(Benozzo Gozzoli)
(...) allora Brigid Beg afferrò la mano destra della Donna Magra, e poco dopo Seumas le strinse gentilmente la sinistra, e questa muta richiesta di protezione e di conforto richiamò ancora una volta la donna da quelle vallate della collera che stava così impetuosamente attraversando.
Mentre proseguivano senza fretta,
scorsero una mucca che se ne stava accosciata in un campo, e alla
vista di quell’animale la Donna Magra si fermò pensierosa.
- Tutto - disse - appartiene al
viandante.
E inoltratasi nel campo, munse la mucca
e ne raccolse il latte in un secchio che aveva con sé.
- Chi sa chi è il padrone di questa
mucca - disse Seumas.
- Forse - disse Brigid Beg - non ha
padroni.
- La mucca è padrona di se stessa, -
disse la Donna Magra - perché nessuno può essere padrone di una
cosa viva. Sono sicura che ci dà il suo latte molto volentieri,
perché noi siamo gente modesta e sobria, senza ingordigia e senza
pretese.
Non appena libera, la mucca tornò ad
accosciarsi nell'erba e riprese il suo ruminare. Poiché cominciava a
far freddo, la Donna Magra e i bambini si raggomitolarono contro il
corpo caldo della bestia. Tirarono fuori dalle bisacce qualche pezzo
di pane e si misero a mangiare, bevendo tutti contenti il latte dal
secchio. Ogni tanto la mucca si voltava a guardarli benevolmente,
dando loro il benvenuto nel nido dei suoi fianchi ospitali. Aveva uno
sguardo mansueto, materno, e le piacevano molto i bambini. I due
piccoli smettevano continuamente di mangiare per stringere tra le
braccia il collo della mucca, per ringraziarla, far le lodi della sua
bontà, e per mostrarsi a vicenda le molte meraviglie del suo aspetto.
- Mucca, - disse Brigid Beg in estasi
- ti amo.
- Anch’io - disse Seumas. - Hai visto
come ha gli occhi?
- Perché la mucca ha le corna? - disse
Brigid.
Allora lo domandarono alla mucca, ma
quella sorrise e non disse niente.
- Se una mucca parlasse, - osservò
Brigid - che cosa direbbe?
- Facciamo le mucche, - rispose Seumas
- così lo sapremo.
Allora diventarono mucche e mangiarono
qualche stelo d’erba, ma si accorsero che quando erano mucche non
avevano voglia di dire nient'altro che «muuhh», e conclusero che
anche le mucche non avevano voglia di dire altro che
quello, e li colpì il pensiero che forse non valeva la pena di dire
altro.
(dipinto di Rosa Bonheur, 1822-1899)
Una mosca gialla, di forma allungata e
sottile, era in viaggio da quelle parti, e si posò sul naso della
mucca per rilassarsi un momento.
- Benvenuta - disse la mucca.
- E una notte magnifica per viaggiare,
- disse l’insetto - ma da soli ci si annoia. Non hai visto in giro nessuno dei miei?
- No, - rispose la mucca - stanotte non
si vedono che scarabei, ed é difficile che quelli si fermino a far
due chiacchiere. Tu sì che devi fare una bella vita, sempre in volo
a divertirti di qua e di là.
- Tutti abbiamo i nostri guai - disse
l’insetto con voce malinconica, e cominciò a pulirsi l’ala
destra con le zampe.
- Succede anche a te che qualcuno si
appoggi contro la tua schiena, come stanno facendo questi tre contro
la mia, o che ti rubi il latte?
- Ci sono troppi ragni in giro - disse
l’insetto. - Li trovi sempre dappertutto: se ne stanno acquattati nell'erba e ti balzano addosso. A furia
di aguzzare la vista mi sono venuti gli occhi storti. Sono brutti
tipi, voraci, screanzati e intrattabili, tremendi, veramente
tremendi.
- Li ho visti, - disse la mucca - ma a
me non hanno mai dato fastidio. Spostati un po’ più in su per
favore, che voglio leccarmi il muso: è strano, questo pizzicorino
che non mi dà pace. -
La mosca si spostò un po' più su.
- Se tu fossi rimasta dov’eri,
continuò la mucca - e io ti avessi colpito con la lingua, credo
proprio che saresti bell’e andata.
- Non mi avresti potuto colpire con la
lingua - disse la mosca. - Lo sai che mi muovo in fretta.
Al che la mucca, sorniona, si passo la
lingua sul muso. Non vide muoversi l’insetto, ma già quello
svolazzava sano e salvo a qualche centimetro dal suo naso.
- Hai visto? - disse la mosca.
- Ho visto - rispose la mucca, e
scoppio in un muggito di ilarità cosi improvviso e potente che
l’insetto fu soffiato lontano da quella raffica, e non tornò mai
più.
(James Stephens, La pentola dell'oro,
cap.XVII traduzione Adriana Motti, ed. Adelphi)
(Van Gogh, 1883)
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