il naso bluastro e quasi piangeva dal freddo. Con una mano stringeva al petto una borsa d'acqua calda, con l'altra scriveva. (...)
E la neve continuava a cadere inesorabimente, lenta e tenace, sugli alberi di boulevard Delessert dove i Péricard erano tornati ad abitare - perchè appartenevano a quell'alta borghesia francese che preferisce vedere i propri figli privati di pane, di carne e di aria piuttosto che di diplomi, e non bisognava interrompere gli studi di Hubert già tanto compromessi dagli eventi dell'estate precedente, nè quelli di Bernard, che era prossimo agli otto anni e si era dimenticato di tutto quello che aveva imparato prima dell'esodo, sicchè la madre gli faceva recitare: "La Terra è una sfera che non poggia su niente" manco avesse sette anni invece che otto ( che disastro!). 
Fiocchi di neve si impigliavano nei veli da lutto della signora Péricard quando, superata finalmente la coda dei clienti davanti a un negozio, si fermava sulla porta sventolando come un vessillo la tessera alle madri di famiglia numerosa che le dava diritto di precedenza.
Sotto la neve, Jeanne e Maurice Michaud aspettavano invece il loro turno, appoggiandosi l'uno all'altro come cavalli stanchi prima di mettersi in cammino.
La neve copriva la tomba di Charlie Langelet al Père Lachaise e il cimitero delle automobili vicino al ponte di Gien - tutte le auto bombardate, incendiate, abbandonate nel mese di giugno e che giacevano ai due lati della strada, inclinate sulla ruota o sul fianco, con le portiere spalancate o ridotte a un ammasso contorto di rottami. La campagna era bianca, immensa, muta; (...)

Irène Nèmirovsky, Suite francese, ed. Adelphi

4 commenti:

  1. Bella questa neve pacifica e in qualche modo pacificatrice che cade sulla Parigi occupata e disorientata e, per il momento, ferma o sembra fermare tutto, anche le angosce. Una pausa che viene dalla meteorologia più che dalla storia, ma è gradita, dopo gli affanni e i lutti dell'esodo.
    Credo che "Suite francese", benché incompiuto, sia il romanzo migliore di Némirovsky.
    P.S. Un po' di neve non dispiacerebbe neanche a me, magari verso Natale:-)

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    1. Sì, la penso come te, anche se ho letto solo altre tre opere dell'autrice; preferisco comunque il primo "movimento" della suite, mi sembra molto ben congegnato, sembra davvero un intreccio di linee musicali a cui dà unità il contesto, il "tempo", in questo caso, storico. Mi è capitato anni fa, durante una rassegna letteraria, di incontrare Denise, una delle figlie della Némirovsky; parlò, naturalmente, della famosa valigia con i manoscritti che portò con sè e in cui per anni vennero lasciati i manoscritti dell'opera: una pausa, anche questa, tra un tempo e un altro..
      p.s.
      Sarò al Sud a Natale e, paradossalmente, lì mi è capitato di vedere più neve che qui in Veneto!
      :-)

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  2. Ho amato questo romanzo. Soprattutto quella prima parte, la partenza degli sfollati. Il senso di quel tempo vissuto direttamente, quindi testimonianza viva. E poi il valore dell'essere opera di chi ha pagato con la vita l'essere ebrea.

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  3. E'molto toccante la parte pubblicata a margine dell'opera, quella in cui la Némirovsky parla di ciò che sta scrivendo e di ciò che sta vivendo. E' consolante constatare che la sua ultima opera le sia sopravvissuta.

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