La diffusione delle pietre preziose
come beni di consumo di lusso ha fatto fiorire nella letteratura
altre sagaci allusioni. Gli smeraldi a cui fa riferimento Edmund
Spenser in "La regina delle fate", o quelli nel "Paradiso perduto" di
Milton potrebbero anche essere generiche gemme verdi: non conta tanto
la loro precisa sfumatura di colore, quanto piuttosto la loro rarità.
Ma possiamo invece immaginare che la città di Esmeralda nella favola
del Meraviglioso Mago di Oz, del 1900, sia fatta proprio di queste
pietre; e, in tal caso, il colore potrebbe essere significativo.
Alcuni studiosi di economia dotati di spiccata fantasia hanno interpretato la storia come un’allegoria della politica monetaria degli Stati Uniti di fine Ottocento: la strada di mattoni gialli rappresenta il sistema aureo che conduce a Esmeralda, la città dal colore dei dollari, governata da un mago incapace che personifica il presidente Grover Cleveland. La costruzione allegorica è giocata sul fatto che Dorothy indossa scarpette d’argento, in cui è da ravvisarsi il simbolo del movimento populista "argento libero" che, in seguito alla scoperta di nuovi depositi nell'Ovest americano, stava facendo pressione sulla zecca degli Stati Uniti perché l’argento venisse adottato come standard monetario al posto dell’oro. Questa curiosa simbologia passò però inosservata all’epoca della prima pubblicazione del libro, quando pure era d'attualità, e finì per essere completamente trascurata nella leggendaria trasposizione cinematografica del 1939, dove le allusioni erano più tecnologiche che non economiche: le scarpette indossate da Dorothy erano infatti di rubino, per celebrare il sistema technicolor in cui il film era stato girato. Lo "schermo argentato" delle vecchie proiezioni era morto.
Alcuni studiosi di economia dotati di spiccata fantasia hanno interpretato la storia come un’allegoria della politica monetaria degli Stati Uniti di fine Ottocento: la strada di mattoni gialli rappresenta il sistema aureo che conduce a Esmeralda, la città dal colore dei dollari, governata da un mago incapace che personifica il presidente Grover Cleveland. La costruzione allegorica è giocata sul fatto che Dorothy indossa scarpette d’argento, in cui è da ravvisarsi il simbolo del movimento populista "argento libero" che, in seguito alla scoperta di nuovi depositi nell'Ovest americano, stava facendo pressione sulla zecca degli Stati Uniti perché l’argento venisse adottato come standard monetario al posto dell’oro. Questa curiosa simbologia passò però inosservata all’epoca della prima pubblicazione del libro, quando pure era d'attualità, e finì per essere completamente trascurata nella leggendaria trasposizione cinematografica del 1939, dove le allusioni erano più tecnologiche che non economiche: le scarpette indossate da Dorothy erano infatti di rubino, per celebrare il sistema technicolor in cui il film era stato girato. Lo "schermo argentato" delle vecchie proiezioni era morto.
(da "Favole periodiche" di
Hugh Aldersey-Williams, pagine 458-459 edizione BUR 2011)
Interessante l'analisi che fai sulle pietre preziose o la strada di mattoni gialli e le scarpette d'argento. In effetti, se pensi alle celebri corse all'oro e la ricerca dell'oro nell'800, la questione potrebbe anche essere adeguata. Può essere attinente al "Mago di Oz", ma credo che abbia prevalso il lato della fiaba - narrazzione facendo presa soprattutto sui bimbi e poi gli adulti.
RispondiEliminail libro di Aldersey-Williams è molto bello e ricco di informazioni, il titolo italiano è un gioco di parole con "Tavola periodica". Ne porterò qui ancora qualche pagina.
EliminaQuindi un'opera allegorica con sfondo politico. Interessante neanch'io lo sapevo. Andrebbe riconsiderata anche cinematograficamente sotto questo aspetto secondo me.
RispondiEliminaè un libro di Chimica, prima di tutto, dove si passano in rassegna gli elementi della Tavola Periodica; l'autore è però molto bravo anche come scrittore e sa dove andare a cercare le notizie storiche giuste, e anche le curiosità
Elimina:-)
è bello imparare cose che non si sanno (scusa l'ovvietà, ma di questi tempi...)