Ora s’accorse di stare più comodo. In quella piccola stazione il loro compartimento s’era addirittura vuotato e non vi restavano che in quattro. V’era sempre ancora il forte giovinotto pallido, che aveva approfittato di conciarsi nel cantuccio più lontano dal signor Aghios e sdraiarvisi allungando le gambe. Di faccia a costui c’era un signore che s’era procurato un giornale in cui ficcava il naso in modo che il signor Aghios non poteva vederlo in faccia, Proprio di fronte al signor Aghios era rimasto anche il grosso signore dagli occhiali di tante diottrie. Mancava 1’unica signora che c'era stata. Anch’essa era scesa a popolare la piccola stazione. Senza quel piedino che s’era tenuto alto in quell'adunanza, i quattro uomini rimasti avevano perduto ogni contatto fra di loro. Erano divenuti dei veri stranieri scialbi e muti.
Il signor Aghios per un istante guardò il suo vis-à-vis. Scoperse poi che anche dietro di costui c'era una lastra che copriva una fotografia e nella quale egli scorgeva la propria testa, chiara come in uno specchio. Si analizzò accuratamente. Irrimediabilmente vecchio con quella fronte troppo alta ed i mustacchi non curati, un po’ troppo gonfi. I mustacchi erano la prerogativa degli animali che s’annidano nei buchi (cosi aveva detto quella canaglia di suo figlio); devono servire ad avvisarli quando il buco si restringe e arrestarli dal pericolo di strangolarsi.
"Ho io l’aspetto di bestia? " si domandò il signor Aghios esaminando le proprie fattezze. E lui e la sua immagine si guardarono sospettosi. Questi, sì, ch’erano rapporti semplici! Era l’unico caso in cui guardando una fisionomia si sa con piena certezza quello ch’essa esprima. Eppure quella fisionomia conservava il suo aspetto di bestia mustacchiata, avvilita allo scorgersi meno bella, mentre era vero che il signor Aghios si sentiva gonfiare il petto dalla superbia di aver scoperto in quel momento quale fosse l’unico rapporto intimo in tutta la grande vasta natura. Solamente dubitava! Anche quello mancava? E corrugò tutta la propria faccia: un gesto di disprezzo alla propria fisionomia che gli fu prontamente restituito.
(Italo Svevo, Corto viaggio
sentimentale, pagine 37-38 edizione Dall'Oglio 1980)
A sentire il figlio, più che un cane ( o un gatto ) sembrerebbe che la bestiola somigliante sia un piccolo roditore!
RispondiElimina:-)
p.s.
Se ti farai crescere i baffi ( non le vibrisse ) tra un po' di anni la somiglianza tra te e Ettore Schmitz sarà notevole:-)
Zeno conosceva bene Freud :-)
RispondiEliminaper i baffi, chissà poi perché li portavo. mah.