Il signor Palomar allo zoo di Vincennes si ferma davanti al recinto delle giraffe. Ogni tanto le giraffe adulte si mettono a correre seguite dalle giraffe bambine, si lanciano alla carica fin quasi alla rete del recinto, girano su se stesse, ripetono il percorso a gran carriera due o tre volte, si fermano. Il signor Palomar non si stanca d’osservare la corsa delle giraffe, affascinato dalla disarmonia dei loro movimenti. Non riesce a decidere se galoppano o se trottano, perché il passo delle zampe posteriori non ha niente a che fare con quello delle anteriori. Le zampe anteriori, dinoccolate, si arcuano fino al petto e si srotolano fino a terra, come incerte su quali delle tante articolazioni piegare in quel determinato secondo. Le zampe posteriori, molto più corte e rigide, tengono dietro a balzi, un po’ di sbieco, come fossero gambe di legno, o stampelle che arrancano, ma così come per gioco, come sapendo d’essere buffe. Intanto il collo teso avanti ondeggia in su e in giù, come il braccio d’una gru, senza che si possa stabilire un rapporto tra i movimenti delle zampe e questo del collo. C'è poi anche un sobbalzo della groppa, ma questo non è che il movimento del collo che fa leva sul resto della colonna vertebrale. La giraffa sembra un meccanismo costruito mettendo insieme pezzi provenienti da macchine eterogenee, ma che pur tuttavia funziona perfettamente.
Il signor Palomar, continuando a
osservare le giraffe in corsa, si rende conto d’una complicata
armonia che comanda quel trepestio disarmonico, d’una proporzione
interna che lega tra loro le più vistose sproporzioni anatomiche,
d’una grazia naturale che vien fuori da quelle movenze sgraziate.
L’elemento unificatore è dato dalle macchie del pelo, disposte in
figure irregolari ma omogenee, dai contorni netti e angolosi; esse si
accordano come un esatto equivalente grafico ai movimenti segmentati
dell’animale. Più che di macchie si dovrebbe parlare d’un manto
nero la cui uniformità è spezzata da nervature chiare che s’aprono
seguendo un disegno a losanghe: una discontinuità di pigmentazione
che già annuncia la discontinuità dei movimenti.
A questo punto la bambina del signor
Palomar, che si è stancata da un pezzo di guardare le giraffe, lo
trascina verso la grotta dei pinguini. Il signor Palomar, cui i
pinguini danno angoscia, la segue a malincuore, e si domanda il
perché del suo interesse per le giraffe. Forse perché il mondo
intorno a lui si muove in modo disarmonico ed egli spera sempre di
scoprirvi un disegno, una costante. Forse perché lui stesso sente di
procedere spinto da moti della mente non coordinati, che sembrano non
aver niente a che fare l’uno con l’altro e che è sempre piu
difficile far quadrare in un qualsiasi modello d’armonia interiore.
(Italo Calvino, da "Palomar": La corsa delle giraffe, pag.80 edizione Einaudi 1983)
(la foto qui sopra viene da un'agenda datata 1958;
di quella a colori purtroppo non ho trovato la fonte)
Buon giorno Giuliano, sono belle le tue giraffe, specialmente quelle del primo post. Ho tentato di inserire un ulteriore commento al post su William Blake, ma mi sembra che non me lo voglia prendere. Lo copio qui di seguito, magari se compare un'altra volta cancellalo:
RispondiEliminaHo visto il film e letto i tuoi post, che aprono prospettive alle quali non avevo pensato. Le mie esperienze oniriche sono molto diverse, quindi in questo senso non mi ci sono ritrovata. Però l'ho apprezzato (che già, visto il genere, non era scontato), è fatto da Dio, tanto di cappello; mi disturba un po' il mix di serio e grottesco - da un lato alleggerisce, ma dall'altro ci si chiede: ?. Mi sembra, per quel poco di esperienza che ho della filmografia d'autore, molto legato agli anni Novanta, correggimi se sbaglio. Ogni tanto perdevo di vista il fatto che stavo guardando la tua autobiografia, poi cercavo di recuperare. Però tu non mi sembri inadatto al mondo come il William Blake del film. Il carattere comune, mi pare, è la mitezza. Erediterete la terra (io no). Buon fine settimana e grazie del consiglio :-)
Il Capo (cioè Giacinta) ha messo la moderazione per i commenti sui post con più di qualche giorno :-) il tuo commento adesso è al posto giusto.
RispondiEliminaE niente: Calvino è sempre impareggiabile, mai avrei pensato alla deambulazione della giraffa come metafora del mondo. Come il Sig. Palomar, però ho visto venirmi incontro un altro animale che si muove in modo strano: il canguro. Immobile d all'addome verso l'alto, molleggiato nel movimento del salto. Anche lui, in un certo qual modo può essere preso a metafora del mondo, immobile per molte cose, pieno di sussulti e avanzamenti per altre.
RispondiEliminaRileggendo "Palomar" dopo molto tempo (moltissimo) l'ho trovato leggero e divertente, non me lo ricordavo così ma questo era Calvino e per questo gli siamo tanto affezionati.
RispondiEliminaUn canguro non l'ho ancora trovato... bisognerà cercarlo.