giovedì 11 gennaio 2018

Araucaria



Scesi dunque dalla mia mansarda giù per quelle scale faticose in terra straniera, scale perfettamente borghesi, ripulite, spazzolate, di una casa molto per bene dove abitano tre famiglie e sotto il cui tetto ho il mio rifugio. Non so come mai, ma io, lupo della steppa senza patria e solitario odiatore del mondo piccolo-borghese, abito sempre in vere case borghesi: è un mio vecchio sentimentalismo. Non abito palazzi né stamberghe proletarie, ma proprio quei nidi di piccoli borghesi sommamente ammodo, sommamente noiosi, tenuti alla perfezione, dove c'è un sentore di trementina e di sapone e dove si rimane costernati quando si sbatte per caso la porta o si entra con le scarpe sporche. Questa atmosfera mi è certamente cara fin da quando ero bambino e la nostalgia segreta di qualche cosa che sappia di patria, mi guida senza speranza, sempre per queste stupide vecchie vie. Proprio così, e mi piace anche il contrasto fra la mia vita solitaria, affannata, senz'amore e così sregolata e questo ambiente familiare e borghese. Mi piace respirare per le scale questo odore di pace, di ordine, di pulizia, di decenza, di vita domestica che ha sempre qualche cosa di commovente nonostante il mio odio per la vita borghese, e mi piace oltrepassare la soglia della mia stanza dove tutto ciò finisce, dove tra i mucchi di libri sono sparsi i mozziconi di sigaro e le bottiglie di vino, dove tutto è disordinato, trascurato, estraneo e dove ogni cosa, libri manoscritti pensieri, è segnata e imbevuta della miseria di questo solitario, della problematicità dell'esistenza umana, del desiderio di dare un nuovo significato alla vita ormai insensata.

Poi passai davanti all'araucaria. Al primo piano, infatti, di questa casa, la scala porta al pianerottolo di un'abitazione, certamente più pulita, più irreprensibile, più lucidata delle altre, poiché brilla di attenzioni sovrumane, è un luminoso tempietto dell'ordine. Sui parchetti, sopra i quali si ha riguardo di passare, ci sono due graziosi sgabelli e su ogni sgabello un gran vaso: nell'uno cresce un'azalea, nell'altro un'araucaria piuttosto vistosa, un alberello sano, ritto e perfettissimo, e fin l'ultimo ago sull'ultimo ramo luccica di freschezza e pulizia. Qualche volta, quando so di non essere osservato, faccio di quell'anticamera un tempio, mi siedo su un gradino un po' più in alto dell'araucaria e riposo a mani giunte guardando religiosamente quel piccolo giardino dell'ordine, la cui manutenzione commovente e la ridicola solitudine mi conquidono in qualche modo. Al di là di quel pianerottolo, all'ombra sacra, per così dire, dell'araucaria suppongo un'abitazione coi mobili di mogano lucido e una vita piena di buone maniere e di salute, dove ci si alza per tempo, si adempiono i propri doveri, si celebrano feste di famiglia moderatamente serene, si va in chiesa la domenica e ci si corica presto.

H.Hesse

H.Hesse, Il lupo della steppa, ed. Mondadori
Traduzione di Ervino Pocar




7 commenti:

  1. Apprezzo moltissimo le vostre selezioni letterarie. Secondo me potreste cominciare a pensare, nel caso vi interessasse, alla pubblicazione di una antologia. O è una idea balzana? Questo brano non lo ricordavo e mi sembra bellissimo. Bravi bravi bravissimi :-)

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  2. Ps la araucaria è uno dei pochissimi alberi verso cui provo una immediata antipatia. Sembra sempre che abbia una forma sbagliata, da rivedere in qualche modo

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  3. 1) Grazie per l'apprezzamento, sei gentilissima:-)
    2) So bene che con l'araucaria non sei in sintonia: prova a fare clic sulla parola "araucaria"( c'è un link... ) :-)

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  4. Confesso la mia ignoranza sulle piante, come in questo caso, ma questi brani sono talmente belli che, anche senza il rimando (o link che dir si voglia), viene la curiosità di approfondire. Blog stimolante, quindi importante (scusandomi per la rima baciata).

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  5. Ho finito di leggere Il lupo della steppa qualche giorno fa. E' uno scritto che rimanda al tema del doppio ( o dell'uno, nessuno, centomila pirandelliano ). Ho trovato molto interessante la parte finale; Kubrick, nel suo Eyes wide shut deve averla avuta presente ( oltre, naturalmente a "Doppio sogno" di Schnitzler - ovviamente, per la proprietà transitiva, anche Hesse deve aver avuto in mente lo scritto di Schnitzler ..)

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