venerdì 21 giugno 2019

Gemme e gioielli


I chimici moderni avevano però ottenuto la ricompensa per i loro sforzi: Vauquelin il suo cromo e il suo berillio, Sefström e Berzelius il loro vanadio e Klaproth il suo zirconio. Il loro lavoro spazzò via gran parte della confusione che imperava nel mercato delle gemme: le storie di preziosi artefatti visti in terre remote da esploratori un po’ troppo impressionabili potevano ora essere confutate con maggior scetticismo. Per esempio, divenne evidente che molte pietre ritenute smeraldi erano troppo grosse per essere autentiche gemme e che, in questi casi, il termine veniva adoperato solo come similitudine per indicare oggetti verdi fatti in realtà di giada, o magari anche di vetro.
Oggi, con tutti i progressi compiuti nel campo della produzione di pietre artificiali, il termine «gemma» viene di solito riservato agli esemplari naturali. La classificazione in base ai colori è una questione più complicata: dato che il colore delle gemme dipende dalle impurità in esse presenti, non esiste nessuna definizione rigorosa di ciò che rende tale uno smeraldo o un rubino. Un berillo, pertanto, non è nient’altro che una pietra troppo pallida per essere considerata come uno smeraldo su una scala arbitraria delle tonalità di verde.
(Werner Herzog, Cuore di vetro)
 
L’incremento del traffico commerciale con i Paesi coloniali ricchi di questi minerali (come Birmania e Colombia), e le nuove tecniche per tagliare a macchina le pietre, fecero sì che la popolarità delle gemme colorate continuasse a crescere per tutto il XIX secolo. In un’epoca in cui il rigorismo morale si accompagnava alla sontuosità degli ornamenti, i gioielli esercitavano un fascino ambiguo. Solo le donne virtuose e la saggezza sono più rare dei rubini, dice la Bibbia. Indossare dei gioielli era un’indicazione di virtù, ma anche una forma di seduzione; le pietre preziose sono belle per natura, ma c'è qualcosa di diabolico nell’arte con cui vengono tagliate, e non ci sorprende affatto vedere - nel Faust di Goethe - Mefistofele che offre a Margherita un allettante scrigno di gioielli. Nella versione operistica della storia, con la famosa «canzone del gioiello» Gounod enfatizza la situazione rappresentando la casta eroina mentre, ridendo, si immagina trasformata in principessa mondana (nella maliziosa e mordace parodia di quest’aria fatta da Bernstein nel Candide, Cunegonda riflette tra sè e sè pensando che, se non è pura lei, lo sono almeno i gioielli).
Il legame con la purezza è senza dubbio uno dei motivi per cui Ruby e Beryl divennero nomi di battesimo popolari in epoca vittoriana, restando tali fino agli anni Trenta del Novecento. Oggi assistiamo forse a un revival di Ruby, ma non ci sono molti altri nomi ispirati alle gemme; Esmeralda è comunque di moda tra le ragazze, Jasper (diaspro) tra i ragazzi.
(da "Favole periodiche" di Hugh Aldersey-Williams, pagine 458-459 edizione BUR 2011)

(l'attrice Barbara Stanwyck, all'anagrafe Ruby Catherine Stevens)
 
un po' di musica: Ruby Tuesday dei Rolling Stones  (qui)

2 commenti:

  1. Certo che l'Inghilterra in epoca vittoriana, ma non solo, ne ha prese di cose preziose in giro per il mondo. Avevo letto che la corona della regina è fatta con pietre preziose provenienti in gran parte del Sud Africa e da altre colonie
    Un salutone

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    1. purtroppo, la storia dell'oro e dei gioielli è in gran parte una storia di sangue e di sopraffazioni... questo però non è l'argomento del libro.
      Sottolineo questa frase: "il colore delle gemme dipende dalle impurità in esse presenti" E' l'impurità che dà il colore e la brillantezza, non la natura del minerale.

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