Un piccolo viottolo tagliava il
sentiero che il Filosofo stava percorrendo, e a poco a poco gli
giunse all'orecchio un trambusto di gente in cammino, lo stropiccio
di piedi, un rotolare di ruote, e il lungo, instancabile brusio delle
voci. Pochi minuti dopo arrivò al viottolo e vide un asino che
tirava un carro stracarico di pentole e di recipienti, accanto al
quale camminavano due uomini e una donna. Gli uomini e la donna
parlavano tutti insieme ad alta voce, addirittura accalorati, e
l’asino trascinava il suo carro senza aver bisogno d'essere guidato
o assistito. Finché c’era una strada lui la percorreva; quando
arrivava a un incrocio girava a destra; quando uno degli uomini
diceva «uuh!» si fermava; quando diceva «aah!»
andava indietro e quando diceva «iih!» riprendeva la sua strada.
Questa era la vita, e se uno ci trovava da ridire si buscava una
bastonata, una sassata o un calcio; se invece continuava a camminare non
succedeva niente, e questa era la felicità.
Il Filosofo salutò il gruppetto.
Il Filosofo salutò il gruppetto.
- Dio sia con voi - disse.
- Dio e Maria siano con te - disse il
primo uomo.
- Dio, Maria e Patrick siano con te -
disse il secondo uomo.
- Dio, Maria, Patrick e Brigid siano
con te - disse la donna.
L'asino invece non disse niente. Dal
momento che la parola «uuh!» non era entrata nel discorso, capì
che la cosa non lo riguardava, sicché girò a destra sul nuovo
sentiero e continuò il suo viaggio.
- Lassù c'è un filo d’acqua, -
disse il primo uomo - servirà a mandar giù il pane. Uuh,
bestiaccia! - gridò all’asino, e l’asino si fermò
immediatamente. Lungo la strada, vicino a un muro, c’era una
sparuta frangia d’erba, e l’asino cominciò ad accostarvisi pian
pianino.
- Aah, bestia dannata, aah! - gridò
l’uomo, e subito l’asino arretrò, ma lo fece in modo tale da
trovarsi vicino all'erba. Il primo uomo prese dal carro un recipiente
di latta e scavalcò il muretto per andare a prendere l’acqua.
Prima però diede all'asino tre calci sul muso; l’asino non disse
niente, ma arretrò ancora un pochino sino a trovarsi proprio addosso
all’erba; quando l'uomo scavalcò il muro, lui si mise a brucare.
Nell’erba, su un sasso caldo di sole, c'era un ragno. Aveva il
corpo piccolo e le zampe lunghe, e non faceva niente.
- C'è chi ti prende a calci sul muso,
a te? - gli domandò l'asino.
- Sì, purtroppo, - disse il ragno - tu
e i tuoi simili, che mi mettete sempre sotto i piedi, mi schiacciate
col vostro peso e mi passate sopra con le ruote dei vostri carri.
- E tu perché non te ne stai sul muro?
- disse l'asino,
- Già! - disse il ragno - c'è mia
moglie, lassù.
- E con questo? - disse l’asino.
- Mi mangerebbe, - rispose il ragno -
e in ogni caso, sul muro c'è una concorrenza terribile, e ad ogni stagione che passa le mosche si
fanno più accorte e più paurose. Hai moglie, tu?
- No, - disse l’asino - magari
l’avessi.
- Una moglie ti piace nei primi tempi,
- disse il ragno - poi la detesti.
- Se avessi quei primi tempi rischierei
il seguito - rispose l’asino.
- Si sente che sei scapolo, - disse il
ragno - ma nonostante tutto, non possiamo star lontani da loro - e
così dicendo cominciò a dirigersi verso il muro muovendo tutte le
zampe insieme. - In fondo si muore una volta sola - disse.
- Se tua moglie fosse un’asina non ti
mangerebbe - disse l'asino.
- Be’, farebbe qualcos’altro -
ribatté il ragno, e si arrampicò sul muro.
James Stephens, La pentola dell'oro,
cap.XI traduzione Adriana Motti, ed. Adelphi
(foto trovata on line purtroppo senza indicazioni; Rein van Looy 1953; Rackham per Nursery Rhymes 1915)
(foto trovata on line purtroppo senza indicazioni; Rein van Looy 1953; Rackham per Nursery Rhymes 1915)
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