Matteo comincia a scrivere come di un uomo, Marco inizia dalla profezia di Malachia e da Isaia: il leone. Luca dal sacerdozio di Zaccaria: il toro. Giovanni parte dal Verbo, quindi vola alto come un'aquila.
Matteo dalla genealogia; il toro per il sacerdozio cioè i sacrifici a Dio; il leone è la voce che grida nel deserto. Viene da San Gerolamo, contra jovinarum. (20.5.1999)
In Babilonia, Ezechiele vide in una
visione quattro animali o angeli, «e avevano ciascuno quattro facce, e quattro ali » e «quanto alla
sembianza delle loro facce, tutti e quattro avevano una faccia
d’uomo, e una faccia di leone, a destra; e parimente tutti e
quattro avevano una faccia di bue, e una faccia d’aquila, a
sinistra». Camminavano dove li portava lo spirito, «ciascuno
diritto davanti alla sua faccia», o alle sue quattro facce, talvolta
crescendo magicamente nelle quattro direzioni. Quattro ruote «alte
spaventevolmente» seguivano gli angeli, ed erano gremite d’occhi
tutt'intorno
Reminiscenze di Ezechiele si ritrovano
negli animali dell’Apocalisse di san Giovanni (capitolo IV), dove si legge:
E davanti al trono c'era come un
mare di vetro, simile a cristallo; e quivi in mezzo, ove era il
trono, e d’intorno a esso, v’erano quattro animali, pieni
d’occhi, davanti e di dietro. E il primo animale era simile a un
leone, e il secondo animale simile a un vitello, e il terzo animale
avea la fascia come un uomo, e il quarto animale era simile a
un’aquila volante. E i quattro animali avevano per uno sei ali
d’intorno, e dentro erano pieni d’occhi; e non restano mai, né
giorno, né notte, di dire: Santo, Santo, Santo è il Signore Dio,
l’Onnipotente che era, che è, e che ha da venire!
Lo Zohar, o Libro dello Splendore,
aggiunge che i quattro animali si chiamano Haniel, Kafziel, Azriel e
Aniel, e che guardano a Oriente, a Nord, a Sud e a Occidente.
Stevenson si domandò che cosa mai, se
cose simili c’erano in cielo, non dovesse esserci all’inferno.
Dal citato luogo dell’Apocalisse derivò Chesterton la sua illustre
metafora della notte: «un mostro fatto d’occhi».
Hayoth (esseri viventi) si chiamano gli
angeli quadrupli del Libro di Ezechiele; per il Sefer Yetsirah sono i dieci numeri che servirono, con
le ventidue lettere dell’alfabeto, per creare questo mondo; per lo
Zohar, discesero dalla regione superiore, coronati di lettere.
Dai quattro rostri degli Hayoth
derivarono i loro simboli gli evangelisti: a Matteo toccò l’angelo,
a volte umano e barbuto; a Marco, il
leone; a Luca, il bue; a Giovanni, l’aquila. San Gerolamo, nel suo
commento a Ezechiele, ha cercato di rendere ragione di queste
attribuzioni. Dice che a Matteo fu dato l’angelo (l’uomo), perché
sottolineò la natura umana del Redentore; a Marco il leone, perché
dichiarò la sua dignità regale; a Luca il bue, emblema di
sacrificio, perché mostrò il suo carattere sacerdotale; a Giovanni
l’aquila, per il suo fervido volo.
Uno studioso tedesco, il dottor Richard
Hennig, cerca la remota origine di questi emblemi in quattro segni dello Zodiaco che distano novanta
gradi l’uno dall’altro. Il leone e il toro non presentano
difficoltà; l’angelo é stato identificato con l’Acquario, che
ha faccia d’uomo; e l’aquila di Giovanni con lo Scorpione,
respinto come tale perché creduto di malaugurio. Nicola da Vore, nel
suo Dizionario di astrologia, propone anche lui quest’ipotesi, e
osserva che le quattro figure si uniscono nella sfinge, che può
avere testa umana, corpo di toro, artigli e coda di leone e ali
d’aquila.
(Jorge Luis Borges, pag.87-89 da
"Manuale di zoologia fantastica" ed.Einaudi 1991)
(le immagini vengono dal sito http://gruppo3millennio.altervista.org, dove c'è una spiegazione dettagliata ad opera di don Pino Licciardi) (dall'alto in basso: senza indicazioni; Milano al Castello Sforzesco, proveniente da Santa Maria in Beltrade; Mont Saint Michel)
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