mercoledì 17 gennaio 2018

La luce


In tante maniere si può parlare della luce. Squadernandole, alla fine si rimane convinti che ogni parola è caduca e la stessa percezione della luminosità, così chiara, la più chiara possibile, si appanna. Questo è lo schema di una completa meditazione sulla luce, che incomincia con un entusiasmo esultante, quando ci si accorge che l’intera concezione del mondo ne discende. Così ne scrivevo in un vecchio libro: « Vivere è assorbire luce. Si guardino le verdure negli orti. Prima di verdeggiare erano celate, virtuali, nel seme. E che cosa rende seme un duro e ruvido granello? Che cosa rende seme il seme? Il bisogno di luce, il quale, per poco che possa, esplode fuori da quella scorza.
Il seme è un bisogno di luce, la verdura è quel bisogno che si appaga. Mangiando le verdure, cuocendole e distillandole nello stomaco, l'animale ne estrae un’essenza che assimila a se stesso, sicché, al colmo dell’interna cottura e distillazione, esse diventano parte dell’animale che vede la luce, diventano visione di luce. La vita sulla terra è luce che ritorna luce. Come potrebbe, la luce che illumina il mondo, non essere lume a se stessa come è lume a noi? E noi, quando si giunga ad abbracciare l’intero ciclo della luce, quando si sia cioè illuminati, siamo il luogo dove la luce torna a se stessa e sa di tornare a se stessa. Osservando da illuminati il pane che si mangia, vi si riconosce il sole che l’ha estratto dal grano, e se siamo ciò che mangiamo, siamo luce che vuol tornare se stessa, a se stessa. E' questo il segreto che muove la vita intera. L’uomo trova pace e senso soltanto nutrendo in sé questa conoscenza, mangiandola. E se altro va cercando, insegue sotto false specie questa visione. Annotò Leonardo: “Guarda il lume e considera la sua bellezza. Batti l’occhio e riguardalo: ciò che di lui tu vedi, prima non era, e ciò che di lui era, più non é. Chi è quel che lo rifà se ‘l fattore al continuo more?”. Ecco un buon avvio a maturare dentro di noi l'opportuno stupore dinanzi alla luce, che genera e spazio e tempo, la cui natura è imperscrutabile, come quella di Dio che sacrifica ininterrottamente Se stesso a Se stesso».
Eppure questa esultanza è soltanto una prima maniera di accostarsi alla luce. Osservava infatti Böhme che l’abisso delle tenebre è vasto quanto il dominio della luce: i due non sono distanti, ma compenetrati. Si noti che in quasi tutte le iniziazioni sacerdotali, dal Tibet al Dahomey, vige l'abitudine di rinchiudersi in un ambiente privo di luce: soltanto immergendosi nella tenebra si può sperare di raggiungere una conoscenza della più vera luce, distinta da quella che ci circonda durante il dì. Sempre si è adorato, contrapposto alla fonte maggiore della luce, il sole nero, ed esso era l’emblema della malinconia, che scavando in noi in maniera disperata e ossessiva apre la strada a conoscenze profonde. Si scopre che della tenebra è possibile stendere un panegirico non meno rapito di quello or ora citato della luce. Fulcanelli ce ne provvede uno dei più persuasivi e intensi. Soltanto nell'assenza totale di luce, egli scriveva, la fecondazione scatta, la germinazione scaturisce, la digestione si compie. Soltanto di notte si ergono ai piedi degli alberi i popoli di funghi, mentre la mente umana si annulla e rinnova. (...)


(Elemire Zolla, Lo stupore infantile, pagine 51-52, edizione Adelphi 1994)

(i dipinti sono di Henri Rousseau)

2 commenti:

  1. Interessante questo concetto sulla luce e sul suo ciclo.
    Grazie per averlo postato.

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  2. il contrasto fra luce e buio è anche nei dipinti di Henri Rousseau
    grazie a te per aver letto tutto :-)

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