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A volte ci si intrattiene con conversazioni affannose sugli aspetti generali della vita; a volte ci si abbandona a un abbraccio carnale. Certo, ci si scambia il numero di telefono, ma in genere ci si richiama poco. E, anche se ci si richiama, e ci si rivede, la delusione e il disincanto prendono rapidamente il posto dell’entusiasmo iniziale. Credete a me, la vita la conosco: le cose vanno proprio così.
Questo progressivo stemperarsi dei rapporti umani non manca di creare qualche problema al romanzo. Come si potrà, infatti, proseguire la narrazione di passioni focose, sviluppate nel corso di diversi anni e talvolta in grado di far sentire i propri effetti su diverse generazioni? Il meno che si possa dire è che siamo lontani da Cime tempestose. La forma romanzesca non è concepita per ritrarre l’indifferenza, né il nulla; si dovrebbe inventare un’articolazione più piatta, più concisa e più dimessa.
Michel Houellebecq, Estensione del dominio della lotta, ed. La nave di Teseo
Concordo sull'affermazione che "la forma romanzesca non è concepita per l'indifferenza, né il nulla". Tuttavia, quando Houellebecq aggiunge che "si dovrebbe inventare un'articolazione più piatta, più concisa e più dimessa" mi sorge spontanea una domanda dubbiosa: "Non si uccide così anche il romanzo?"
RispondiEliminaPerò, forse, bisognerà imparare a ritrarre con parole diverse la paura, l'esitazione, un altro modo di guardare, desiderare o sorridere.
RispondiEliminaNon credo ci si stia muovendo verso l'indifferenza. Quella c'era già prima, ma non va a sostituire gli abbracci focosi di una volta.
Nela, Barbara, mi sembra che Houellebecq, in modo non dissimile da chi ritiene che ci sia una stretta relazione tra modelli culturali e sociali e espressioni artistiche, registri proprio la fine del romanzo d’impianto romantico, visto il cambiamento di scenario a partire dalla fine dell’Ottocento. Tutti gli “ismi”, a partire dal Decadentismo, documentano la dissoluzione del romanzo d’intreccio e la definizione di una forma narrativa diversa, ruotante intorno all’individuo , esteta, inetto, senza qualità, isolato che sia. Tale cambiamento dovrebbe indurci a considerare che con la modernità la capacità di provare sentimenti autentici , forti, e non indotti sia andata riducendosi, così come la vitalità stessa e il tutto proporzionalmente allo sbandierato progresso, al benessere diffuso e all’estensione di diritti e maggiori libertà individuali. È la coscienza delle infinite possibilità che si aprono dinanzi a noi ad annichilirci? Il senso di inadeguatezza e la sostanziale debolezza della volontà sono un derivato della perdita di una identità chiara, definita da convenzioni, regole, tradizioni per secoli mai messe in discussione e da abbattere? Verso dove vanno invece oggi i tentativi di riscatto? Qual è la metà?
RispondiEliminaSono pensieri in libertà....
Molto interessante questo tuo commento, Giacinta. Hai descritto perfettamente il nucleo della crisi del romanzo classico a favore di una narrazione del tutto diversa, puntata sull'individuo. È quello snodo che spiega il passaggio alla letteratura del Novecento.
EliminaHouellebecq documenta comunque una condizione d’essere già lontana. Oggi il romanzo potrebbe documentare qualcosa di diverso, ovvero una disposizione a evocare un passato ritenuto rassicurante rispetto a un presente e soprattutto un futuro che intimoriscono. Bauman parla di “retrotopia” ... Ti lascio un link...
Eliminahttp://www.democraziapura.altervista.org/langelus-novus-si-e-voltato-dallutopia-verso-la-retrotopia
Houellebecq è molto bravo, quanto caustico, nell'inserire argomenti che stimolano discussione. Certo si va verso qualcoa di nuovo, ma cosa sia forse al momento non lo vediamo o non lo capiamo. C'è bisogno di altri elementi per poter dire o fare qualcosa. Ogni epoca ha messo fine alla precedente lasciando però sempre qualcosa che ricordi ciò che ci ha preceduto soprattutto nei modelli culturali e sociali. Forse perché non dobbiamo dimenticare da dove veniamo?...Non so, vedremo
RispondiEliminaUn salutone
Sì, la continuità è inevitabile a meno che programmaticamente non sia messa in discussione, come hanno fatto le Avanguardie. Ma anche l’opposizione a certe forme e a certi canoni espressivi è un riconoscimento implicito della loro esistenza e ... permanenza.
RispondiEliminaGrazie e cari saluti!
Fuori tema:
RispondiEliminaIersera: Il distacco (Detachment) - Tony Kaye (2011)
Stasera te lo faccio sapere.
Sì, volentieri!:-)
RispondiEliminaAllora l'hai letto! Difficilmente Houellebecq entusiasma, però bisogna dargli atto che quella "articolazione più piatta, più concisa e più dimessa" (dove 'dimessa' è una scelta discutibile: 'morne' tira più al cupo che al dimesso) che "si dovrebbe inventare", Houellebecq l'ha inventata, ed è precisamente quella che il lettore sta leggendo in questo suo primo romanzo (e per quel che ne so nei seguenti). Naturalmente il compito gli è stato facilitato dal fatto che la letteratura francese non è il tipo di letteratura che produce Cime tempestose. Houellebecq non è entusiasmante da leggere (o se mai è un entusiasmo tutto cerebrale), però coglie con grande precisione un sacco di punti che in genere si preferisce non vedere. Penso anch'io che cominci a essere superato, ma, superato per superato, meglio aver avuto Houellebecq che Umberto Eco (o, al presente,meglio avere Houellebecq che Antonio Moresco).
RispondiEliminaTu come va? Io sono immersa fino al collo nelle angosce della maturità, e, prima. degli scrutini in cui dobbiamo attribuire voti senza averne potuti assegnare durante tutto il tempo della DaD: solo annotazioni relative a impegno e partecipazione!- oppure i votini segreti sull'agenda segreta. Il che vuol dire che un cinque in pagella è un ricorso assicurato - sempre che la famiglia se lo possa permettere, beninteso...
Sì, che l'ho letto, e più di un mese fa:-) Ho all'epoca confezionato due post ( nel mio stile... solo citazioni ) che Giuliano ha tenuto in bozza per un po'. Nel secondo, non ancora pubblicato, c'è un rimando alla tua recensione ( posso limitarmi a pubblicare citazioni perchè ci sono già analisi belle e accurate come le tue a cui poter far riferimento :-).
RispondiEliminaIl romando mi è piaciuto e ho trovato il protagonista ancor più lucido di quanto immaginassi. "Si vede vivere" e questo lo rende tutto sommato meno succube del sistema di chi invece vi è integrato. Per ciò che concerne lo stile, sono completamente d'accordo con te, è la traduzione dell'assunto citato nel post. Tutto viene risolto attraverso pochi personaggi e pochi ambienti, scelti benissimo, e poi, ovviamente, attraverso i dialoghi con idioletti che immediatamente caratterizzano, definiscono interlocutori e relazioni tra loro intercorrenti.
Per ciò che riguarda la DAD, penso di essere nell'istituto di istruzione superiore più stachanovista d'Italia. Abbiamo iniziato i primi di marzo e ho tantissimi voti sul registro. I compiti vengono assegnati in "classroom", un programma che consente di creare aule virtuali e di controllare i ragazzi passo passo. Mi sento una Grande sorella... Spero che questa storia finisca presto! Sono esaurita e, a quel che vedo, anche i ragazzi sono stanchi e rimpiangono la didattica in presenza. Durante le prime videolezioni mi mostravo, adesso i ragazzi sentono una voce e vedono un'icona ( o i pptx), una bella icona, più rassicurante del volto sfatto che guarderebbero se non mi fosse rimasto qualche salvifico ( per loro e per me ) freno inibitorio:-)
p.s.
abbiamo inserito normalmente i voti nel registro elettronico sin dalla metà di marzo.
Ma voi siete in Veneto, giusto? Qui siamo in Emilia-Romagna. Voti ne ho anch'io, ma tutti sull'agendina, sul registro solo annotazioni, e adesso bisogna convertire i voti segreti in annotazioni e le annotazioni di nuovo in voti con una tabella complicatissima, quando ho visto la comunicazione con le istruzioni mi è venuto un attacco di pianto. Oltretutto qui i problemi di connessione sono stati fin dall'inizio all'ordine del giorno, e impossibile da determinare se erano autentici o finti. Ci sono colleghi che hanno sviluppato sistemi di verifiche scritte da inviare in tempi limitatissimi, ma poco sicure anche quelle e comunque non è il mio genere. Sono sfinita e avvilita. Ho la maturità con una quinta esabac, cioè un esame scritto trasformato orale tutto da inventare...
EliminaA proposito della mia faccia sul video: sono tre mesi che non vado dal parrucchiere e, complice un'angolazione infelice, assomiglio vagamente a Michel Houellebecq nei suoi momenti peggiori. L'ho detto in una classe, una ragazza si è sparata a controllare e ha esclamato: Sì prof, è vero!
Io lavoro in un ITT ( con corsi di informatica ed elettronica ) e tutto era praticamente già predisposto, vista la propensione dei colleghi di indirizzo a utilizzare piattaforme online. Il DS ci ha subito invitato a far verifiche online e a attribuire voti. L'ho fatto anche se anch'io, come te, ho diverse perplessità circa l'affidabilità di tali verifiche. Per fortuna quest'anno non ho quinte...
Eliminap.s.
A me Houellebecq piace! :-)
Bellissimo post e altrettanto stimolanti tutte le riflessioni che sono seguite. Io spero che lo "stemperarsi dei rapporti umani" non si traduca in un linguaggio sbiadito e pragmatico; la scivolata sarebbe pericolosa a livello sociale, emozionale e letterario. Un saluto a tutti
RispondiEliminaDevo dirti che lo stile di Houellebech non blocca le emozioni. L'immaginazione e la partecipazione emotiva sono sollecitate ugualmente. Tutto sommato lo scrittore riflette su una condizione d'essere e questo ti spinge a inoltrarti, durante la lettura, in un percorso esistenziale, umano.
RispondiEliminaGrazie, cara! :-)
Stavolta non sono d'accordo col grande Michel, di cui peraltro ho letto tutto. La grande scrittura non deve per forza sottostare a canoni ammuffiti e superati, e non è obbligata a parlare di amori, amorini, amoroni e amoruzzi sciorinando interminabili telenovele cartacee (e questa cosa apparentemente cinica la dico da inguaribile romantico!). Un grande scrittore può dar voce in modo magnifico, delizioso, originale e sublime anche all'indifferenza e persino al nulla. Un mondo diverso e più banale non può essere un alibi intellettualoide per scrivere programmaticamente male (come oggi in italiA stanno facendo quasi tutti: è così comodo!) La piattezza lasciamola alle serie tv!
RispondiEliminaUn grandissimo abbraccio.
Ti ringrazio, Nick, per questo commento! Chi come te fa della scrittura il centro della sua esistenza può esprimere un parere sicuramente autorevole, significativo. La scrittura, se autentica, e non dettata da niente che non sia il desiderio di narrare, è un mistero non riducibile a schematismi e intenti programmatici, vero?
RispondiEliminaVerissimo, ogni giorno di più.
EliminaBaci8